25/05/2013
Edinson Cavani, ormai prossimo a lasciare il Napoli.
L’alieno che si calasse nel nostro mondo, arrivasse in Italia e sapesse di sport, leggendo i nostri giornali sportivo o leggendo le pagine sportive dei nostri giornali politici si chiederebbe come mai una competizione senza regolamenti ed anche senza regole, senza pubblico fisicamente assemblato intorno ad essa, senza risultati nel senso comune del termine, cioè referti cronometrici o graduatorie di punti, una competizione chiamata calciomercato e fatta soprattutto di fantasie, speranze, voci, sussurri, indiscrezioni, notizie fasulle o taroccate possa togliere quasi tutto lo spazio ad un Giro d’Italia dei ciclisti, alla Formula 1 ed al motociclismo dei piloti, per non dire degli eventi dell’atletica, sbattuta negli angoli delle pagine, e neanche le prime pagine.
E di come e quanto persino una finale di Champions League, grande calcio, patisca di questa situazione, o comunque sia in essa coinvolta e “malmenata”, con perdita di terreno mediatico, almeno presso di noi. Sul nulla di una soffiatina, di una telefonata captata, di una semplice ipotesi, in Italia si costruiscono sui giornali titoli di grossa forza onirica, si agitano le onde radiofoniche, si irradiano dai teleschermi reportage di autentico fantacalcio, per far sognare i tifosi. Le televisioni, e ormai anche quella di stato, hanno rubriche di calciomercato intense, continue.
Dei giocatori, tedeschi e non, impegnati nella sfida di Wembley non uno, comunque, sembra stare nel giro europeo. Casomai ci sono operazioni interne fra le due squadre germaniche, riguardanti Goetze e e Lewamdowski, i due del Bayern destinati al Borussia Dortmumd. Per il resto, i miliardari arabi e russi sembrano intenti a lottare soprattutto sul mercato inglese e francese, mentre la Spagna agisce ancora con il suo (poco) denaro e l’Italia sta a guardare.
Ecco il punto, stiamo a guardare. Non si avventura troppo sui grandi nomi l’Inter, che pure deve ricostruirsi almeno al sessanta per cento: comunque nessuno si aspetta che, come faceva invece una volta, il club nerazzurro intervenga pesantemente sul mercato italiano e straniero. Sta cauto il Milan, nonostante i soldi di Berlusconi, non riprende Kakà (e sarebbe stata una pazzia), ha lasciato andare via Pato e adesso dovrà ovviare ad un grave infortunio di Pazzini.
La Juventus dopo un anno in attesa/ricerca del top player e avere persino frequentato l’idea pazzesca di un ritorno di Ibrahimovic ripiega (un ripiego che comunque non è una resa) su Llorente, spagnolo da Bilbao, abbastanza misterioso e su Higuain argentino non titolare del Real Madrid, nonché su Jovetic generosamente lasciato libero da una Fiorentina che forse non crede ciecamente nel pieno ricupero atletico del giocatore e crede nel pieno recupero (entrambi sono reduci da interventi ai legamenti) di Giuseppe Rossi arrivato dalla Spagna. La Roma del capitali statunitensi sta abbastanza ferma, il Napoli si sta lentamente rassegnando a perdere Cavani, e per sostituirlo pensa a a Dzeko bosniaco non titolare del Manchester City. Cosine insomma di strapaese che spesso riportano alla storiella di quello che vende un gatto per un milione di euro, nel senso che gli danno in cambio due criceti da mezzo milione l’uno.
I pochi soldi significano molti scambi, e prevale insomma l’arte di arrangiarsi. Arte di arrangiarsi che potrebbe avere un risvolto positivo se davvero la carenza di mezzi economici per fare le follie consuete diventasse stimolo per investire sui nostri giovani e insomma farci crescere in casa i giocatori. Smettendo o riducendo anche con l’azione di prelievo tipo razzia su certi mercati stranieri che offrono tanta merce ancora a buon mercato: l’Africa in genere, e poi in Sudamerica l’Argentina, più che il Brasile dove un certo boom economico significa anche la possibilità di trattenere i migliori talenti.
E la vera novità del prossimo campionato italiano potrebbe essere rappresentata, evviva, non dai giocatori prelevati all’estero con acrobazie economiche e finanziarie, e neanche dall’andirivieni di calciatori già nostri da una squadra all’altra, ma dall’intervento dell’Uefa di Platini (bravo) sul razzismo nel mondo del pallone, argomento scottante proprio in Italia: dieci giornate a chi pecca di razzismo, giocatore come tecnico come dirigente, e squalifica parziale (la curva “brutta e cattiva”) dello stadio alla prima infrazione, squalifica totale (porte chiuse) alla seconda. Era ora, e speriamo che non si cominci a cavillare su tonalità e e contenuti di un “buuu” sempre orrendo, e persino più orrendo che stupido.
Gian Paolo Ormezzano