«Il governo della
Giordania ha più volte espresso
e ribadito la sua volontà di mantenere le proprie frontiere aperte e la sua
politica di non-respingimento dei siriani.
I rifugiati hanno ricevuto assistenza sin
dall’inizio dell’emergenza da tutte le Ong e organizzazioni locali presenti sul
territorio.
In base alla nostra esperienza, siamo convinti
che
la scelta migliore per i rifugiati sia quella di vivere in città e non nei
campi profughi. E’ sicuramente questa la soluzione più sostenibile e dignitosa
che la comunità internazionale dovrebbe sostenere».
Che genere di interventi urgono?
«Servono sistemi di protezione dedicati ai più
deboli tra i rifugiati, in particolare a donne e bambini soli, in modo da
evitare il fenomeno dello sfruttamento sessuale e minorile.
Molti rifugiati non possono studiare, mentre
andrebbe incoraggiata e facilitata la frequenza scolastica.
Essendo cresciuto
il numero di rifugiati è anche necessario rafforzare le strutture sanitarie per
riuscire a rispondere alle esigenze di tutte le persone che hanno urgente
bisogno di cure mediche.
I casi di persone traumatizzate sono in crescita
a causa di un conflitto che ormai dura da due anni. Molti hanno bisogno di assistenza
psicologica, soprattutto se consideriamo che ormai ogni famiglia ha un lutto.
In questo contesto vanno sostenuti nella loro
vita quotidiana, aiutandoli ad acquistare il cibo, così come a trovare lavoro e
a pagare l’affitto degli appartamenti dove si sono rifugiati».