29/06/2010
Il gol fantasma visto da tutti meno che dall'arbitro in Germania-Inghilterra.
Per anni Joseph Blatter si è comportato come il don Ferrante manzoniano: ha negato la peste finché non l’ha presa. Per la verità Don Ferrante l’ha negata anche dopo averla presa, il presidente della Fifa, invece, ora che la tecnologia negata gli ha appestato il Mondiale, comincia a nutrire il dubbio, o almeno a far finta di non ignorare quello che tutti gli gridano, da ogni parte: il calcio non può ostinarsi ad affidarsi tre paia di occhi fallibili, quando le telecamere attorno scrutano con migliaia di pupille pressoché perfette, messe lì apposta per smentire la sacra rappresentazione del gol che l’arbitro non ha visto e invece c’era o viceversa.
Eppur, Blatter, per un giorno non si muove. Poi le proteste crescono (e pure i dissensi in casa Fifa) e allora un pochino sì, si muove, ma è per mettere una pezza di un centimetro quadrato a coprire una voragine: via i replay dai maxischermi. A Mondiale in corso va anche bene (se no che dire agli inglesi?), se fosse una soluzione definitiva, però, sarebbe un po’ come nascondere il dito, sperando che nessuno veda la luna, all’insegna del "quel che non si vede non esiste". Basta chiudere occhi e orecchie allo stadio, farne una monade chiusa, una bolla ovoidale in cui la verità è solo quella che appare a quelli chiusi lì dentro. Così è se vi pare, Pirandello al confronto era un dilettante.
Poi, però le proteste montano, e allora il presidentone comincia a sospettare che la peste ci sia e che sia contagiosa. E allora apre uno spiraglio: all’idea (futura o futuribile?) di un replay in campo per gol dubbi. Vedremo come e quando. Ma, intanto, siamo sicuri, come teme Blatter, che ammettere l’onta di un occhio elettronico dentro il rettangolo d’erbetta verde snaturi il pallone e il suo rito centenario?
Per saperlo basta sbirciare nei rettangoli altrui. Il basket, il cricket, il football americano rimandano da tempo alla moviola il verdetto dei casi più controversi.
Il tennis, che quanto a tradizionalismi e reazionarismi, non s’è mai fatto mancare nulla, ha accettato senza strepiti Hawk-eye, occhio di falco: una tecnologia con telecamere che riprendono in tempo reale la pallina, ricostruendo al computer all’istante in 3D il punto dov’è atterrata con margine di errore millimetrico. Occhio di falco abita i campi del circuito professionistico dal 2006 e a Wimblendon, il più arcaico tra i tornei, nel 1980 era già sbarcato Cyclops la macchinetta elettronica che rilevava un servizio oltre la linea e lo sottolineava con un bip.
Neppure la scherma, sport figlio di armi bianche che alludono ad antiche guerre cadute in disuso da secoli, ha rifiutato l’aiuto delle telecamere: da qualche tempo l’atleta può chiedere di ricorrere alla moviola in caso di stoccata contestata ovviamente per un numero limitato e regolamentato di volte. E molto prima, la stessa scherma aveva messo in punta di fioretto il sensore che fa accendere la lucetta in caso di bersaglio valido. Anche perché è talmente difficile valutare che certe gare finirebbero a duelli veri.
L’atletica, la regina, del resto ha affidato il cronometraggio a macchine, via via sempre più raffinate, fin dagli anni ’30 del Novecento, e nel 1912 già cercava con un sistema di fili spezzati di rendere “certo” il tempo tra partenza e arrivo. Con principi analoghi, all’elettronica si affidano per i tempi ciclisti, sciatori, canottieri e canoisti, questi ultimi, addirittura al millesimo, nonostante il beccheggio delle barche. Senza le piastre elettroniche che rilevano il tocco della mano del nuotatore, del resto, Michael Phelps non avrebbe battuto a Pechino il primato dei sette ori di Mark Spitz: ci fosse stato l’arbitro con due occhi e basta i 200 farfalla li avrebbe vinti Cavic.
Poi magari Cavic sarebbe stato più felice. E una volta Ilie Nastase si inginocchiò in mezzo al campo da tennis per insultare barbaramente il Cyclops. Non sappiamo che cosa il Cyclops abbia risposto. E poi dicono che la tecnologia uccide le emozioni. (E che Biscardi non avrà più niente da fare)
Elisa Chiari