07/03/2013
Segue, la testimonianza di Elisa Iori, volontaria IBO Italia.
«A
partire dagli anni ’90 la lotta alla povertà è tornata ad essere uno dei temi
principali all’interno della comunità internazionale in quanto questo fenomeno,
per numeri e durata, costituisce la più grande piaga sociale del nostro tempo.
Infatti, secondo stime recenti della Banca Mondiale, nei paesi in via di
sviluppo una persona su quattro (ovvero 1,4 miliardi di individui) vive con
meno di 1,25$ al giorno. Gran parte
di questi vivono in India, divisi tra le aree rurali e le baraccopoli delle
città, definite comunemente come slum.
A Mumbai, cuore pulsante dell’economia indiana,
il 55%
della popolazione urbana vive proprio all’interno di queste aree disagiate.
Slum
Women Empowerment Project
(SWEP), progetto ideato e coordinato da IBO Italia, in collaborazione con il
Navjeet Community Health Centre (NCHC), ONG indiana, e finanziato dalla
Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha avuto come obiettivo proprio
l’eradicazione della povertà diffusa negli slum di Mumbai, attraverso il
rafforzamento del ruolo della donna sia all’interno della famiglia che
all’interno della comunità.
La
consapevolezza che le donne non sono da considerarsi solo come soggetti
vulnerabili e deboli, in attesa di
ricevere un aiuto, ma come elementi attivi, portatrici di cambiamento e
promotrici di una società più giusta, è stato il cardine sui cui si è costruito
il nostro progetto. Molte analisi dimostrano infatti che quando le donne hanno
un ruolo dinamico e una posizione forte nel quadro delle loro relazioni
sociali, tutta la famiglia ne trae beneficio, sia nel presente che nel futuro attraverso le generazioni
successive.
Per
rispondere e combattere efficacemente tutte le dimensioni della povertà il
progetto ha avuto come obiettivo specifico il miglioramento delle condizioni
socio-economiche e sanitarie di 900 donne e delle loro famiglie in 6 specifici
slum di Mumbai, in cui opera da anni il NCHC, nostro partner in India dai primi
anni 2000.
Nello
specifico sono state pianificate quattro tipologie di attività: formazione del
personale del partner locale, rafforzamento del ruolo sociale delle donne come
individui e all’interno delle loro comunità, potenziamento delle azioni legate
alla tutela della salute, identificazione e sviluppo di attività generatrici di
reddito.
Il primo gruppo di attività ha voluto
rafforzare le competenze dello staff del partner locale, per un più efficace
affiancamento alle donne degli slum, nel loro percorso verso una maggiore
consapevolezza dei propri diritti e delle proprie capacità. Sono stati quindi
organizzati corsi di informatica e inglese - per rendere il lavoro dei Social
Workers più sistematico e intensificare azioni di networking con altre ONG e/o
con il settore corporate - di comunicazione e management e di preparazione di
studi di fattibilità per lo start up di attività generatrici di reddito negli
slum».
«Il
secondo gruppo di attività ha previsto invece il rafforzamento del ruolo delle
donne all’interno delle loro famiglie e comunità grazie all’incremento e rafforzamento
di Mahila Mandals (MMs) e Self Help Groups (SHGs), gruppi di auto aiuto formati
da donne che decidono di unirsi per darsi forza, risparmiare insieme e iniziare
piccole attività commerciali. Le donne appartenenti a questi gruppi hanno
partecipato a programmi di alfabetizzazione con classi di Hindi e Marathi, a
corsi su come affrontare e combattere la violenza domestica negli slum, a
workshop dedicati ai ruoli di genere e diffusione di informazioni relative ai
diritti delle donne.
Gli incontri sono stati tenuti da esperti - avvocati/e, attiviste/i di ONG o
istituti di ricerca - e hanno richiesto una partecipazione attiva delle donne,
che hanno raccontato le loro esperienze e trovato nuove soluzioni e supporto. A
tali incontri molte donne hanno partecipato con le proprie figlie, per farle
ascoltare e con la voglia di garantire loro un futuro diverso, decise, ad
esempio, a non permettere il loro matrimonio prima della fine del ciclo
scolastico (pratica ancora altamente diffusa in India).
