Usa, alla scoperta degli evangelici

I protestanti in America sono in costante espansione e aumenta il loro peso politico. Un viaggio per capire i cristiani che potrebbero dare una svolta alle prossime Presidenziali.

Michelle, convertita, rinata e contenta

02/05/2012
(foto Getty)
(foto Getty)

Per la scienza sociale Michelle, di cui per sua richiesta non pubblichiamo il cognome, e’ quello che si definisce un classico “caso di studio”. Razza bianca, 43 anni, classe media, reddito medio alto, passata come tanti in America dalla religione cattolica alla versione evangelica del protestantesimo. Dell’unico gruppo di cristiani in crescita (protestanti evangelici) a scapito degli altri due (cattolici e protestanti tradizionali) condivide convinzioni e tesi principali senza mostrare quei toni millenaristici e quell’attivismo militanti che preoccupano tanti osservatori esterni. In realtà Michelle, che si autodefinisce con orgoglio “evangelica” e’ semplicemente una donna gentile e risoluta, divorziata con tre figli, a cui, per sua stessa ammissione, la fede, nel modo in cui ha scelto di professarla, permette di affrontare con gioia e serenità il compito - in fondo non facile per nessuno – di vivere la vita di tutti i giorni.
Per rispetto della protagonista, dei milioni di cristiani evangelici d’America come lei, e dei lettori, a cui lasciamo interamente il compito di trarre le conclusioni, ne pubblichiamo, senza commento, il racconto integrale.

LA CONVERSIONE
“Essendo nata (in America) da genitori italiani e’ stato difficile per molto tempo separare cultura e religione, specie nei confronti della mia famiglia e dei miei amici. All’ inizio la mia conversione fu vista come un mio rifiuto di tutto ciò che mi era stato insegnato, non solo in senso religioso dell’educazione ricevuta e delle tradizioni in cui quell’educazione era radicata. Appena venuti negli Stati Uniti, I miei genitori non erano molto osservanti, ma solo per motivi di differenza culturale (per loro ad esempio la messa in una lingua diversa non era la stessa cosa).
Io sono cresciuta con tutti dettami dell’educazione cattolica, la scuola I sacramenti ecc… spesso però i concetti che mi venivano insegnati li ripetevo a pappagallo senza mai farli miei. Però mancava qualcosa, I rituali per me erano vuoti di significato. Insomma non avevo, anzi non sentivo, una vera relazione con Dio. Poco dopo I vent’anni sono stata esposta alla chiesa battista di cui era membro il mio allora fidanzato. Dopo 3 anni di frequentazione ho avuto il mio momento di conversione: esattamente il 25 marzo 1995 sono “rinata”. (born again)

Ovviamente e’ stato il culmine di un processo graduale e il frutto di una ricerca attiva. La prima cosa per i cristiani evangelici e’ - una volta ‘rinati’ - essere battezzati . Lo si fa da grandi o almeno quando si ha un età adatta per decidere spontaneamente di credere in Gesù Cristo e accettarlo come proprio Signore e Salvatore.
Ebbene il mio secondo battesimo, fu visto da tutti come un’eresia e infatti nessuno della mia famiglia e dei miei amici venne a vederlo. Mi hanno detto cose del tipo “non ti basava quello che ti abbiamo fatto fare noi?” A volte mi sono sentita un po’ come gli omosessuali che a un certo punto rivelano alla propria famiglia di essere tali.
Poi col tempo le cose sono migliorate e quest’anno al battesimo di mio figlio maggiore che a 8 anni mi ha fatto capire, sebbene con parole sue, di essere pronto, c’erano tutti.”

LA TEOLOGIA
Noi [battisti evangelici, NdA] partiamo dal presupposto che Dio non ha nipoti, ma solo figli. Quello che intendo e’ che il convertirsi e il credere deve essere un atto cosciente deliberato e volontario. Tutte le altre religioni organizzate vogliono che tu faccia certe cose, certi atti per guadagnarti il paradiso. Nella nostra basta accettare Gesù come Signore e Salvatore e credere in lui: il resto lo fa il Padreterno. Non sentiamo il bisogno di un uomo di mezzo, di un intermediario. Se sono in grado di peccare e offendere Dio oppure di far piacere a Lui con I miei comportamenti virtuosi che bisogno c’e’ dell’intercessione di un altro essere umano? Perché chiamare un prete Padre? Il prete non e’ mio padre. Ne ho già due, uno Celeste e uno naturale. Non me ne serve un terzo. E non mi serve nemmeno un linguaggio che non capisco e di tutto il misticismo che ne consegue.

Io coltivo un bellissimo rapporto personale con Dio e sento il bisogno di dividerlo con gli altri. Cerco di vivere la mia vita in maniera da riflettere questo rapporto e possibilmente fare proseliti ma senza cercare di convincere nessuno. Basta dare le informazioni, piantare il seme. Poi il resto sta al libero arbitrio di ognuno. Non penso ci siano vie di mezzo o compromessi di sorta. C’e’ il paradiso e c’e’ l’inferno. E l’unico biglietto per il paradiso è Gesù Cristo.

IL DARWINISMO E LE PROFEZIE
Ci sono molti segni che puntano verso una fine dei tempi imminente ma nessuno sa con certezza quando gli eventi descritti nell’Apocalisse avverranno. Ce’ molto simbolismo nelle Scritture, almeno per quanto riguarda I riferimenti temporali.
Di sicuro gli ebrei sono una parte integrante della profezia dunque è importante salvaguardare l’incolumità dei figli di Israele affinché quando verrà il tempo potranno ricostruire il tempio come annunciato nell’apocalisse. Sempre a causa di questo simbolismo temporale della Bibbia è difficile sapere se la terra abbia 5000 o 5 miliardi di anni.
Secondo me il darwinismo e’ una teoria ridicola per la quale non ci sono prove certe. E’ solo una teoria, come il creazionismo, ne più ne meno, e dovrebbero essere studiate tutte e due a scuola come tali. Gli stessi fatti, gli stessi elementi presi a sostegno dell’una possono, interpretati diversamente, diventare prove della teoria opposta.

LA POLITICA
Penso che I cristiani siano sotto attacco in questa nazione
. Ad andare in una scuola con la Bibbia a parlare di Gesù si viene guardati male, schedati, osteggiati o derisi. Lo stesso non capita a musulmani, hindu’ o membri di tutte le atre religioni perché… per carità non sarebbe ‘politicamente corretto’! Gesù, di questi tempi, mi spiace dirlo, viene rispettato meno di Allah. In tempi di elezioni non avverto alcuna pressione da parte della mia chiesa o della mia comunità religiosa a votare per uno per l’altro candidato ma certamente se un candidato dichiara e dimostra di avere I miei stessi valori e i miei stessi ‘credo’ sarò - a prescindere dal partito a cui appartiene – più incline a votare per lui (o lei). La fede e’ centrale nella mia vita e influenza tutte le mie decisioni principali. Non vedo perché la politica debba fare eccezione.

Stefano Salimbeni

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