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Pura di sorgente o minerale?

Né liscia, né frizzante ma solamente acqua di sorgente, che viene imbottigliata allo stato naturale destinata al consumo. Sarà sicura? Abbastanza, ma non proprio, perché questa acqua sorgiva potrà subire alcune operazioni di maquillage, come la separazione degli  elementi indesiderabili tipo l’arsenico trattato con ozono, oppure i composti del ferro. Si  può aggiungere o eliminare dell’anidride carbonica mentre sono vietati i trattamenti di potabilizzazione, con aggiunta di cloro o sostanze battericide o altri trattamenti che la  modificano. L’acqua di sorgente ha il pregio di poter essere utilizzata come base per  preparare le bevande analcoliche.
Altra cosa sono le qualità vantate per le acque minerali che beviamo (che poi sono nella maggior parte acque oligominerali), sono quelle legate al loro basso residuo fisso, che induce un’azione diuretica e sono indicate nella calcolosi  renale, nelle cistiti. Però, se bevute in eccesso, sono in parte controindicate ai bambini perché provocherebbero una grande eliminazione di urine e, quindi, una perdita di minerali essenziali per la vita.
Si crede spesso che l’acqua minerale in bottiglia possa curare quasi tutto ciò che è scritto in etichetta ma in effetti può solo aiutare. L’acqua nel sottosuolo si carica di minerali che conferiscono particolari proprietà. Le acque ricche di calcio che si trovano in giusto rapporto col fosforo sono utili nell’osteoporosi ma dannose nei calcoli renali; quelle ricche di sodio sono utili per gli ipotesi e dannose per la pressione alta; quelle ricche di ferro sono consigliate agli anemici e non ai gastritici, quelle con lo zolfo sono utili agli stitici e dannose per i diarroici; quelle col magnesio sono anch’esse utili alla stipsi; infine, quelle ricche di fluoro sono anticarie ma possono creare scompensi  metabolici.

ACQUA MINERALE
Deve essere pura alla fonte ma può subire trattamenti con ozono per ridurre l’arsenico.

ACQUA DI SORGENTE
Pura alla fonte, è una via di mezzo tra l’acqua minerale e l’acqua di rubinetto.

ACQUA A USO UMANO
È la comune acqua potabile che può essere venduta in bottiglia come “acqua da tavola”.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Parkinson, la dieta che può aiutare

Nel morbo di Parkinson seguire una giusta e adeguata dieta permette di migliorare gli  invalidanti effetti collaterali della malattia (tremori e scatti improvvisi). Chi scrive, già da  molti anni assieme al collega Pincus della Jefferson University di Philadelphia, ha validato un regime alimentare basato su una dieta ipoproteica (non più di 7 grammi di proteine) a pranzo e poi normoproteica a cena. Ciò è dovuto al fatto che i pasti possono interferire  con l’efficacia dei farmaci per questo morbo.
La Levodopa è un amminoacido neutro che, per essere assorbito e arrivare al cervello, ha bisogno di essere aiutato metabolicamente, ma se si ferma già nello stomaco viene degradato dagli enzimi gastrici e si inattiva parzialmente. Infatti, più a lungo rimane nello stomaco e più è degradato, perdendo così la sua efficacia. Bisogna, quindi, assumere i cibi che aumentano la velocità di svuotamento dello stomaco come, ad esempio, proteine, carboidrati e fibre, mentre i grassi rallentano molto lo svuotamento gastrico. Anche la stipsi, però, può influire sfavorevolmente sulla quantità di farmaco assorbito, per cui è necessario cercare di avere un regolare transito intestinale.
La difficoltà da parte del paziente nel seguire questo regime dietetico è data dall’eccessivo contenimento della quota di proteine tra la prima colazione, lo spuntino di metà mattina e poi, infine, il pranzo. Si tratta di momenti in cui la presenza di latte e  latticini, al mattino e di carne, pesce uova, formaggi e verdure a pranzo, fa aumentare la quantità di proteine, tanto da superare abbondantemente i 7 grammi del mattino che noi abbiamo previsto. In questo modo si ottiene un minore assorbimento della Levodopa che comporta un aggravamento di tremori e scatti frequenti che invece diminuiscono  sensibilmente se non si superano i 7 grammi di proteine. Tutto ciò dimostra che una dieta adeguata può migliorare l’efficacia della Levodopa.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Una dieta per chi soffre di fegato

