07/02/2013
Ogni 100 italiani ce ne sono 15 che soffrono di ludopatia (Ansa).
Se è vero che ciò che accade negli Stati Uniti succederà presto anche in Europa, gli psicologi del Vecchio Continente che da anni si battono per l'inserimento della dipendenza dal gioco d'azzardo tra le patologie mentali possono nutrire qualche speranza in più.
Dal 2013, infatti, la ludopatia verrà catalogata per la prima volta nel Dsm. Si tratta del manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali, redatto per la prima volta negli Stati Uniti nel 1952 e considerato tuttora, non senza alcune critiche epistemologiche, la Bibbia di psicologi, psichiatri e medici di tutto il mondo.
Semplificando al massimo, il Dsm è il manuale usato per diagnosticare i disturbi mentali in base ai sintomi. Dalla prima versione a quella più recente, il testo è stato più volte rivisitato, come avvenne ad esempio quando nel 1972 fu deciso di escludere dalla lista delle malattie mentali l'omosessualità.
Oggi il testo contiene un numero di patologie tre volte maggiore rispetto a quelle inserite nella stesura del 1952, e la nuova versione, che dovrebbe essere annunciata a maggio del 2013 a San Francisco, in California, conterrà per la prima volta anche la dipendenza dal gioco d'azzardo.
L'American Psychiatric Association, l'associazione responsabile della pubblicazione, dovrebbe infatti allargare la definizione di dipendenza al gioco d'azzardo, omologando così questa patologia all'alcolismo o alla dipendenza da droghe di vario genere. Ma, soprattutto, il Dsm dovrebbe indicare come necessario per i ludopatici lo stesso trattamento riservato a chi è affetto da altre dipendenze. Proprio quello che da anni parecchi psicologi italiani sostengono sia necessario fare.
Lo ripete da tempo anche Vincenzo Marino, direttore del dipartimento Dipendenze di Varese: “Sarebbe un ottimo passo in avanti, un gesto che finalmente permetterebbe di riconoscere questa dipendenza come una malattia, e perciò di curare all'interno del servizio sanitario nazionale le persone affette, cosa che finora purtroppo non è successa”. Già, perché anche se in Italia un giocatore ammette di essere malato, non può essere curato dal servizio sanitario nazionale.
Motivo? La ludopatia non è una patologia riconosciuta. Eppure sono circa un milione i giocatori d'azzardo compulsivi nel nostro Paese, metà dei quali giovani e giovanissimi. Ogni 100 italiani ce ne sono 15 che soffrono di questo disturbo, e il vizio porta a spendere ogni anno in media una cifra che compresa tra i 1.703 e i 1.890 euro pro capite, ha calcolato il recente dossier della campagna Mettiamoci in gioco e Libera Azzardopoli 2.0.
Grazie alla liberalizzazione del gioco d’azzardo online decisa nel 2011 dal governo Berlusconi e alla pubblicità martellante di colossi come Lottomatica, Sisal e Bwin, il giro d' affari del settore nel 2011 ha toccato gli 80 miliardi di euro (equivalente a circa il 5 per cento del prodotto interno lordo italiano), di cui oltre la metà proveniente da slot machines e video-pokers.
Risultato: siamo al primo posto in Europa nella classifica di chi spende di più per il gioco. Un triste primato, visto che tutto ciò avviene in un momento di crisi economica. Dopo diversi appelli provenienti dal mondo medico e da alcuni partiti politici, il ministro della Sanità, Renato Balduzzi, a marzo dell'anno scorso aveva annunciato che il servizio sanitario nazionale avrebbe presto preso in carico i malati da gioco.
Da allora l'unico atto prodotto sembrava quello contenuto nel decreto Sanità approvato dal Governo Monti il 5 settembre: oltre ai limiti alla pubblicità, restrizioni alle slot machine nelle vicinanze delle scuole. Risultato? L'ultima versione del decreto ha cancellato il divieto di trasmettere pubblicità sui giochi d'azzardo tra le 16 e le 19.30, e la distanza delle slot machines dalle scuole è stata prima ridotta da 500 a 200 metri, infine tolta del tutto.
Nemmeno l'ultimo tentativo del governo di posticipare di sei mesi il bando per l’apertura di nuove sale da poker è andato a buon fine, con tanto di sfogo del ministro Balduzzi, secondo cui il governo è “davanti all’assalto di questa o quella lobby” e “all’interno del parlamento c'è chi sostiene le politiche di contrasto e chi invece predilige un'altra linea”.
Stefano Vergine