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Attenti al latte cinese: è blu...

Poco tempo fa ha suscitato grande preoccupazione, anche in Italia, la notizia dei bambini cinesi con danni renali causati da latte inquinato con melamina e, in questi giorni,  purtroppo il caso si è ripetuto sempre in Cina: oltre 294 mila risulterebbero alla fine quelli esposti, più di 50 mila i ricoverati e almeno 6 i morti. Siccome in Italia esiste un’ampia  popolazione cinese, si ha la preoccupazione che costoro abbiano potuto importare dalla Cina quel tipo di latte pericoloso per la salute dei loro bambini, ma per ora non se ne ha alcuna notizia.
Si teme che possa arrivare sui nostri scaffali, in qualche hard discount come la mozzarella blu. La melamina è uno dei componenti di vari prodotti, come materie  plastiche, adesivi e colle, laminati e legno compensato, cementi, detergenti, vernici  ignifughe, e può essere aggiunta anche ai fertilizzanti e quindi assorbita, seppur diluita, dal suolo e dalle piante. Perché l’uso della melamina? Perché ha un alto contenuto di  azoto, il 66 per cento, a lungo usato come surrogato per stabilire il contenuto proteico di un alimento ed è stato addizionato intenzionalmente, perché il loro latte per bambini era troppo povero di proteine e aveva provocato in Cina casi di decadimento generale, per cui le autorità avevano intimato di migliorare il contenuto proteico, pena sanzioni severe. Ecco cosa potrebbe aver spinto all’adulterazione.
La melamina e il suo metabolita acido  cianurico sono tossici per l’uomo e gli animali e tutto dipende dal grado di concentrazione e dalla sua introduzione. La melamina, infatti, favorisce la formazione di calcoli e se l’ostruzione è marcata insorge l’insufficienza renale acuta. Secondo l’Organizzazione  mondiale della sanità, i piccoli cinesi hanno assunto da 40 a 200 volte la dose giornaliera tollerabile (Tdi), fissata per l’occasione in 0,2 milligrammi per kg di peso corporeo per la melamina e in 1,5 per il suo metabolita.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Una mela al giorno

Ci volevano gli australiani a provare scientificamente ciò che noi dietologi italiani diciamo da sempre: «Una mela al giorno toglie il medico di torno». Si è visto, infatti, dopo un’ampia sperimentazione, che le mele hanno la capacità di prevenire il diabete, ridurre il  colesterolo, di essere un fattore chiave nelle malattie di cuore e di migliorare il  metabolismo.
L’Apple report 2010, presentato alcuni giorni fa, descrive i benefici del  prezioso frutto anche per i soggetti che soffrono di asma e di allergie respiratorie, e per chi vuole perdere peso. Un aspetto veramente interessante è che i polifenoli contenuti  nella buccia, 200 milligrammi in media, possono abbassare il colesterolo del 5-8 per cento in chi consuma tre mele al giorno.
Questi frutti hanno anche un ruolo nel ridurre  il rischio di diabete tipo 2. Il rapporto indica che il rischio è ridotto del 28 per cento nelle donne che le mangiano ogni giorno, grazie probabilmente al loro basso indice glicemico, che fa sì che lo zucchero naturale, che le mele contengono, venga liberato lentamente nel flusso sanguigno, riducendo il desiderio di zucchero e di cibi dolci.
Le mele, inoltre, sono  anche una buona fonte di vitamina C, di potassio e di fibre, e poiché sono un frutto così solido che allunga i tempi di masticazione, possono aiutare a perdere peso, riducendo l’appetito, e i rischi di insorgenza della carie, specie nei bambini o in chi non ha la possibilità di lavare i denti dopo ogni pasto della giornata. La ricerca identifica il potenziale dei polifenoli della mela nel contrastare il grasso addominale e la loro azione sugli ormoni che regolano il metabolismo. Vi sono anche indicazioni secondo cui le donne che mangiano mele in gravidanza riducono il rischio di asma nel nascituro.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Con i farmaci a tavola

