Niente parata, lo chiedono in molti

Cresce il consenso di ampi settori della società civile e della politica attorno alla richiesta di cancellare la parata del 2 giugno. Ultimi esempi: Tavola della pace e Sbilanciamoci.

Lavoro, non bombe: la proposta della Tavola della pace

30/05/2012

«Quello che vogliamo è il lavoro, non le bombe. Il lavoro ci dà la vita, le bombe ce la tolgono. Il lavoro crea sicurezza, le bombe la distruggono. Vogliamo che i nostri soldi siano spesi per creare dignità e lavoro, non per comprare altre bombe».

     Così inizia l’appello lanciato dalla Tavola della pace, dal titolo “Lavoro non bombe”. «Senza lavoro non c’è pace né giustizia», continua la petizione. «Milioni di persone in Italia non hanno un lavoro dignitoso. Milioni di persone nel mondo vivono nella miseria sotto l’incubo delle bombe. Bisogna cambiare strada. Tagliare le spese militari per liberare risorse, investire sui giovani, sul lavoro e lo stato sociale. Questo chiediamo alla politica e alle istituzioni. Per ritrovare un po’ di pace, per uscire dalla crisi insieme, più liberi ed eguali».

     L’iniziativa della Tavola della Pace intende così dare seguito alle polemiche suscitate dalla decisione del Presidente Napolitano di confermare la parata militare prevista in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno, nonostante l’emergenza-terremoto.

     «Rispettiamo la volontà del Presidente della Repubblica», dice Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace, «ma ci permettiamo di sollevare alcune osservazioni. La prima. Se deve essere una parata sobria è necessario che i militari rivedano il programma e riducano le spese. I dati diffusi dal Ministero della Difesa si riferiscono alla Parata programmata prima del terremoto. Ora quel programma va rivisto. Ad esempio lasciando in caserma tutti i carri armati e i mezzi militari e riducendo in modo significativo il numero dei militari che dovranno sfilare».

     La Tavola della pace, inoltre, chiede chiarimenti sul costo reale della manifestazione militare: «Nessuno sa quale sia il costo reale di questa Parata», aggiunge Lotti. «Ufficialmente il Ministero della Difesa parla di una stima che va da 2,6 a 2,9 milioni di euro. Perché si parla di stima e non di costo reale? L’anno scorso il Ministro La Russa rispondendo a un’interrogazione parlamentare aveva indicato un costo di 3 milioni di euro. In realtà la spesa nel 2011 è stata di ben 4,398 milioni».

     Parole dure anche sullo slogan della parata di quest’anno (“Le Forze Armate, al servizio del Paese”): «Ci chiediamo cosa si intenda per “servizio”, visto che – e pochi lo sanno – l’esercito si fa pagare per ogni intervento di protezione civile. È già successo all’inizio dell’anno per l’emergenza neve quando i sindaci chiesero la collaborazione dei militari e si sentirono rispondere che l’intervento doveva essere pagato».

     «Questa assurda pretesa», aggiunge il coordinatore della Tavola della Pace, «rischia di diventare la regola se verrà approvato il disegno di legge-delega per la revisione dello strumento militare presentato in Parlamento dal ministro della Difesa Giampaolo Di Paola. A che ci serve spendere più di 23 miliardi di euro per mantenere in vita un apparato elefantiaco di 190.000 uomini che quando devono portare soccorso alla popolazione pretendono un pagamento?»

     Insomma, l’associazione di Perugia chiede all’opinione pubblica di mobilitarsi, perché – dice – la questione va ben oltre la parata del 2 giugno.

     Da qui l’iniziativa della petizione: «Mentre la crisi economica e finanziaria continua a colpire i giovani e a mettere in ginocchio tantissime famiglie», conclude Flavio Lotti, «l’Italia continua a spendere decine di miliardi di euro per comprare armi, fare la guerra in Afghanistan e mantenere in vita un faraonico apparato militare. Nonostante la forte pressione suscitata dalla mobilitazione contro l’acquisto dei cacciabombardieri F35, il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha confermato l’acquisto di 90 di questi velivoli e disegna una riforma che costerà centinaia di miliardi di euro. Riprendiamoci la parola e diciamo chiaro e forte: “Quello che vogliamo è il lavoro, non le bombe!”»

     La petizione si trova al sito www.perlapace.it, oppure su www.facebook.com/ LavoroNonBombe.

Luciano Scalettari
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