Rossella, compleanno in prigionia

Oggi Rossella Urru compie trent'anni e, sempre oggi, si compiono cinque mesi della sua prigionia. La nostra inchiesta sul suo rapimento.

La crisi del Sahara Occidentale

22/03/2012
Repubblica Araba Saharawi è l'ultimo Stato africano non ancora decolonizzato.
Repubblica Araba Saharawi è l'ultimo Stato africano non ancora decolonizzato.

Una nazione in cerca di patria, quella dei saharawi. La loro storia è la storia dell’ultimo Stato africano non ancora decolonizzato. E di un popolo in esilio da 37 anni. Quel popolo che Rossella Urru ha scelto di aiutare.

Tutto ha inizio nel 1975, quando la Spagna, ex colonizzatrice, si ritira dall’allora Sahara spagnolo, con la promessa di rendere possibile il referendum sull’autodeterminazione del popolo saharawi, chiesto dall’Onu già dal 1966 e mai tenuto. Il Marocco di re Hassan II, il 6 novembre del 1975, raccoglie il testimone dagli spagnoli, occupando per metà il Paese con una “marcia verde” di 350 mila coloni. L’altra metà viene invasa dalla Mauritania, che si ritira pochi anni dopo.

Bambini che giocano con alcuni copertoni alle porte della cittadina.
Bambini che giocano con alcuni copertoni alle porte della cittadina.

Nel frattempo il Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro (Polisario) inizia una guerra di liberazione contro l'esercito marocchino conclusasi con il cessate il fuoco del 6 settembre 1991. Da allora l’Onu è presente con i caschi blu della Minurso (Missione delle Nazioni unite per il referendum nel Sahara occidentale), che devono vigilare sul rispetto della tregua e creare le condizioni per la tenuta del referendum. Ma a distanza di vent’anni non cambia nulla. Il Regno di Marocco edifica un muro nel deserto per controllare le terre occupate, disseminando accanto ad esso milioni di mine anti-uomo. Dal canto suo il Fronte Polisario costituisce la Republica Arabe Saharawi Democratica (Rasd), riconosciuta dall’Unione africana ma non dall’Onu. Lo scorso 27 febbraio ha celebrato i 37 anni di vita.

Ma i Paesi chiamati in causa nella partita sono almeno altri due. L’Algeria, l’alleato più forte dei saharawi, che accoglie tutt’ora sul proprio territorio, nei campi rifugiati della zona di Tindouf, la maggior parte degli esuli del 1975. Proprio là dove è stata sequestrata Rossella Urru. Infine la Francia, ex colonizzatrice sia del Marocco che dell’Algeria, il cui parere sull’autodeterminazione, in seno all’Onu, è sempre stato contrario. Un mosaico di interessi geopolitici trasversali, che si intrecciano e si scontrano, tra il Maghreb e l’Europa meridionale. E che, almeno fino a oggi, ha reso impotente la comunità internazionale.

Oggi come ieri, i saharawi continuano a restare ai margini di questi 270 chilometri quadrati di deserto affacciati sull’Atlantico. Da sempre denunciano la spoliazione delle risorse naturali del proprio territorio da parte del Regno di Marocco. Da una parte l’industria ittica, dato che il Sahara occidentale è bagnato da uno dei tratti di Oceano più pescosi d’Africa. Dall’altra i giacimenti di fosfati, i più grandi del mondo, che si trovano proprio nei pressi di Al Aaiún. Secondo dati riportati recentemente dal periodico Jeune Afrique, l’Office Chérifien des phosphates (Ocp) risulta essere la seconda industria del Nord Africa, come giro d’affari annuo, dopo la Socotec, il magnate del gas algerino. Un piatto saporito sul quale in tanti, troppi, hanno allungato le mani. Nel 2003, l’inviato speciale delle Nazioni Unite, James Baker, propose un governo congiunto di transizione per cinque anni, in vista del referendum. Secco è giunto il rifiuto di Mohammed VI. L’unica proposta di Rabat è quella di una larga autonomia per la regione. Ma in ogni caso sotto la corona marocchina.

Con buona pace dell’Onu e della sua missione.

Gilberto Mastromatteo
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