25/06/2010
Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio.
E' finita con il generale e i soldatini di piombo che facevano a
gara a prendersi la colpa dell'ultima Caporetto del pallone. Ma le voci
che provavano a fare gruppo fuori tempo massimo, scaricandosi a vicenda
spalle gravate da un peso enorme, non hanno coperto il silenzio di chi
almeno un pezzettino di responsabilità aveva tutto il dovere di
condividere subito. Perché il generale dà gli ordini, una volta
investito; ma prima, di solito, c'è un comandante in capo che lo
investe. E' il primo a scegliere dunque, a catena, il primo a sbagliare.
Il comandante in capo della spedizione azzurra, da che mondiale è
mondiale, è la Federazione. E forse la sua voce, fin qui un po'
flebile, avrebbe dovuto farsi sentire, subito, a Caporetto avvenuta.
Perché Marcello Lippi, e chissà quante volte se lo sarà ripetuto in
questa lunga notte, non ha fatto un affare a tornare. Ma non è tornato
da solo. Ci ha messo del suo, d'accordo: ha messo pressione, ha fatto
valere il carico da novanta della Coppa vinta e dell'esperienza, ma non
si è rimesso in sella da solo.
E' risalito a cavallo - ma forse era un mulo - facendo leva sulle
staffe della Figc.
La stessa che non ha esitato, prima, a mandare allo sbaraglio
Donandoni quando c'era bisogno di una faccia pulita da mettere su per
uscire dalla melma di Calciopoli (ce n'erano pochi disponibili allora, i
più avevano contratti ferro e gli altri con la melma si erano
schizzati). E non ha neanche esitato, dopo, a mandarlo a giocarsela agli
Europei, da figlio di nessuno, con il posto precario, i senatori che si
defilavano e Lippi sul ramo, appostato come Snoopy, nei panni del
grande avvoltoio.
A Roberto Donadoni si poteva certo imputare l'inesperienza e una
certa ritrosia di carattere, ma l'avevano chiamato loro e non era
facile per uno come lui dire di no a un treno che forse non sarebbe
ripassato. Quando il campione del mondo è tornato, con l'aria di chi
aveva una patria da salvare, forse i comandanti in capo avrebbero fatto
meglio a guardare avanti (anche se ora dicono che non c'erano
alternative).
Marcello Lippi, almeno, nella sconfitta un certo stile l'ha
mostrato, la Figc non ha ricambiato, eppure non le sarebbe costato
nulla, avendo già scelto fuori e lontano il nuovo Ct, condividere il
peso degli errori subito, anziché - poco - il giorno dopo. In tempi
non sospetti, nell'ora dell'addio, su queste pagine mettemmo a confronto
lo stile Donadoni con l'ostile Federazione. Ora anche con Marcello
Lippi 2 la sconfitta, s'è fatto il "vai avanti tu che mi viene da
ridere". Per poi provare a rimediare ia scoppio ritardato dicendo che la
scelta era giusta, forse l'unica possibile, ma comunque ora bisogna
guardare avanti. Ben saldi in sella ovviamente. L'apostrofo, a quanto
pare, non si è spostato molto.
Elisa Chiari