07/03/2013
Qui di seguito le parole di Chiara Paoli, volontaria IBO Italia a
Mumbai, raccontano un momento speciale per le
donne del Sui&Dhaga, che ha segnato in maniera significativa il percorso
del gruppo.
«Alla fine del mese scorso (Agosto 2010, n.d.r.), vicino
all’ Holy Family Hospital di Bandra, di
pomeriggio inoltrato, c’è stata una piccola e familiare cerimonia di
inaugurazione di una ancor più piccola stanza, situata in Somnath Lane. In
questa stanza le donne del Sui&Dhaga si ritrovano da mesi per partecipare a
corsi di sartoria che le ha portate al consolidamento delle loro capacità.
Ospite d’onore per l’occasione Maria Giovanna Speltini,
Presidente IBO Italia, organizzazione il cui impegno ha portato alla
realizzazione di questo giorno. Dopo il tradizionale taglio del nastro rosso,
le donne si sono riunite insieme a Maria Giovanna, Letizia - Rappresentante
Paese India per IBO - e Sr.Shanty, coordinatrice Sui&Dhaga per l’anno
2010-11, per discutere dei progressi fatti dal gruppo e delle sfide che propone
il futuro.
La conversazione è iniziata con una domanda fondamentale
posta alle donne: “Chi è il Sui&Dhaga?” Sotto questo nome si possono
infatti leggere diverse risposte: esso può essere un modo per arrotondare lo
stipendio a fine mese o per passare il tempo esercitando un proprio talento,
un’occasione per conquistare delle ore fuori casa, una risorsa fondamentale per
il sostentamento della propria famiglia, o la speranza del rovesciamento di una
condizione altamente restrittiva in special modo verso le donne.
Il Sui&Dhaga è una via per l’emancipazione e la
crescita personale, un modo per costruire autostima e fiducia nelle proprie
capacità di donna in una società troppo spesso tesa alla repressione
dell’individuo di sesso femminile. Il Sui&Dhaga però è sopratutto un gruppo, un gruppo di donne che sceglie
di confidare una nell’altra verso un cammino comune di crescita e riscatto.
Allo stesso modo, la stanza del Sui&Dhaga, affittata
anche grazie al progetto Slum Women Empowerment finanziato dalla Conferenza
Episcopale Italiana non è semplicemente una stanza. Essa è teatro e testimone del loro
impegno giornaliero e della loro tenacia, l’incubatrice dei loro sogni e la protettrice
silenziosa dei loro talenti. È uno spazio condiviso e unico, in cui
riecheggiano una volta di più le parole di Virginia Woolf: “Quando le donne
avranno una stanza tutta per sé, non quella stanza in cui sono state rinchiuse
per secoli a sognare il mondo al di fuori, ma il luogo, fisico e metaforico, in
cui potersi allontanare dalle interruzioni della vita domestica, da coloro che
consigliano, ordinano, giudicano, allora potranno essere se stesse e vivere a
contatto con la realta’ non piu’ in isolamento ma in una nuova e piu’ intensa
relazione con il mondo”.
Queste quattro mura sono oggi sopratutto una conquista, in
una città come Mumbai la cui storia è fatta di “fatiche e sacrifici” per tante
persone, una città in cui la lotta per la sopravvivenza “si diffonde così
vividamente e imperturbabile nelle strade. Questo è ciò per cui le persone sono
qui: per realizzare il loro viaggio, per realizzare i loro sogni”.
L’inaugurazione di una piccola stanza nel cuore pulsante della città
rappresenta un piccolo passo in questo cammino simbolico e materiale di
conquista ed emancipazione».
Alberto Picci