04/02/2013
La grinta di Christof Innerhofer (foto del servizio: Reuters).
Il
cancelletto dei Mondiali di Schladmig sta per aprirsi. E le ombre azzurre sulla
neve, dopo le ultime performance in Coppa del mondo, disegnano - almeno sulla
carta - buoni auspici, soprattutto nella velocità, che apppartiene alla nostra
tradizione di montanari del Sud solo marginalmente. Siamo stati, storicamente,
soprattutto slalomisti e gigantisti,gente che pennellava curve strette, più che
picchiate da brivido.
Non stavolta però. Da un paio d'anni a questa parte siamo
diventati uomini Jet. Abbiamo assorbito la sorpresa Innerhofer - tre medaglie
oro, argento e bronzo all'ultima edizione dei Mondiali due anni fa - e visto crescere una piccola nidiata di
velocisti dietro di lui: Matteo Marsaglia, il cittadino romano di nascita, piemontese
d'adozione, e Dominik Paris il ragazzino, 24anni appena, per la velocità
praticamente un bambino, già capace però di insidiare il posto ai migliori.
La
buona notizia è che dopo, un avvio di stagione accidentato, Innerhofer è tornato
Winnerhofer e che gli slalomisti son lì sempre nei dieci, anche se finora non
tutte le manche sono riuscite a dovere. Ma conta esserci, meglio se quando conta
davvero. In mancanza dello strapotere di un Alberto Tomba, lo sci alpino ha
il difetto dell'imprevedibilità, la condanna atavica a finire preda di troppe
variabili, non ultimi i capricci del clima, che può cambiare all'improvviso le
condizioni di gara. Così a naso, per quel che vale il polso tastato alle ultime
gare, in casa nostra saranno Mondiali più azzurri che rosa. Mereghetti a parte,
lo sci alpino non pare quest'anno un gioco da ragazze.
Ma mai disperare.
Precedenti illustri insegnano che l'imprevedibilità può diventare all'occorrenza
un vantaggio per gli sfavoriti: una gara della vita è sempre possibile. Anche
dove non sembra. Pochi posti come la neve sanno trasformare la matematica della
classifica in un'opinione. È il suo bello o il suo brutto, secondo il punto di
vista da cui la si guarda.
Elisa Chiari