26/03/2012
Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace. Foto Milestone
«Ci siamo.
Tra martedì 27 e mercoledì 28 marzo, il dibattito sui controversi cacciabombardieri F-35 sbarca in Parlamento. L’aula di Montecitorio è chiamata a discutere e votare le ben otto mozioni depositate al riguardo. Sempre mercoledì 28 marzo, poi, la Commissione Difesa della Camera è chiamata a proseguire la discussione sulla revisione dello strumento militare.
Chissà se sarà solo un momento di bassa amministrazione o di alta politica, chissà se tutto si risolverà nell’avallare le assurde pretese del Ministro Di Paola o davvero si procederà a ridurre seriamente le spese militari».
Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, parla tenendo davanti a sé i resoconti dei lavori parlamentari: verbali delle audizioni, relazioni, tabelle allegate. «Prima d'essere una questione di principi e di valori, è un problema di buon senso», esordisce Lotti. «Questo Governo sta incidendo la carne viva della gente. A partire dalle pensioni e dagli stipendi (chi li ha) di marzo, gli sforzi per il risanamento passeranno dalle parole ai fatti. Per tacere dell'azzeramento dei fondi per le persone non autosufficienti e di altre operazioni che riducono o, in taluni casi, cancellano, il welfare. Siamo destinati a diventare tutti un po' più poveri e insicuri.
Almeno si fossero battute tutte le strade possibili! Non è stato così. I soldi vanno presi là dove ci sono. Tralasciando i miliardi che si dovrebbero recuperare grazie a una seria lotta contro la corruzione e contro l'evasione fiscale, si sa che in alcuni capitoli di spesa i soldi ci sono, eccome».
Foto Eidon.
«Per il 2012, il bilancio della Difesa è pari a 19.962 milioni di euro», prosegue Flavio Lotti. «Per la funzione difesa, riferita alle tre armi - Esercito, Marina e Aeronautica - sono stanziati 14.111 milioni di euro, a questi vanno aggiunti 5.850 milioni di euro per la funzione sicurezza del territorio (i Carabinieri). Ma si arriva facilmente ad una spesa complessiva - verificata - di oltre 23 miliardi di euro se a tutto ciò si sommano le spese per le missioni all’estero e gli stanziamenti del ministero dello Sviluppo economico per l’acquisto dei vari sistemi d’arma, dagli aerei da combattimento alle fregate».
«Si viene così al punto», incalza Lotti. «Per la Difesa si spende troppo e male. E si spreca ancora di più. Succede da troppo tempo e non ce lo possiamo più permettere. Dobbiamo spendere meno. E meglio. Soprattutto bisogna spendere dopo essersi chiariti bene le idee come Paese. Da chi e da cosa siamo minacciati? Di quale sicurezza stiamo parlando? In una situazione di allarmante crisi economica come la nostra che senso ha acquistare cacciabombardieri quando le volanti della Polizia non escono perché non ci si può permettere la manutenzione necessaria o, peggio, perché non si hanno più soldi per la benzina?».
«Il mettere a fuoco i pericoli che il Paese corre, le strategie necessarie a contrastarli, lo strumento militare adeguato ai tempi e le spese necessarie a fare il tutto si chiama, con un termine riassuntivo, Modello di difesa», precisa Lotti. «Dovrebbe occuparsene il Parlamento, che invece sembra fin qui esautorato dalla funzione di indirizzo politico. Il ministro Giampaolo Di Paola ha detto che si devono progressivamente tagliare del 20 per cento gli organici che fanno capo alla Difesa, passando da 183 mila a 150 mila militari e da 30 mila a 20 mila civili. Poi ci ha spiegato che bastano 90 cacciabombardieri F-35 della Lockheed Martin contro i 131 aerei previsti all'inizio. Il risultato, però, non sarà una riduzione della spesa militare ma un aumento della spesa pubblica. Il Ministro intende trasferire parte dei costi del personale su altri capitoli del bilancio dello Stato e reimpiegare i risparmi effettuati nell'acquisto di altre costosissime armi. Per partecipare a missioni di pace (tipo quella in Libano, per capirci) non ci vogliono né portaerei né cacciabombardieri. Quelle armi servono solo per partecipare alla guerra vera e propria, tipo quelle che abbiamo combattuto in Irak e in Libia. L'impressione è che si continui a parlare delle prime attrezzandosi in realtà per le seconde. E lo si vuole fare senza un opportuno dibattito nel Paese e il necessario confronto in Parlamento».
Alberto Chiara
A cura di Alberto Chiara