Armi made in Italy, cresce l'export

Rete disarmo e Tavola della pace analizzano il Rapporto 2012 del Governo. Aumentano le esportazioni verso le zone di maggior tensione del mondo ma diminuiscono le informazioni fornite.

Nel 2011 sono aumentate le autorizzazioni a esportare

05/05/2012
Questa foto e quella di copertina sono di Nino Leto.
Questa foto e quella di copertina sono di Nino Leto.

Nel 2011 le autorizzazioni alle esportazioni di armamenti sono aumentate del 5,28%. E le operazioni più consistenti riguardano Paesi come l'Algeria e Singapore, al di fuori delle tradizionali alleanze dell'Italia: solo il 36% delle autorizzazioni, infatti, è verso Stati della Nato, dell'Ue o dell'Osce (per un valore di 1,1 miliardi di Euro), mentre oltre il 64% (per un valore di 1,959 miliardi di euro) è diretto verso Paesi non inseriti in queste rete di rapporti diplomatici che si nutre di valori comuni.


Non si tratta di dati isolati, ma di una tendenza in atto da tempo. Nell'ultimo triennio, come rivela un'analisi congiunta dei rapporti governativi, le direttrici delle esportazioni italiane sembrano essersi nuovamente orientate verso Paesi in via di sviluppo. Qualcosa di simile a quello che accadeva negli anni '70 e '80. «Questi dati allarmanti – commenta Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace – dimostrano che le armi si vendono nei Paesi dove cresce l'instabilità, in contrasto con i principi della Costituzione e della legge 185 del 1990. E' particolarmente grave che l'elenco dei destinatari includa anche territori carichi di conflitti e tensioni». 

«Nel 2011 il primo Paese acquirente di armi italiane è stato l'Algeria, una terra in grave difficoltà economica, dalla quale arrivano anche denunce di violazioni dei diritti umani», prosegue Lotti. «E che dire della Libia e della Siria, due Paesi verso cui l'Italia ha esportato sistemi militari più di qualunque altro Stato europeo? Le armi uccidono la democrazia prima ancora che le persone e la vendita indiscriminata di materiali bellici rischia di ritorcersi contro le stesse politiche di sicurezza stabilite a livello nazionale ed europeo». Solo un serio confronto politico potrebbe aiutare a far luce su questioni così delicate «ma finora – fa notare ancora Lotti -  il Parlamento non ha mai discusso le relazioni annuali presentate dal Governo. Possibile che le commissioni competenti non abbiano trovato il tempo per analizzare i dati? Emerge da parte delle Camere una pericolosa disattenzione: in questo modo non è neppure possibile portare alla luce le contraddizioni contenute nei resoconti annuali». 

Ecco perché la Rete italiana per il disarmo e la Tavola della pace lavorano per iniziare quanto prima un confronto politico e chiedono al governo Monti un incontro urgente sulle esportazioni militari: «Molti punti sono da chiarire – conclude Lotti – Al momento non sappiamo neppure chi sia il consigliere militare dell'attuale esecutivo. Tuttavia vogliamo prendere sul serio la volontà di cambiamento espressa da questo Governo. Continueremo a procedere con gli strumenti che ci sono propri, confronto non violento e mobilitazione della società civile, nella speranza che il muro di silenzio, divenuto di anno in anno sempre più impenetrabile, si rompa lasciando il posto a una maggiore trasparenza».  

Lorenzo Montanaro
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