29/02/2012
Stefano Zamagni, presidente dell'Agenzia del Terzo Settore.
“Questo Governo tende a pensare che l’Italia possa rimettersi in sesto solo se si punta sullo Stato e sul mercato. Un mercato efficiente (con le liberalizzazioni e le privatizzazioni) e uno Stato non corrotto, che non spreca e via dicendo. Purtroppo questo è un errore di visione”. L’economista Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia del Terzo Settore, tra i collaboratori di Benedetto XVI nella stesura dell'enciclica sociale "Caritas in Veritate" (che allo Stato sociale e al non profit dedica grande spazio) è lucido nel suo atto d’accusa, ma non particolarmente preoccupato. Il ministero vuole incorporare l’Agenzia del Terzo Settore, un mondo attorno al quale ruotano sei milioni di italiani, tra volontari e lavoratori e che rappresenta il sei/sette per cento del Prodotto interno lordo. “Per ripartire il Paese ha bisogno non solo del pubblico e del privato ma anche del civile. Ma Monti e i suoi "tecnici" non lo vogliono, il civile. Lo si vede benissimo. Tutta una serie di provvedimenti presi dal Governo vanno in direzione opposta. Dall’abolizione del servizio civile al mancato rifinanziamento del cinque per mille, dall’abrogazione della norma che riguarda le associazioni del volontariato al non consentire alle imprese sociali di svolgere la propria funzione caricandoli di costi impropri, fino al mancato rifinanziamento del fondo per le organizzazioni non governative".
La chiusura, di fatto, dell’Agenzia è solo l’ultimo di una serie di provvedimenti. "Questi segnali dimostrano che il Governo ritiene che per far ripartire l’Italia non sia necessario intervenire sui corpi intermedi dello Stato. E’ come se dicessero: non abbiamo bisogno di voi. E sbagliano, perché il Terzo Settore è una fonte di sviluppo. E’ importante non solo perché dà da lavorare a circa un milione di persone, ma perché produce coesione sociale”.
- Il Consiglio dei ministri venerdì scorso nel decreto ha inserito una norma che dice che l’Agenzia del Terzo settore, con le sue competenze, sarà trasferita al ministero del Lavoro e della Previdenza sociale.
“Al momento l’Agenzia è stata prorogata di altri due mesi in attesa che il decreto divenga legge. A questo punto delle due l’una: se il Governo mette la fiducia l’Agenzia è morta”. -
- E se non la mette?
“In quel caso il Parlamento voterà contro l’articolo del decreto, perché tutti i partiti, ho detto tutti, compresa la Lega che sta all’opposizione, sono contrari alla chiusura dell’Agenzia”.
- Quali sono le ragioni per le quali il Parlamento voterà contro?
“Sono sostanzialmente tre. La prima è che l’Agenzia deve essere un ente autonomo e indipendente. Nel momento in cui venisse inglobata dal ministero del Lavoro perderebbe la caratteristica della terzietà, verrebbe snaturata. Non avrebbe più una sua ragion d’essere e una sua fisionomia. La seconda ragione riguarda la capacità del ministero di svolgere le funzioni dell’Agenzia. Il Lavoro può controllare la liceità degli atti degli enti non profit, ma non potrà mai controllare le meritorietà degli stessi. Per farlo ci vuole un’esperienza e una conoscenza che i burocrati del ministro per quanto bravi e per quanto preparati non possono avere. Il ministero non può controllare il grado di democraticità di un ente non profit, non può controllare se e quanto quel determinato ente ha prodotto valore sociale. Può controllare se ha rispettato le norme di legge, ma non i contenuti sociali dello stesso. Per questo ci vuole un’Agenzia formata da persone indipendenti e soprattutto competenti. Altrimenti arriveremmo al paradosso che il ministero dovrebbe dare in appalto l’agenzia o siglare contratti di consulenza. Il che sarebbe davvero un paradosso. Buttar giù l’agenzia per darla in appalto!”
- E la terza ragione?
“E’ di natura economica. Un’Agenzia autonoma e indipendente costa molto di meno che non le stesse attività svolte all’interno del ministero”.
- Veramente una delle ragioni principali per cui il ministro Fornero ha inglobato l’Agenzia è proprio per risparmiare sulle spese.
“Neanche per sogno: è vero il contrario. Si gioca sull’equivoco. L’agenzia attuale ha sede a Milano. Il Comune di Milano fornisce gratuitamente la sede, la Provincia e la Regione forniscono il personale. Le Fondazioni bancarie finanziano le attività di tipo culturale e pubblicistico. Il giorno in cui queste attività vengono incorporate al ministero è ovvio che nessun Comune o ente o Fondazione darà soldi al ministero. Chi ha preso questa decisione dimostra di non conoscere le cose o di essere all’oscuro. Stiamo parlando di tagli del bilancio dello Stato. I costi di gestione sarebbero superiori. Per queste tre ragioni il Parlamento voterà contro”.
- E allora perché il Governo ha decretato la chiusura dell’Agenzia se sa che il Parlamento gli voterà contro? Una prova di forza?
“Da un lato c’è sicuramente una prova di forza. Questo Governo non capisce cosa sia il Terzo settore, non capisce cosa sono i corpi intermedi della società, non capisce la rilevanza del modello italiano di Welfare, che è la sussidiarietà. Questo Governo vuol far vedere che non guarda in faccia a nessuno e che taglia dove vuole. Come certi chirurghi che tagliano anche dove non c’è da tagliare. Ma c’è una terza ragione. Questo Governo tende a pensare che l’Italia possa rimettersi in sesto solo se si punta sullo Stato e sul mercato. Sono tutti segnali che dicono: noi non abbiamo bisogno di voi. Puntano sulle assicurazioni, sulle imprese e sulle banche. E su questo stanno facendo bene, per carità, ma stanno distruggendo tutti i corpi intermedi tra Stato e mercato”.
Francesco Anfossi