18/10/2011
Festeggia dieci anni di vita, ma ha il fiato corto. Il servizio civile in Italia è disciplinato dalla legge 64, del 6 marzo 2001; risponde a una serie di bisogni in netta crescita, vista la crisi che fa scempio del welfare; si conferma sempre più palestra privilegiata di cittadinanza, ma suo malgrado vive una stagione crepuscolare che non lascia presagire nulla di buono.
E' una realtà contraddittoria, quella che contraddistingue il servizio civile, oggi. Da una lato, la voglia di impegnarsi e la speranza di imparare attraverso un lavoro nel sociale (retribuito, poco, ma retribuito, il che non guasta) causano il costante aumento delle domande dei giovani. Nello stesso tempo, però, l'offerta - dopo una partenza beneaugurante - è stata via via ridotta. Dopo un avvio, nel 2001, con 396 posti, già diventati 16.079 l'anno successivo e 35.897 nel 2003, nel 2006 c'era spazio per 57.119 persone. L'ultimo bando, invece, quello che scade il 21 ottobre, prevede - per tutto il 2011 - appena 20.123 posti. A questo crollo corrisponde una drastica riduzione dei fondi stanziati dal Governo: nel 2009 lo Stato aveva messo a disposizione 299 milioni di euro, la Finanziaria 2011 ne prevedeva solo 110. Poi è arrivata un'integrazione di 24 milioni da distribuire su tre anni, una piccola boccata d'ossigeno che quest'anno permetterà di mantenere il numero di posti sostanzialmente invariato rispetto all'anno scorso, ma per il prossimo triennio si annunciano nuovi tagli selvaggi.
Sia a livello nazionale che regionale, i dati ci consegnano un sistema inceppato, che rischia di collassare: attualmente, su quattro progetti presentati dagli enti accreditati agli uffici del servizio civile, solo uno riceve i finanziamenti necessari per diventare realtà. Di conseguenza gli enti riducono il numero di progetti (anche perché la presentazione comporta un notevole lavoro) e quindi, nonostante le esigenze nel sociale siano in continuo aumento, tante proposte rimangono chiuse nei cassetti.
Insomma, una volta di più: i posti calano proprio mentre le domande crescono. L'anno passato, a fronte di circa 20.000 posti le candidature sono state oltre 70.000 e nelle regioni del Sud le domande erano quattro volte superiori alle offerte. Questo boom di candidature si spiega con ragioni diverse. Sicuramente la spinta etica è forte: tanti ragazzi desiderano impegnarsi in progetti di aiuto concreto, sia in Italia che all'estero. I settori sono quelli che fanno capo all'assistenza (di vario genere: ai minori, agli anziani, ai tossicodipendenti, ai disabili), alla protezione civile, alla tutela sia dell'ambiente che del patrimonio artistico e
culturale.
L'assistenza in una casa protetta per anziani: un'attività svolta da ragazze e ragazzi che prestano servizio civile (foto: serviziocivile.gov.it)
Ma ci sono anche motivi economici: in tempi di precariato e insicurezza
,
il servizio civile offre la possibilità di lavorare per un anno, 30 ore
alla settimana, con un'indennità mensile netta di 433,80 euro, un'opportunità cui molti guardano con speranza.
L'ultimo bando alza da 28 a 29 anni il limite di età per candidarsi, un dato che la dice lunga sulle condizioni dei giovani
(in realtà sempre meno giovani) e sulle loro difficoltà a inserirsi nel
mondo del lavoro. Se fino a qualche anno fa, soprattutto al Nord, c'era
una discreta percentuale di volontari che venivano inseriti nei
progetti e che poi lasciavano il servizio per seguire opportunità
lavorative allettanti, ultimamente il tasso di abbandono si è quasi
annullato, segno che le alternative al Servizio non sono molte.
Visto lo scenario tutt'altro che rassicurante, numerose associazioni,
a cominciare dalla realtà cattoliche, chiedono una trasformazione
radicale del servizio civile. Se ne discute da anni: finora sono stati depositati in Parlamento
ben 14 disegni di riforma, di cui uno presentato dal Governo, ma la discussione è ancora in alto mare. Il Sottosegretario con delega al servizio civile
Carlo
Giovanardi vorrebbe abolire l'attuale sistema "misto", in cui
concorrono sia lo Stato che le Regioni, per tornare a una gestione
centralizzata dei fondi: «O si fa la riforma o si muore», ha recentemente dichiarato Giovanardi all'agenzia di stampa
Il Redattore sociale.
«Oggi dobbiamo operare su due temi», ha poi precisato il
sottosegretario. «Per primo rendere ancora più chiara la relazione che
c’è tra il Servizio civile nazionale e la difesa della Patria. Poi dire
agli enti che i programmi devono avere attinenza con la formazione della
cittadinanza attiva e non essere tappabuchi del welfare delle regioni.
Se il Servizio Civile serve solo a integrarsi nel welfare territoriale
perché le Regioni ne hanno bisogno è meglio cancellarlo».
Sul versante opposto sta la proposta della Lega Nord, che invece vorrebbe una gestione esclusivamente regionale delle risorse. Punti
di vista opposti che non sembrano lasciare molto spazio a una linea
comune. C'è anche chi, pensando al futuro, immagina un servizio civile
aperto ai giovani stranieri, ma l'idea ha incassato un risoluto no del
Governo.
Lorenzo Montanaro
A cura di Alberto Chiara