Chi dà asilo ai rifugiati?

Il sistema italiano impedisce, di fatto, l'integrazione socioeconomica dei richiedenti asilo e dei titolari di protezione internazionale. Uno studio della Caritas

Chi dà asilo ai rifugiati?

19/06/2012

Sono tante. Ma con poche speranze. Secondo l’Istat, il primo gennaio 2011, in Italia, c'erano 56.300 persone che richiedevano asilo politico o avevano già visto riconosciuto questo loro diritto, o, ancora, erano "tutelate" perché ritenute bisognose di protezione umanitaria Numeri peraltro provvisori a cui vanno senz’altro aggiunti 4.500 soggetti a cui, sempre nel corso del 2011, sono stati riconosciuti lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria, e 5.562 che hanno ottenuto la protezione umanitaria (fonte Commissione nazione per il diritto di asilo).


Queste cifre aiutano solo in parte a capire un fenomeno che è diventato oggetto di uno studio approfondito grazie alle proprie conoscenze “sul campo” da parte della Caritas di Roma in partenariato con l’associazione Centro Astalli di Roma, la Solidarietà Caritas onlus di Firenze e la Fondazione Caritas ambrosiana di Milano. Già, perché le cifre, se non inserite appositamente nel giusto contesto socio-economico italiano, rischiano di perdersi, annacquarsi, lasciando la sensazione che sia un problema minore rispetto a quelli che sta attraversando il Paese. E invece non è così. Perché quello dei richiedenti asilo politico è origine e insieme conseguenza di altre questioni rimaste irrisolte in Italia per lungo tempo e di fronte alle quali non si può più fare finta di niente.

Il progetto “Mediazioni Metropolitane Studio e sperimentazione di un modello di dialogo e intervento a favore dei richiedenti e titolari di protezione internazionale in situazione di marginalità”, co-finanziato dal Fondo europeo per i rifugiati 2008-2013, è stata l’occasione per mettere dei paletti e soprattutto avanzare delle proposte concrete basate sulle riflessioni emerse durante questo periodo. La marginalità dei richiedenti asilo, infatti, è una condizione che si aggrava quotidianamente soprattutto nelle grandi città come Milano, Roma e Firenze dove, in quelli che vengono eufemisticamente chiamati “insediamenti spontanei”, è nutrita la presenza di coloro che non sono mai entrati o sono fuoriusciti dai regolari circuiti di accoglienza e integrazione.















Alberto Picci
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