L'altro Madagascar nel segno di padre Pio

Inaugurata la Maison de Charité: una casa destinata a ospitare disabili della regione con varie patologie e un dispensario "popolare"

La "richiesta" missionaria di padre Pio

19/11/2012
Enzo Palumbo, fondatore dell'associazione "Una voce per padre Pio", in Madagascar
Enzo Palumbo, fondatore dell'associazione "Una voce per padre Pio", in Madagascar

Toccante la testimonianza in esclusiva per Famiglia Cristiana di Enzo Palumbo, presidente dell'associazione Una voce per padre Pio, presente alla cerimonia: «Pochi giorni dopo aver fondato l'“Associazione Una Voce Per Padre Pio”, legata all’omonimo programma di Rai 1, sfogliando l’epistolario di Padre Pio trovai questa lettera inviata a Mons. Angelo Poli:

 

La Vocazione missionaria di Padre Pio: Lettera inviata a Mons. Angelo Poli (Ep. IV, 24)

“Mio carissimo Monsignore, Gesù sia sempre tutto vostro, vi assista sempre ed in tutto con la sua vigile grazia e renda sempre più fruttuosa la vostra missione, affidatavi dal divin Pastore e vi faccia santo, uno con il suo gregge! Con questi voti sincerissimi che assiduamente vado innalzando all’Altissimo per voi, vengo a dar riscontro alla vostra graditissima per assicurarvi la mia sincera devozione che ho per voi ed il ricordo bellissimo che ho della vostra fortunata riconoscenza. Non dubitate, mio carissimo Monsignore, delle mie povere e deboli sì, ma pure assidue preghiere che faccio per voi e per la vostra missione, che sia ricca di ubertosi frutti. Sentite, Padre, anch’io ho fatto istanze vivissime presso il mio direttore per essere arruolato tra i vostri missionari, ma, povero me, non mi ha trovato degno. E nessuna cosa è valsa finora a farmi ottenere questa segnalata grazia. Debbo ritornare alla carica? Raccomandate anche voi quest’affare a Gesù, e ditegli che se mi vuole tra i suoi missionari disponga le altrui volontà. Ed intanto giacché non mi è concesso anche di essere realmente ascritto tra i suoi missionari, mi ingegnerò di esserlo in ispirito. Vi accompagnerò ovunque con preghiere e con gemiti, nella speranza che non disdegnerete di accogliermi come uno degli ultimi vostri missionari. Il giorno venti settembre 1918 mi venne dall’Alto la grande ed immensa umiliazione”.

La struttura esterna della Maison de Charitè
La struttura esterna della Maison de Charitè

Ancora Palumbo. «Poco tempo dopo, incontrai padre Antonio Gambale, confratello di Padre Pio e tra i suoi vari racconti vi era il seguente: “Ero economo e insegnante nel seminario cappuccino di Pietrelcina e nel periodo 1963-1967, anche vice-parroco del novantenne don Albino Catalano. Mi recavo quasi ogni settimana a San Giovanni Rotondo per acquisti e parlare con Padre Pio. Ho avuto sempre, sin da ragazzo, la vocazione missionaria, coltivata durante lo studentato e quando mi trovai a Pietrelcina, parlo del 1964, cercai di farmi inviare in Africa. La provincia monastica dei cappuccini di Foggia non aveva una propria missione, ma alcuni frati si erano aggregati ai Padri milanesi attivi in quel continente e soprattutto in Eritrea. E proprio a Milano presi contatto con un Padre per andare in questo lontano paese. Così un bel giorno del 1966 decisi di mettere al corrente Padre Pio di questo mio progetto e andai a San Giovanni Rotondo [...]. Ricordo che entrammo dentro la sua cella e si mise seduto a tavolino. Aveva il mantello sulle spalle (era il mese di marzo); mi sedetti al suo fianco e dissi: «Padre Pio, sin da ragazzo ho avuto la vocazione missionaria, poi l'ho coltivata durante il liceo, durante il corso di teologia, e mi sono messo in contatto con un Padre che sta in Eritrea. Vorrei anche io andare in Africa». Padre Pio non rispose. All'improvviso cominciò a singhiozzare, a piangere. Ricordo che le lacrime gli scendevano e cadevano addirittura sul tavolino. Pensai: «Perché piange Padre Pio?». Dopo qualche minuto, sempre piangendo, disse: «Figlio mio, tu sei più buono di me!». Io rimasi quasi interdetto e ricordo che tirandogli il mantello replicai: «Padre Pio, ma perché dici così? Io sono mortificato, come posso essere più bravo di te?». «Sì, figlio mio, perché a te il Signore ha concesso la grazia di andare in Africa e io non sono stato degno di andare in missione. Quando ero giovane come te, ho supplicato, ho pianto, ho pregato e il mio superiore non mi ha ritenuto degno di un simile compito». E rivolgendosi verso di me: «Non ti preoccupare, tu andrai missionario!». Di questa mancata vocazione missionaria di padre Pio non se ne sapeva nulla. A Pietrelcina, dopo un mese, venne il padre provinciale e mi disse che la provincia monastica dei cappuccini di Foggia aveva aperto una casa nel Centro Africa, precisamente nel Ciad, dove in seguito mi recai. Quando nel marzo 1967 andai a San Giovanni Rotondo per i voti missionari e per la consegna del crocefisso, salutando Padre Pio dissi: «Fai una preghiera per me». E lui rispose: «Figlio mio, se non prego per te, per chi devo pregare?». E con aria mesta aggiunse: «Guagliò, chissà se ci rivedremo più?». Era una predizione: non ho più rivisto il mio mancato fratello missionario”.

Alberto Picci
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