11/12/2011
Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, interviene alla diciassettesima Conferenza mondiale sul clima, a Durban, in Sudafrica (foto: Ansa).
Durban, Sudafrica
Forse non tutto è perso. E in ogni caso la partita vera si gioca dal 2012 in poi. All’alba di domenica 11 dicembre, dopo dodici giorni di negoziati, gli ultimi due passati ininterrottamente al tavolo delle trattative,
la diciassettesima Conferenza sui cambiamenti climatici svoltasi a Durban, in Sudafrica (Cop 17, in sigla), ha trovato un punto di mediazione: il prossimo
anno, dal 26 novembre al 7 dicembre, in Qatar, si procederà alla definizione di un patto
globale da approvare entro il 2015 e che entrerà in vigore a partire
dal 2020. Insomma, solo spostando in là il momento della verità, si è potuto trovare un'intesa. A parole ci guadagnano tutti, tranne - questo è certo - i Paesi poveri e la Terra, che continua ad attendere che qualcuno l'aiuti a respirare.
Con un applauso liberatorio gli esausti delegati rimasti
sino all’ultimo (diversi rappresentanti governativi avevano già
lasciato Durban costretti ad andar via dalla scarsità di posti aerei), hanno
approvato il documento finale presentato dalla presidente della
Conferenza, la ministra per la Cooperazione e lo sviluppo del Sudafrica, la signora Maite Nkoana-Mashabane. Un documento di compromesso per
salvare il salvabile, presentato dalla stessa Nkoana-Mashabane come
“imperfetto”, ma necessario per ridare un filo di speranza e non
chiudere definitivamente il match da anni giocato per giungere ad
un accordo efficace per bloccare le catastrofi naturali indotte dai
repentini cambiamenti climatici degli ultimi decenni e
dall’inquinamento giunto ormai a livelli di insostenibilità.
Anche una Miss Terra tra le manifestazioni di protesta a Durban, in Sudafrica (foto: Ansa).
Come spesso accade nei consessi internazionali, la via di uscita si è trovata grazie alle diplomatiche sottigliezze lessicali che se da un lato servono a non far naufragare le situazioni, dall’altro rischiano di lasciare spazio ad interpretazioni non univoche e, quindi, ad atteggiamenti non necessariamente coerenti. Anche a Durban, infatti, tra la freddezza del mediatore Usa Todd Stern, refrattario ad accettare un patto “legalmente vincolante” e la determinazione dell’agguerrita Commissaria Europea Connie Hedegaard decisamente propensa a percorrere tale via, il documento finale ha optato per mettere in cantiere un patto globale che abbia “forza legale”, senza andare oltre nel precisare cosa ciò comporti per gli Stati non adempienti.
Sì, perché non va sottostimato il fatto che gli Usa, che da soli contribuiscono all’inquinamento globale con oltre la metà delle emissioni di CO2, non hanno mai aderito al Protocollo di Kyoto, accordo anch’esso sicuramente imperfetto, ma vigente e da oggi prorogato sino all’adozione del prossimo protocollo. L'Unione europa esce dalla Cop 17 con il plauso dei Paesi in via di sviluppo e della società civile internazionale per la determinazione dimostrata e per le misure già assunte per la lotta ai cambiamenti climatici allineati con Kyoto; il Presidente Obama si garantisce una maggior tranquillità in vista della prossima campagna elettorale in calendario nel 2012 nella quale non dovrà inasprire le misure di contenimento dell’inquinamento prodotto dal suo Paese; la Cina esce dall’angolo dei cattivi in cui era finita alla Conferenza di Copenaghen del 2007 avendo manifestato verbalmente la sua disponibilità a rivedere la sua posizione intransigente verso una maggior flessibilità; gli altri Paesi industrializzati, a partire da Canada, Giappone e Russia che molto hanno contribuito nell’intralciare il buon esito dei negoziati, guadagnano altro tempo mascherandosi dietro la litigiosità di Usa e Ue.
Pechino, oggi. La capitale cinese ha raggiunto livelli di guardia per quel che riguarda l'inquinamento dell'aria (foto: Ansa).nti
Chi probabilmente non torna a casa con grande entusiasmo, sono i Paesi poveri che hanno visto rinnovata la promessa del finanziamento di 100 miliardi di dollari al “Fondo Verde” per il loro adattamento tecnologico ai nuovi standard eco-compatibili, ma che ancora attendono i primi 30 miliardi che i Paesi ricchi avrebbero dovuto esborsare entro il 2012, e le piccole isole oceaniche che lottano per non scomparire sotto il livello del mare. Appuntamento quindi in Qatar per la diciottesima Conferenza sui cambiamenti climatici, la Cop 18. Tutti appesi a un filo di speranza e sempre che il pianeta abbia la stessa resistenza dimostrata dai delegati a Durban e non collassi anticipatamente.
Sergio Marelli, segretario generale della Focsiv