Il
terzo gruppo di azioni si è sviluppato attorno alla principale attività del
partner locale, ovvero l’erogazione di servizi sanitari gratuiti (o a tariffe
agevolate) per gli abitanti degli slum. Grazie al progetto sono state rafforzate le competenze delle operatrici
sanitarie locali che si occupano di visitare a domicilio le famiglie più
povere, segnalando i casi più gravi all’ospedale di riferimento. Sono stati
inoltre organizzate campagne di informazione e prevenzione relative a diverse
malattie diffuse negli slum - obesità, problemi cardiovascolari, malaria,
epatite, problemi di vista – che hanno portato a esami approfonditi di
laboratorio e distribuzione di medicinali laddove sono stati identificati casi
di persone gravemente affette da malattie in stadio avanzato. Le operatrici
sanitarie affiancano regolarmente la pediatra del NCHC, che gestisce una
clinica gratuita ogni venerdì mattina per offrire prima assistenza alle donne e
ai loro figli.
Grazie alla clinica vengono raccolti dati utili per il
monitoraggio e lo studio delle condizioni di salute all’interno degli slum.
Grazie
al progetto è stato possibile organizzare corsi di formazione continui per le
operatrici sanitarie, per garantire loro uno standard elevato di
professionalità. Sono stati inoltre acquistati dei kit medici con la
strumentazione base necessaria ad operare sul campo (camice, stetoscopio,
termometro, bilance eccetera). Tutto ciò ha contribuito a creare un’atmosfera
di fiducia e accettazione negli slum verso queste figure che sono diventate un
ponte importante tra le comunità e il NCHC.
L’ultimo
gruppo di azioni del progetto ha previsto il
miglioramento delle abitudini di
risparmio delle donne e l’incremento dei loro guadagni medi attraverso l’avvio
di attività generatrici di reddito. A supporto di ciò è stato messo a disposizione delle donne un fondo rotativo,
ossia la possibilità di accedere a un capitale iniziale con cui sopperire ai
costi di start up di micro-imprese. La somma prestata viene poi restituita
dalle donne, dilazionata nel tempo, senza l’aggiunta di interessi.
«Un
esempio di successo dell’utilizzo di tale fondo è quello di Vijaia Balchandra
Kamble, 31enne, sposata, con due figli e tre figlie tutti sotto i 14 anni.
Grazie a farina, olio e una macchina per sigillare sacchetti di plastica
acquistati con un prestito del fondo rotativo, Vijaya ogni mattina produce
centinaia di chapati
(il pane locale, simile a una piadina) che il marito taxista distribuisce a
piccoli ristoranti prima di iniziare il lavoro, contribuendo in maniera
significativa al sostentamento della propria famiglia.
Anche
l’unità di cucito Sui&Dhaga (@SuiandDhaga / www.suianddhaga.jimdo.com),
fonte d’ispirazione per questo progetto,
che dal 2007 realizza borse e altri articoli in cotone, è cresciuto
all’interno dello stesso, grazie ad una serie di corsi di cucito, taglio e
ricamo organizzati ad hoc per le sarte parte di questo gruppo. Le stesse donne
hanno in parallelo partecipato a
tutti gli altri corsi proposti dal progetto quali appunto alfabetizzazione,
inglese , contabilità e gestione d’impresa.
Un
progetto così complesso e articolato rispecchia la consapevolezza che la
povertà in termini di reddito è solo la conseguenza di un processo più grave e
profondo di marginalizzazione ed esclusione sociale. Ed è proprio eliminando le
cause che portano a questo processo, aiutando i singoli individui a
rimpossessarsi del loro futuro, del controllo sulle loro scelte di vita che la
povertà potrà essere finalmente combattuta efficacemente.
Grazie
al progetto è stata creata una rete di supporto per le donne, di cui le donne
stesse fanno parte, che attraverso gli incontri, i percorsi di formazione, le
esperienze condivise, la voglia di mettersi in gioco, contribuisce al sogno di
cambiare le relazioni sociali che hanno sempre visto la donna come subordinata,
per la creazione di una società più equa».
Alberto Picci