Cibo e farmaci a volte possono non andare d’accordo. È un problema che tocca coloro che assumono regolarmente medicine. È accertato che chi assume farmaci di tipo   anticoagulante, come i cardiopatici, deve evitare verdure a foglia larga, tipo lattuga e spinaci, perché possono interferire sull’azione anticoagulativa. Infatti, è sicuro che alcuni princìpi attivi possano influenzarsi reciprocamente, dando luogo a “interazioni”, cioè  fenomeni che possono ridurre l’effetto di una sostanza e potenziarne un’altra, oppure provocare sintomi spiacevoli, quali nausea, vomito o bruciori di stomaco. Lo stesso tipo di interazioni riguarda anche gli alimenti. Ecco perché è importante verificare non solo se un determinato medicinale deve essere assunto a stomaco pieno oppure lontano dai pasti, ma anche evitare, se espressamente indicato, l’assunzione di particolari cibi o bevande che potrebbero modificare il risultato.
Le bevande a base di cola ed energizzanti come il  caffè contengono caffeina e possono interferire con gli antipertensivi (in particolare beta-bloccanti) o potenziare l’effetto di antiasmatici (beta-agonisti). I formaggi stagionati contengono una particolare sostanza, la tiramina, che durante l’assunzione di farmaci  antidepressivi o per il morbo di Parkinson (i cosiddetti Mao-inibitori) può scatenare  pericolosi e improvvisi aumenti della pressione arteriosa sanguigna.
Assumere il succo di pompelmo almattino accelera l’attività del fegato, che trasforma ed elimina talvolta troppo velocemente i farmaci; pertanto è sconsigliato assumere questo succo durante le terapie, in particolare con i calcio-antagonisti, utili nell’ipertensione arteriosa.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Quel mal di testa che viene dopo mangiato

Spesso alcuni cibi sono accusati di provocare cefalea o emicrania e ci sono persone che individuano con precisione quale alimento o categoria scatena il terribile mal di testa. Per esempio, gli additivi alimentari come i conservanti (il più utilizzato è il mono-sodio- glutammato che conferisce il sapore salato oltre a favorire la conservazione) e poi i  coloranti, gli addensanti e gli aromi. La cefalea come reazione avversa agli alimenti, non è da confondere con le allergie alimentari vere e proprie, che invece sono riconducibili ad  allergeni capaci di provocare effetti veramente drammatici, fino allo shock anafilattico. Il meccanismo che provoca la cefalea di origine alimentare è un fenomeno di vasodilatazione
che può essere seguito (o preceduto) anche da una vasocostrizione. La circolazione  intracranica risente notevolmente di queste variazioni pressorie, reagendo con un dolore abbastanza resistente ai comuni farmaci analgesici.
Altre sostanze che provocano mal di testa sono la feniletielenamina, che si trova nei formaggi stagionati e nel cioccolato e  l’istamina, propria di: pesci, pomodori, uova, fragole, crostacei, eccetera. Anche la tiramina è implicata e si trova in: formaggi fermentati e stagionati, estratto di lievito, conserve di  pesce. Queste molecole possono provocare alcuni effetti come: orticaria, contrazione della muscolatura liscia vasale, cefalea,  tachicardia, ipotensione, arrossamento del volto,  aumento della secrezione acida gastrica.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Gli zuccheri che diventano ciccia