Molti soffrono di malfunzionamento del fegato e i termini “malattia di fegato” e “insufficienza epatica” sono stati usati a sproposito, perché si riferiscono per lo più a problemi di cattiva digestione o dispepsia.
Sia nell’eventualità di un’epatite acuta che nelle malattie croniche del fegato, comunque, per non affaticarlo, è preferibile suddividere il cibo giornaliero in 5-6 pasti, facendo due o tre spuntini con frutta, yogurt o cereali. L’alcol è  sempre vietato! Nella malattia di fegato, è necessario astenersi dalle bevande alcoliche, perché la sua ridotta capacità si traduce in un accumulo di grassi che causa la “steatosi epatica”. Anche il sale deve essere ridotto, perché fa ritenere liquidi nel corpo, con  formazione di edema.
I grassi, invece, non sono da proibire ma vanno assunti in maniera equilibrata, evitando solo le fritture e limitando i grassi animali. È stato, infatti,  ampiamente dimostrato che l’uso di diete rigidamente povere di grassi può essere  addirittura dannoso in caso di malattia al fegato. Viene poi raccomandato, come  condimento, l’uso dell’olio extravergine di oliva, perché ricco di acidi grassi essenziali,  vitamine e antiossidanti. Non è vero che le uova sono controindicate per chi soffre di disturbi epatici, se si eccettua il caso dei calcoli della colecisti, in cui le uova possono produrre spasmi, provocando coliche biliari. La dieta dei malati di fegato deve essere ricca in carboidrati complessi, come la pasta, riso, patate e cereali in genere. Le proteine non devono essere né abolite né ridotte nei malati cronici di fegato.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Una dieta per i calcoli renali

La calcolosi renale colpisce più il sesso maschile di quello femminile, con una maggioranza di pazienti sopra i trent’anni. Si tratta di una malattia che spesso si manifesta con  violentissime coliche, ma può essere anche silente. I calcoli contengono ossalato di calcio,
a volte misto a fosfato di calcio.
L’assunzione di grandi quantità di calcio, potassio e liquidi attraverso gli alimenti riduce il rischio della formazione di calcoli mentre l’integrazione con farmaci di calcio, sodio, proteine animali può essere pericolosa. La dieta prevede poca  carne e salumi, non più di 3-4 volte alla settimana e pochissimo sale. Si possono  consumare liberamente, invece, pane, pasta e pesce, mentre latte e formaggi devono  garantire una quota di 1 grammo circa al giorno di calcio, ma senza esagerare, per evitare un eccesso di calorie. Vanno così limitati tutti i cibi molto calorici, mentre è bene introdurre
alimenti leggeri come frutta e verdura fresca che contengono potassio, citrato e magnesio e svolgono un’azione protettiva. Da evitare, infine, l’ingestione di elevate quantità di  ossalato, uno dei mattoni fondamentali dei calcoli renali, di cui sono ricchi: noci, nocciole, arachidi, mandorle, barbabietole, spinaci, rabarbaro, alimenti questi che vanno consumati in modica quantità, anche se va detto che solo una piccola parte dell’ossalato urinario
deriva direttamente dall’alimentazione, la maggior parte ha, infatti, origine metabolica. Infine è determinante una buona idratazione, fino a tre litri d’acqua al giorno nella  stagione calda.
Con una dieta, così, oltre ai calcoli si evitano i chili di troppo.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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I diabetici a tavola

