29/02/2012
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C'è un'associazione formata da cinque enti (tutti costituiti dallo stesso titolare) che si occupa di assistenza domiciliare ai non vedenti, malati tumorali e cardiopatici, ma che non ha mai erogato nessun servizio. C'è un’altra che per fini umanitari raccoglieva fondi fino a un milione di euro l’anno, ma i cui proventi non si sa dove siano andati a finire. E ancora: ecco un’associazione la cui attività principale era la raccolta fondi e che nel 2008 aveva incassato ben oltre un milione di euro. Di questa somma però ai soggetti svantaggiati arriva ben poco, sotto forma di "aiuti in natura" (contenitori di cibo e materiale medico) erogati con un sistema di scatole cinesi. Sono questi sono alcuni casi di “Onlus fantasma”, che negli ultimi anni (dal 2007 al 2012) l’Agenzia del Terzo settore ha contribuito a far chiudere, dando parere positivo per la cancellazione all’Agenzia delle entrate. Un’attività a rischio dopo l’annunciata chiusura dell’Agenzia e il relativo passaggio di competenza alla direzione per il volontariato e l’associazionismo del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Tra i casi più eclatanti, tra i 3.313 a cui l’Agenzia per il terzo settore ha dato parere positivo per la cancellazione (vedi lancio precedente), spicca un’associazione della Lombardia. Da statuto la Onlus, poi risultata fasulla, doveva occuparsi di assistenza sociale e socio-sanitaria, lo scopo dichiarato era “assistere bambini poveri, malati e sofferenti e le loro famiglie in tutto il mondo, indipendentemente dalla loro razza, religione, nazionalità o etnia, in particolare fornendo cibo, vestiario, alloggio, medicine e altri generi di conforto; e promuovere altri scopi di solidarietà sociale individuati di volta in volta dalla associazione”.
Ma a far parte della struttura associativa dal fine ambizioso erano solo due soci fondatori e un terzo soggetto (rappresentante l’associazione anche nel corso delle verifiche fiscali) che, dopo aver assunto la qualifica di socio nel 2008 pochi mesi dopo aveva dato le dimissioni restando, tuttavia un dipendente e il vicepresidente europeo. Alla richiesta di chiarimenti in merito all’esiguità del numero di soci i tre rispondevano che “non erano mai pervenute richieste”. Ma insolita non era solo la struttura organizzativa. A insospettire, prima la finanza e poi l’Agenzia del terzo settore, è stato anche lo strano modo di fare beneficenza. A fronte di circa un milione di euro raccolti nel 2008 ne venivano utilizzati circa duecentomila per la raccolta e la spedizione di “aiuti in natura” (non verificabili) e ventimila per “aiuti in denaro”. L
’attività di fund raising era gestita da una società esterna che ha avuto come corrispettivo 832.632 euro nel 2008, 1.631.020 euro nel 2009 ed 628.331 euro nel 2010. E ad amministrarla era il vicepresidente europeo ( il terzo socio che si era dimesso a distanza di pochi mesi) che percepiva compensi pari al compenso percepito dalla stessa società.
Insomma un vero e proprio “gioco delle tre carte”, dove i fondi percepiti attraverso le raccolte fondi, venivano utilizzati per la maggior parte per il pagamento delle spese di raccolta verso società di cui erano parte gli stessi soggetti che costituivano la Onlus.
Anche perché i controlli hanno verificato che l’associazione non sosteneva alcun costo per il reperimento dei beni in natura da destinare ai soggetti svantaggiati, ma riconosceva un corrispettivo per il servizio reso da altri soggetti (comprensivo delle spese di spedizione) svolgendo, dunque, un mero ruolo di intermediazione.
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Un caso grave, segnalato anche alla Procura della Repubblica, ma non
unico. In Toscana, per esempio, è stata segnalata un’associazione nata
ufficialmente con lo scopo di “raggruppare in campo nazionale ed
extranazionale e di assistere socialmente i non vedenti e i singoli
sofferenti di gravi disturbi alla vista – si legge nello statuto - per
rappresentarli e tutelarli negli interessi materiali e morali, di
sollecitare in tutte le forme possibili la integrale realizzazione dei
principi sanciti nei loro confronti dalla Costituzione, dagli Statuti e
dalle costituzioni degli altri Stati Europei ed extra-europei e relative
direttive o deliberazioni e leggi nazionali o internazionali”.
l
rappresentante legale dell’associazione, che ricopriva lo stesso ruolo
in altre cinque onlus, tutte con la stessa sede legale, era stato in
passato già coinvolto in un traffico illecito di abiti usati raccolti
attraverso associazioni fittizie. La raccolta fondi avveniva contattando
telefonicamente soggetti scelti a caso a cui veniva chiesto un
contributo per l’assistenza domiciliare dei ciechi e ipovedenti. Secondo
quanto dichiarato dal rappresentante legale l’attività svolta
consisteva nel trasporto anche di persone invalide, ma non sono state
mai rinvenute né presentate prove documentali o altro a testimonianza di
un effettivo esercizio di tale attività. E non c’è traccia di persone
disabili che ne abbiano effettivamente usufruito. Nelle note inviate dal
presidente dell’associazione ad alcuni donatori si legge che i fondi
raccolti sarebbero serviti anche per finanziare “la consegna di cani
guida ovvero sperimentare la prima abitazione con comando vocale”. Ma
anche di questo nessuna traccia. Le uniche uscite dell’associazione
erano rappresentante dai rimborsi spesa ai volontari, senza però alcuna
documentazione attestante le spese sostenute. Anche qui oltre la
cancellazione dall’Anagrafe delle Onlus si è passati alle vie legali.
E
ancora in Toscana un caso di associazione per fini umanitari costituita
per contrastare “la lotta alla fame nel mondo e lo sviluppo delle
strutture sanitarie con particolare riferimento a interventi favori dei
bambini dell’Africa e dell’America centrale” che ha raccolto più di un
milione di euro, che non si sa bene dove siano finiti.
La Onlus
risultava formalmente ineccepibile dal punto di vista formale, ma senza
requisiti da punto di vista sostanziale. I soci avevano messo su,
infatti, un sistema di scatole cinesi: l’associazione non si occupava
direttamente dell’attività di erogazione di beni in natura ma si
avvaleva di due associazioni con sede negli Stati Uniti, delle quali
L’Agenzia del Terzo settore non è riuscita a stabilire l’esatta natura
giuridica.
Non solo, ma dal 2006 al 2010 la falsa onlus ha erogato
direttamente a enti e istituzione estere in paesi in via di sviluppo
risorse finanziare che corrispondono, in media, a un esiguo 5% dei fondi
raccolti dall’ente. La lista delle Onlus sospette potrebbe continuare,
sono infatti più di tremila quelle a cui l’Agenzia del Terzo settore ha
dato parere positivo per la cancellazione dal 2007 al 2011. E già
diciotto quelle individuate nei primi mesi del 2012.
FamigliaCristiana.it - RedattoreSociale.it