19/11/2012
Giuanluca Guida, produttore Tv della trasmissione "Una voce per padre Pio"
«Dopo questa ennesima
rivelazione pensai tra me e me: "forse il “Capo”, padre Pio, vuole dirci
qualcosa, vuole indicarci su quale strada proseguire". Questa fu una nuova
direzione per raggiungere altri traguardi; infatti la sua opera spirituale
continuò a San Giovanni Rotondo nel Convento dei Cappuccini e a Pietrelcina.
Questi luoghi sono ancora intrisi della sua spiritualità, soprattutto l’olmo
delle prime stimmate, dove si avverte forte la sua presenza. L'opera terrena di
padre Pio, invece, continua alla “Casa Sollievo della Sofferenza” che è un
“miracolo tangibile ed emblematico, frutto della provvidenza” e nella quale
ancora oggi migliaia e migliaia di persone trovano sollievo dalle sofferenze
del corpo e dello spirito. Così nell’anno a cavallo tra il 2007 ed il 2008,
casualmente (si fa per dire vista la dinamica delle vicissitudini), iniziò la
nostra collaborazione con i missionari del Don Orione con i quali costruimmo il
Villaggio Padre Pio a Bonoua (Costa D’avorio). Una struttura che accoglie al
suo interno bambini affetti da handicap gravissimi. Da lì in poi fu un
susseguirsi di opere realizzate tra Costa D’avorio, Togo, Burkina, Madagascar,
sempre con i missionari del Don Orione. Siamo felici dell'unione di questi due grandi Santi perché entrambi
hanno speso la loro vita per chi soffriva, ed ora insieme possono continuare a
farlo. Le strutture del Don Orione sono opere che ospitano e recuperano bambini
handicappati gravi che, altrimenti, sarebbero costretti a vivere
nell’emarginazione totale senza cure e senza assistenza. Purtroppo il portatore
di handicap in molti Paesi africani è visto come una “maledizione”; viene tenuto nascosto e non può avere nessun tipo di vita
sociale. In queste strutture, invece, gli viene restituita la dignità che merita.
A Bonoua (Costa D’avorio), dove sorge la nostra
prima opera, hanno dedicato l’intero quartiere a padre Pio con una rotonda ed
una strada».
Gli interni del centro con dipinti che raccontano la vita di padre Pio
«Il 20 ottobre scorso è
stata inaugurata l’opera più grande da noi finanziata, “La Maison de la Charitè
Padre Pio”. Una struttura costata quasi mezzo milione di euro, la prima in
quella regione del Madagascar. Questo
ci riempie di orgoglio: padre Pio è arrivato anche lì, in uno dei Paesi più
poveri del Mondo. Il giorno dell’inaugurazione, negli occhi della gente si
leggeva chiaramente la gratitudine. Mi si consumarono le mani a forza di
stringerle a queste persone, che, con dignità ed amore, ringraziavano “del
grande Dono”. Alcuni di loro, quelli più “coraggiosi”, hanno portato alla
cerimonia alcuni bambini handicappati per mostrare loro la nuova casa; quella
casa in cui potranno curarsi, formarsi e avere finalmente una
vita”.
Il direttore della struttura, padre Luigi Piotto
(missionario del Don Orione), ci ha informato che, ancor prima dell’apertura,
aveva già raccolto 50 iscrizioni di persone che beneficeranno dell’opera a
regime di semiconvitto.
Padre Pio amava sempre ricordare che: “nel
povero c’è Gesù e nel malato povero c’è Gesù due volte”. E a noi piace pensare e sperare che da lassù Gesù protegga questa
opera, che Padre Pio dall'alto invii quotidianamente copiose benedizioni e che
Don Luigi Orione vigili sui suoi confratelli che gestiscono l’opera, affinché
in questa casa non possa mai mancare l’amore».
Enzo Palumbo, presidente dell'associazione "Una voce per padre Pio"
«La mia esperienza in Africa di
questi ultimi anni non può essere spiegata, non arriverebbe con la giusta
intensità. Io amo definirla “la mia università”, un nuovo ateneo
al quale senza volerlo mi sono iscritto, l’ateneo della vita. Ogni
giorno, noi tutti, troviamo di che lamentarci: “questo non va bene, questo mi
manca, vorrei questa cosa piuttosto che quell’altra, non posso fare le vacanze,
vorrei le scarpe firmate, etc”. Non ci rendiamo conto del valore di quello che
abbiamo e vogliamo sempre di più. In queste terre, invece, tra chi non ha
nulla, tra chi sa vivere con l’essenziale, anche se negli occhi delle volte si
legge tristezza, si affronta la vita con gioia. Tutti cantano e danzano per
ringraziare Dio di quello che hanno, quello che per noi
sarebbe niente, per loro è tanto ed è tutto. Fa tenerezza vedere i bambini che,
senza scarpe e con i vestiti laceri, si ingegnano per creare dei rudimentali
giocattoli fatti con il niente. Fa soffrire vedere una bambina di tre anni che
porta sulle spalle il fratellino appena nato perché in casa non vi è né la
mamma e né il papà. Sono alla ricerca di qualcosa da mangiare per riuscire a
passare un altro giorno».
Alberto Picci