In Italia ci sono circa sei milioni di persone che soffrono di diabete e il trend è in crescita.
Occorre stabilizzare la glicemia durante il giorno, per avere probabilità di non ammalarsi
delle complicanze del diabete che riguardanogli occhi, i reni e il sistema nervoso. È molto importante mantenere normali i valori dei grassi nel sangue perché, a loro volta, incidono  sul diabete.
Il diabete sensibile alla dieta è quello di tipo II, o alimentare, infatti il paziente spesso è  anche in sovrappeso. Il primo obiettivo, aiutato dall’uso dei farmaci ipoglicemizzanti, è  quello di dimagrire. Il dimagrimento si ottiene adottando un’alimentazione corretta  associata a un’attività fisica moderata ma regolare. La riduzione del peso permette di  migliorare i valori di glicemia e dei livelli di grassi (colesterolo e trigliceridi) nel sangue. La  dieta del diabetico in sovrappeso non differisce da quella del paziente obeso, quindi, è  bene ridurre i cibi di origine animale, ricchi di grassi saturi, meglio preferire i carboidrati  complessi, come riso, pasta e legumi, in quantità ridotte, evitando gli zuccheri semplici,  come lo zucchero da cucina, il miele e i dolciumi e aumentando il consumo di fibre, cioè  verdure. Occorre mantenere un apporto generoso di proteine prediligendo quelle di  origine vegetale dei legumi, rispetto a quelle di origine animale, preferibilmente da pesci e carni bianche.
Si deve prestare particolare attenzione al consumo quotidiano di alcol, specie se i valori dei trigliceridi sono elevati, un po’ di vino ai pasti saltuariamente non è controindicato. La birra, invece, pur avendo meno alcol, ha molti più zuccheri semplici, come il maltosio, per  cui il suo uso deve essere ancora più limitato rispetto al vino.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Facciamoci una dieta a base di uova

Spesso i pazienti mi chiedono quante uova possono mangiare alla settimana e la risposta
non può essere univoca per tutti, perché bisogna tener conto di molti fattori individuali e
bisogna quantificare quante proteine e grassi si introducono in un giorno con gli altri  alimenti che li contengono. È bene, però, precisare che l’uovo è un cibo di grandissimo  pregio nutritivo e potrebbe essere mangiato da qualunque paziente, salvo da chi soffre di calcolosi della cistifellea o di colecistite recidivante. Quindi, la convinzione che l’uovo faccia male al fegato è solo una maldicenza! L’unico problema, infatti, è quello del contenuto di colesterolo naturalmente presente in tutti gli alimenti di origine animale, quindi anche nell’uovo, ma si sappia che pure chi soffre di ipercolesterolemia, in alternanza ad altri cibi
proteici di origine animale, può assumere almeno 2-3 uova alla settimana, senza che si abbiano problemi di aggravamento dello stato di salute. L’uovo ha delle proteine di  altissimo valore biologico e, qualitativamente, sono superiori a quelle della carne e del pesce; esse infatti contengono tutti gli amminoacidi essenziali in un rapporto ideale, tanto
da essere considerato un “metro” per misurare il valore delle proteine degli altri alimenti di origine animale e vegetale.
Spesso, molti considerano il tuorlo come l’elemento essenziale e salutista dell’uovo, ma  non sanno che l’albume, cioè la parte bianca, è proprio l’apportatrice delle buone proteine. Per l’albume, l’unica avvertenza potrebbe riguardare la sua digeribilità che migliora quando coagula, come succede quando lo portiamo con il calore a circa 70 ˚C. Così facendo, si  inattiva l’azione di una sostanza, l’avidina, che, a crudo, si lega a una vitamina, la biotina,  di cui è molto ricco il tuorlo, rendendola inefficace. Un uovo pesa in media 55-60 grammi e presenta circa 7 grammi di proteine, per cui da solo non è una fonte energetica  importante, ma di qualità; ecco perché le uova sono utili nelle diete dimagranti, visto che  apportano buone proteine senza esagerare nelle calorie.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Le mense scolastiche sempre più attente

