Lavoro, milioni di piccoli schiavi

Il 12 giugno si celebra la Giornata mondiale contro lo sfruttamento minorile: 215 milioni i bimbi e i ragazzi sotto ai 18 anni costretti a lavorare. L’esperienza del Cesvi in Kenya.

Bambini al lavoro: 215 milioni di vittime

11/06/2012

Sono almeno 215 milioni i minori nel mondo costretti a lavorare, la metà dei quali sono soggiogati alle forme peggiori quali sfruttamento sessuale  e "compravendita". Tanto maggiore è la povertà di un Paese, tanto superiori sono i rischi di degenerazione in tale direzione: anche l'Italia non è immune da questa piaga se è vero, come dice l'Istat, che lavorano 144 mila bambini tra i 7 e i 14 anni, cifra che invece secondo l'Ires - Cgil  si aggirerebbe intorno ai 400 mila.

Tra i promotori della campagna internazionale "Stop child labour - School is the best place to work", il Cesvi da anni è impegnato nella realizzazione di "zone franche" anche nei contesti più difficili in cui la povertà regna sovrana. L'occasione per fare il punto della situazione è la Giornata mondiale contro lo sfruttamento del lavoro minorile fissata per il martedì 12 giugno.



Questa fotografia e quella della copertina sono dell'agenzia Reuters.
Questa fotografia e quella della copertina sono dell'agenzia Reuters.

In particolare, presentiamo i dati di uno studio effettuato in Kenya dove, dal 2011, il Cesvi ha avviato un articolato progetto per porre un freno alla sfruttamento del lavoro minorile, puntando sul coinvolgimento di tutte le parti sociali nella convinzione che l'unica strada percorribile sia quella di una maggiore consapevolezza a tutti i livelli. Da una parte c'è lo Stato, rappresentato dalle carceri minorili e dalle case di reclusione dove adolescenti con precedenti penali, in molti casi vittime di sfruttamento, necessitano di un adeguato supporto psicosociale per rielaborare i drammi vissuti e di un'offerta formativa alternativa credibile su cui costruirsi un futuro diverso.

Dall'altra si è cercato di far comprendere alle imprese operanti sul territorio che il "Child labour free certificate", cioè il certificato che attesta il non impiego di baby lavoratori, non è un ostacolo alla crescita aziendale ma, anzi, può diventare un motivo di orgoglio e un'occasione di crescita perché, offrendo all'esterno un'immagine migliore, è anche più facile trovare investitori o partner stranieri. In mezzo, ovviamente, l'impegno costante dei cooperanti che accompagnano i ragazzi sulla strada che intende riportarli a essere protagonisti delle loro vite nella pienezza dei propri diritti universalmente riconosciuti e che vigilano con un'attenta opera di monitoraggio delle catene produttive insistendo sulla promozione dell'impiego adulto.

Alberto Picci
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