07/05/2013
La Nuova Quarto (Foto Salomone).
Quarto (Napoli), febbraio 2013 - Gli astucci blu delle targhe sono impilati dietro un vetro, chiusi e vuoti come valve di vongola in cui non c’è più niente da mangiare. Più che un furto uno sfregio. Uno sgarbo a chi ha scelto di giocare nel giardino dei giusti. Lo si capisce dal fatto che il computer, cioè il poco di rivendibile che c’era, è rimasto al suo posto.
Perché la Nuova Quarto per la Legalità è una squadra di calcio sui generis, una squadra che vuole vincere il suo campionato di Promozione ma non si accontenta. Porta le insegne della Legalità sulla maglia e nel cuore la cicatrice di un passato doloroso: la vecchia società nel 2011 è stata sequestrata a un clan nell’ambito dell’operazione “Polvere”. Né la storia né il presente sono facili in questa terra al margine occidentale di Napoli, a nord di Pozzuoli, dove il mare è nascosto alla vista da dorsi di colline bruciacchiate, e dove accade che sulla pelle del pallone si giochino partite che con lo sport hanno poco a che spartire.
Il calcio catalizza consensi e per questo interessa, anche, alla camorra. Oggi la Nuova Quarto, con quell’aggettivo a rimarcare lo stacco, è affidata a un’amministrazione giudiziaria. Al Pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, Antonello Ardituro, che ha deciso di affiancare a chi sadi legge qualcuno in grado di rilanciare la squadra nel frattempo retrocessa, il meccanismo del consenso è chiaro. E, infatti, ha ragionato in direzione ostinata e contraria: una squadra sana che vince può spostare il consenso, dai clan alla legalità.
Ma tutti sanno, su questo campetto spelacchiato, dove la pista d’atletica è uno straccio pieno di buci, lavato troppe volte, che la partita è difficile e che non si deve perderla. Per non disperdere energie ognuno si concentra sul proprio compito. L’avvocato Luca Catalano, amministratore giudiziario, fa la sua parte legale, anche se spesso compare al campo per sbrigare faccende pratiche. Agostino Orlando, direttore tecnico,imprenditore edile nella vita, ha scelto l’allenatore Ciro Amorosetti e attraverso di lui i giocatori, badando che fosse gente perbene, disposta a firmare non solo sulla carta un codice etico ambizioso e restrittivo: «Sono bravi ragazzi. Abbiamo fatto patti chiari:pochi soldi, ma regolari e sicuri, come altrovea volte non sono. Anche se», ammette, «per i più giovani non è facile scegliere quella che in zona troppi chiamano, non per complimento,“la squadra degli sbirri”».
Il capitano, Riccardo Zinno, ha 34 anni, un figlio di tre mesi e la speranza di consegnargli un mondo migliore. Aveva già giocato qui e al mister ha detto subitosì. Amorosetti ai giocatori parla chiaro: «Siamo una squadra di calcio, a noi tocca vincere in campo, il resto segue».Gigi Cuomo, dirigente unico della società sportiva, tiene insieme i fili. Mentre parliamo arriva un giovane, ha sparso la voce al lavoro a Torre del Greco e viene a chiedere i moduli dell’azionariato popolare che finanzia la Nuova Quarto: 10 euro il minimo, 5 mila il massimo. Altri da varie parti d’Italia si sono mostrati solidali, ma sui campi campani – la Nuova Quarto gioca un campionato a 16 squadre tra napoletano e casertano – il sostegno è ondivago: applausi e fischi. Capita che faccia eco il silenzio. Quando, dopo l’ultimo atto vandalico, Cuomo ha chiamato la città a fare il tifo sono arrivati in 25: «La pioggia sulla tribunetta scoperta ha di certo scoraggiato».
Però don Vittorio Zeccone, già parroco in città,socio fondatore della Nuova Quarto con Cuomo e Aldo Cimino di Libera flegrea, c’era. È tornato apposta. C’è e si fa tramite tra squadra e famiglie anche don Genny Guardascione, pure lui fondatore, che la domenica parla di legalità anche dal pulpito: «Gli adulti sono un po’ assuefatti a certi discorsi, ma i ragazzi chiedono,vogliono capire. Io dico che nessuno pretende eroismi. Legalità è rispettare le regole nel quotidiano». A cominciare dal colore dei semafori cui, qui, si ostenta indifferenza.
Cuomo, fuori dal campo referente nazionale di Sos Impresa, evoca anche nell’aspetto una solidità pacata: «Ho cominciato 15 anni fa quando due imprenditori mi hanno posto il problema del racket. Perché lo faccio? Forse perché sono un inguaribile romantico. Mi piace la libertà. E, no, non mi sento solo».Il Pm Ardituro, però, in questi giorni è duro, striglia la cittadinanza, ripete che la lotta alla criminalità organizzata non si può vincere con la sola repressione. Lo dicono in tanti, tra quelli che stanno nei suoi panni, anche a latitudini molto lontane da Quarto. Sul muro dello stadio della Nuova Quarto c’è una scritta blu: «Siamo sempre con te». Ma ora tocca chiedersi quanti sono in quel “siamo”, perché su quella cifra si misura la distanza tra paura e libertà.
Elisa Chiari