Dopo una lunga esperienza come consulente dietologo alle mense scolastiche del Comune di Torino, voglio spiegare ai genitori con bambini in età scolastica, quale ruolo importante svolga oggi la mensa a scuola. Che cosa è cambiato rispetto al passato? Una ventina  d’anni fa, la mensa non godeva di buona reputazione poiché era intesa come luogo di  “parcheggio” dei bambini, oggi la mensa è, invece, considerata un servizio nutrizionale educativo per l’infanzia. Uno dei principali obiettivi è creare continuità con l’ambiente familiare.
Come vengono scelti gli alimenti nelle mense? A scuola la scelta viene effettuata tra  prodotti di qualità in base all’andamento stagionale, con molta variabilità, per introdurre  tutti i nutrienti esistenti in natura. Questo oggi, a causa della grave crisi economica, non sempre può avvenire nelle nostre case, specie per i meno abbienti. La minore disponibilità economica induce all’acquisto di cibi di scarso valore nutritivo e spesso di dubbia sicurezza igienica. La mamma cerca sempre di dare al proprio bambino del cibo buono e che sazi.
Nelle mense pubbliche figure specializzate: dietologi, tecnologi alimentari, dietisti mettono
a disposizione le loro conoscenze e la professionalità per elaborare dei menu che  rispettino le raccomandazioni nutrizionali italiane, fissando gli standard calorici e di  nutrienti dei pasti. Quante calorie dovrebbe contenere un pasto completo? Le calorie del pranzo devono essere il 35-40 per cento di quelle giornaliere. A Torino avevo introdotto un calendario per le famiglie che descriveva il menu consumato in mensa e la proposta del  pasto familiare per completare l’apporto di nutrienti.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Affidabili i test per intolleranze alimentari?

Negli ultimi dieci anni è esplosa in Italia la moda di eseguire i test per le intolleranze alimentari, perché qualcuno ha imputato a queste la causa dell’ingrassamento. Dopo aver analizzato la letteratura scientifica si è concluso che si tratta di metodi superficiali e non comprovati scientificamente, che quindi sono da evitare. Gli unici test allergologici validi si fanno in strutture ospedaliere o in laboratori convenzionati, dove si riscontrano con  certezza due intolleranze: quella al lattosio e quella al glutine (per i celiaci).
A tutt’oggi non esiste alcun esame di laboratorio in grado di valutare scientificamente la  presenza di altre intolleranze, oltre a queste due; quindi, come possono gli altri test dare certezza? Un dato dovrebbe convincere della totale mancanza di basi scientifiche e infatti tutti i pazienti che si sottopongono a questi test alternativi risultano intolleranti agli stessi alimenti: grano, lieviti e lattosio! Non si capisce come i pazienti continuino a sottoporsi a questi esami, le cui conseguenze terapeutiche nutrizionali possono essere anche  pericolose, perché fanno eliminare molti alimenti indispensabili alla salute. Oggi ci sono in giro, nei vari laboratori e studi medici, molte attrezzature che eseguono test Vega,  Citotest e test del capello che difficilmente riescono a dimostrare la vera intolleranza.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Sportivi, assumete gli integratori con cautela

Chi fa un’attività sportiva cerca di migliorare la propria salute e le proprie prestazioni in modo naturale, ma spesso imbocca la strada più corta degli integratori alimentari. Ciò quasi sempre non trova giustificazione, anche da un punto di vista morale, e rischia di  sdoganare altre metodiche fortemente rischiose. Che cosa si intende per integratori  alimentari? Sono prodotti estratti, concentrati di nutrienti, con vari ingredienti a dosaggi  più o meno equilibrati. Tra gli ingredienti di questi integratori ci possono essere vitamine, sali minerali, amminoacidi, acidi grassi essenziali, fibre vegetali, vari tipi di estratti vegetali
e altri componenti ancora. Come si vede sono elementi validi ma se introdotti in eccesso creano problemi, perché spesso sono auto prescritti. Gli integratori alimentari si possono comprare ovunque, anche al supermercato, per cui, vista la facilità di approvvigionamento, spesso non si è preparati alla giusta somministrazione. Per garantire la sicurezza di questi prodotti, infatti, è necessario fissare i livelli massimi di assunzione delle singole unità del  prodotto, per questo l’etichettatura diventa elemento importante per consentire di   assumere dosi corrette.  Invece, pensando che un prodotto mantenga le promesse a un certo dosaggio, si crede che raddoppiandolo faccia ancora meglio, e non è vero, anzi,  spesso è proprio il contrario. Facciamo un esempio: l’esagerata introduzione di Vitamina A, può portare a un apparente stato di ittero (pelle molto gialla) e a danni della visione nelle ore crepuscolari. Un eccesso di proteine può provocare danni al rene così come un eccesso di zuccheri specie nelle bevande integratori, può danneggiare il pancreas e l’eccesso di grassi nei maratoneti il cuore.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Un anziano deve mangiare quanto un adulto?

Adifferenza di noi adulti, l’anziano necessita di molto meno cibo perché con la senilità si  rallenta il metabolismo basale. Anche la muscolatura scheletrica a causa della ridotta  attività fisica subisce una diminuzione. Sono, dunque, necessarie meno calorie, ma un giusto apporto di nutrienti. Dopo i 50 anni, ogni 10 anni occorre diminuire le calorie del 10 per cento. Le persone anziane, inoltre, sono a rischio di carenza di ferro che si può  prevenire aumentando il consumo di uova, carne rossa e petto di pollo, pesce, legumi e  spinaci. Bisogna stare attenti, inoltre, a introdurre spesso cibi ricchi di fibra (cereali, legumi, mele eccetera). Questi alimenti, accompagnati da un’abbondante quantità di liquidi, circa due litri d’acqua al giorno, che oltre a preservare la funzionalità renale danno un senso di sazietà, contribuiscono proprio a regolare l’intestino che in genere tende alla stipsi.
È bene ancora suddividere in cinque pasti le calorie: uno leggero al mattino, con una tazza di  caffellatte accompagnato da qualche biscotto. Il pranzo, costituito da pane e cereali, cibi ricchi di proteine (carne, pesce, uova), verdura e frutta fresca ricca di vitamine. Grassi in piccola quantità, come condimento. Sono preferibili tecniche di cucina delicate, come la cottura al forno, al vapore... Si aggiungono meno grassi e si alleggerisce il fegato.
La cena deve essere parca perché un pasto abbondante rende la digestione lenta e  laboriosa e concilia male il sonno. Infine, fare poi due leggeri spuntini, uno ametà mattino e l’altro a metà pomeriggio che contribuisce a non arrivare affamati a cena. Un anziano ben curato da un punto di vista alimentare è più sano e pesa meno sul sistema sanitario,
ma è anche più contento.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Come nutrirsi in gravidanza

La gravidanza è uno dei momenti della vita in cui l’alimentazione è più importante del solito, tanto per la madre quanto per la nuova vita, e le conseguenze di una cattiva alimentazione possono essere gravi per la gestante, con conseguenti problemi durante la
gravidanza, come l’aumento della pressione e di alcuni parametri importanti nel sangue,
ad esempio la glicemia.
Anche la gravidanza potrebbe risentire di tali problemi, soprattutto sullo sviluppo del bambino. La prima cosa che una donna deve fare prima di incominciare il cammino della gravidanza è avere un giusto peso corporeo. Se una donna si trova in sovrappeso deve tornare a un peso accettabile prima di iniziare la gravidanza, perché proprio l’eccesso di grasso può causare problemi specie nelle ultime settimane, particolarmente se la donna ha oltre 40 anni. Esistono valutazioni generali sul peso della gravida e oggi si è concordi  nel dare molta importanza alla forma iniziale della madre, così come all’incremento di chili  durante il primo trimestre. Se la gravidanza non è preceduta da un peso equilibrato, è  consigliabile seguire un regime alimentare personalizzato preparato da uno specialista  nutrizionista. La stessa cosa vale nel caso inverso di eccessiva magrezza. Anche le donne con una gravidanza normale e in forma devono però, necessariamente, seguire controlli per l’importanza della nutrizione in questo particolare periodo che coinvolge la vita di due persone.
È stato dimostrato che il peso di nascita del bambino è influenzato dall’aumento di chili durante la gravidanza. I bambini nati da donne obese si presentano più piccoli e con  possibili difetti congeniti del cuore e del tubo neurale. La donna obesa provoca una
“sofferenza fetale” al suo bimbo.
In gravidanza i cibi da preferire sono frutta e verdura in cinque porzioni al giorno, con alternanza di legumi, pesce e carni, meglio se bianche.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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È vero che con la menopausa si ingrassa di più

La menopausa è un evento normale della vita della donna in cui si conclude il periodo  fertile con scomparsa del ciclo mestruale. Mediamente la donna raggiunge questo periodo intorno ai 50 anni. Cosa accade? Si modifica la produzione ormonale, non c’è più equilibrio nell’alternanza estrogeno-progestinica e ne risente anche il metabolismo. Prima del ciclo la donna trattiene di più, prova cioè quello stato di gonfiore, lo stesso però sparisce dopo il ciclo, in menopausa non più. Il senso di gonfiore tende a diventare più accentuato, si impigrisce anche l’intestino e incomincia la fase di accumulo che fa arrivare al sovrappeso. Bisogna ridurre le calorie quotidiane ed eseguire una buona attività fisica. Quali nutrienti scegliere? Tra i carboidrati è meglio scegliere la pasta, il riso, i legumi, che fanno produrre meno insulina e placano il senso della fame. Le proteine sono indispensabili ma occorre alternare quelle di origine animali con quelle vegetali, favorendo queste ultime. La stessa cosa vale per i grassi, meglio preferire l’olio di oliva extravergine e gli omega-3 propri dei pesci, ricchi di polinsaturi che troviamo anche nella frutta secca. Per apportare vitamine e sali minerali, è necessario consumare quotidianamente frutta e verdura; il minerale più  importante per prevenire e curare l’osteoporosi in questa fase menopausale è il calcio, di
cui sono ricchi i latticini. Per la stitichezza è bene assumere cibi ricchi di fibra vegetale
come pane, pasta e riso integrale, oltre che frutta e verdura. Bisogna bere tanta acqua nella giornata (1,5-2 litri) e limitare molto l’uso del sale evitando i cibi in scatola e i dadi per brodo.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Diete, non esageriamo con le proteine

Spesso, specialmente in primavera, si sente parlare di diete dimagranti miracolose dai nomi eccentrici, ma in effetti si tratta quasi sempre della stessa dieta, cioè l’iperproteica!
Proposte dagli americani, le iperproteiche (Atkins, Scarsdale, Zona, South Beach eccetera) non servono a mantenere il peso forma e, se seguite per lungo tempo, possono rivelarsi dannose. Infatti, in America si continua ad avere come problema nazionale l’obesità.  All’inizio si perde acqua e, quindi, anche peso. Però si induce all’acetonemia (o chetosi) a causa della carenza di carboidrati, con conseguente acidificazione del sangue. L’organismo stesso cerca di correggere la chetosi recuperando zuccheri per non danneggiare i tessuti, in particolare il rene. Il fabbisogno calcolato di proteine da assumere al giorno varia da 88 a 92 grammi per gli uomini e da 63 a 66 grammi per le donne, mentre con la dieta  iperproteica si può arrivare da 100 fino a 225 grammi di proteine al giorno e l’organismo, non essendo in grado di sopportare questo eccesso, sottopone il rene e il fegato a un superlavoro. È lo stesso principio applicato dai culturisti che vogliono perdere massa  grassa e “gonfiare” i muscoli, ma anche il cuore è un muscolo, infatti molti culturisti  finiscono per avere gravi problemi cardiaci. Che cosa fare allora? Ecco i suggerimenti: non più di 50-100 grammi di proteine al giorno; la giusta suddivisione delle calorie è: 15 per cento dalle proteine, il 55 per cento dai carboidrati e il 30 per cento dai grassi; bisogna introdurre almeno 100 grammi di carboidrati al giorno per prevenire la perdita di massa magra; evitare l’eccesso di grassi animali; la dieta deve essere completa e varia per evitare deficit di vitamine, sali minerali o microelementi.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
03
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La carne fa male? Solo se fritta

In molte religioni alcuni cibi e bevande sono vietati, a noi cristiani Gesù Cristo ha tolto i  divieti sostenendo che: «…non c’è nulla fuori dall’uomo che, entrando in lui possa  contaminarlo, sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo» (Mc 7,15-16).
Non esistono infatti alimenti che, da soli, possano fare bene o male. Gli alimenti del  territorio e di stagione sono da preferire perché non subiscono molti trattamenti chimici necessari per la loro conservazione. Per la cottura è determinante l’uso dei grassi, specie se gli alimenti sono sottoposti a frittura che portano i grassi ad alta temperatura,  alterando o distruggendo le qualità nutritive di quel cibo e provocando, inoltre, prima disturbi digestivi e poi cardiocircolatori. Ad esempio, le verdure crude conservano intatto
il loro patrimonio di vitamine, fritte le perdono. Inoltre, la farina o la pastella necessarie  alla frittura si imbibiscono di grassi dannosi perché portati ad alta temperatura così  l’alimento da buono diventa nocivo. L’olio extravergine sulle verdure crude, invece,  favorisce l’assorbimento dei loro antiossidanti. Fra i cibi che hanno nomea di far male c’è, erroneamente, la carne, specie quella rossa, ma pochi si ricordano che questa è spesso servita fritta, come la milanese con le patatine fritte. Non è l’alimento che fa male ma  spesso sono le cattive compagnie che frequenta, cioè i condimenti grassi.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
30
set

Le mandorle sono grasse?

Quando mi capita di andare d’estate nella mia Sicilia a Rosolini (Siracusa), ancora oggi si incontrano per le vie tappeti di mandorle, liberate dal mallo, stese al sole ad
asciugare. In verità, la maggior produzione e l’eccellenza è storicamente legata alla città di Avola, poi l’attribuzione dell’Igp se l’è aggiudicata la vicina Noto.
Il consumo di frutta secca viene raccomandato perché correlato a una riduzione del rischio cardiovascolare e del diabete. Nonostante questo, spesso le diete dimagranti
escludono il consumo della frutta secca a causa del suo elevato apporto calorico. Alcuni studi hanno dimostrato che masticando bene le mandorle si ha un ridotto assorbimento del contenuto di lipidi, infatti, il grado di masticazione delle mandorle modifica la biodisponibilità
dei lipidi in esse contenuti, e di conseguenza variano sia il bilancio energetico, sia il senso di sazietà. Uno studio ha messo in relazione diversi gradi di masticazione delle mandorle (per 10, 25 o 40 volte) con la disponibilità
dei lipidi e il senso di sazietà.
Nei minuti immediatamente successivi al consumo di 55 grammi di mandorle, il senso di fame è stato ridotto e il senso di sazietà significativamente aumentato
nei soggetti che hanno masticato più a lungo. Conoscere il
ruolo della masticazione nell’assunzione del cibo può essere utile per valorizzare le diverse
proprietà degli alimenti a seconda degli obiettivi da raggiungere.
Nel nostro caso, le mandorle danno un ridotto apporto
di energia se masticate brevemente, mentre sono una
miglior fonte di vitamine, acidi grassi insaturi e antiossidanti se ben masticate.

Pubblicato il 30 settembre 2010 - Commenti (0)


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Cibo e Salute

Giorgio Calabrese

Giorgio Calabrese è un nutrizionista dell'Università Cattolica

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