Quanto ci piace mangiare i dolci! Ma ciò che è zuccherato, certo, appaga il palato ma poi si trasforma in grasso, sia nel sangue sia nelle cellule predisposte, cioè gli adipociti. Tutto ciò si deve a un particolare ormone, l’insulina, la cui funzione primaria è la trasformazione degli zuccheri in energia sotto forma di glicogeno. Ha, però, anche la funzione di  immagazzinare gli zuccheri in eccesso e quando non possono più essere trasformati  direttamente in energia, li trasforma in riserve di grasso. Infatti, l’uso eccessivo e  prolungato nel tempo di zuccheri e carboidrati raffinati provoca uno squilibrio cronico del metabolismo insulinico, per cui anche la minima quantità di carboidrati viene trasformata in grasso.
Ecco perché le persone metabolicamente resistenti all’insulina (nelle quali lo  squilibrio ormonale è ormai molto avanzato), ingrassano anche consumando quantità  normali o moderate di alimenti. Come si può risolvere questo dilemma? Solo attraverso un
cambiamento alimentare radicale, che sostituisca carboidrati non raffinati (tipo pasta e vari cereali) a quelli raffinati (come il saccarosio); che riduca al minimo l’uso degli zuccheri e che introduca acidi grassi essenziali al posto di quelli saturi; e che, infine, utilizzi proteine  derivanti più da pesce che da carne o da uova e formaggi. L’uso regolare di questi cibi rende tutto questo molto più facile perché fornisce all’organismo una serie di nutrienti essenziali, riduce l’appetito e facilita lo smaltimento dei grassi accumulati.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Troppe donne obese un rischio per la fertilità

Fra i tanti problemi che l’obesità provoca dobbiamo sottolineare un’interessante ricerca dei medici dell’Osservatorio Grana Padano, che prova come l’aumento delle donne obese tra quelle in età fertile, crei rischi più elevati di aborto e disturbi della fertilità. Fra i 30 e i 42 anni, infatti, l’incidenza dell’obesità è doppia rispetto alla popolazione generale, arrivando a toccare il 20 per cento.
È sorprendente come in una società in cui l’apparire è quasi tutto, le giovani donne non si preoccupino della loro salute e non tengano nel dovuto conto il loro aspetto estetico. È necessario quindi fornire consigli dietetici alle donne che si preparano alla gravidanza.
La ricerca evidenzia che il 75 per cento delle donne intervistate dall’Osservatorio non fa alcun tipo di attività fisica, e ha un rapporto tra peso e altezza più elevato rispetto a quello delle donne più attive; le sane abitudini di vita sono doppiamente importanti per le donne che desiderano un figlio. Una corretta alimentazione favorisce  ovulazione e concepimento e nel feto riduce il rischio di malattie gravi quali diabete e  patologie cardiovascolari.
I consigli di una dieta sana per la donna che si prepara al  concepimento, sono: consumare pesce 2-3 volte a settimana; al posto dell’aceto usare il limone sulla verdura per assimilare il ferro contenuto; due porzioni di verdura e tre di  frutta al giorno; proteine vegetali 2-3 volte a settimana, soprattutto legumi; almeno 1,5 litri di acqua al giorno, meglio se ricca di calcio; ridurre i grassi animali; controllare gli  zuccheri semplici; usare olio extravergine d’oliva a crudo per condire ed evitare di usare grassi come la margarina e quelli di tipo idrogenato e frazionato. Infine, fare attività fisica e monitorare sempre il peso

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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E se fa caldo piano con i grassi

D’estate, a causa del clima e del cambiamento dei ritmi familiari muta anche  l’alimentazione. I giovani, non andando più a scuola, si alzano tardi e vanno a letto tardissimo, invertendo le abitudini alimentari. Ma è salutare un tale cambiamento alimentare? Se l’orario della sveglia dei ragazzi coincide con quello del pranzo, più che una prima colazione o il classico pranzo è meglio servire un brunch alla moda anglosassone,
dove dolce e salato si incontrano, ma non esagerando in grassi e carboidrati. Non sono proponibili fumanti spaghetti e bistecca ai ferri, meglio ripiegare su piatti freddi come  insalate varie, per esempio, di riso o una bella giardiniera, ossia tante verdure lessate tipo
fagiolini, cipolline novelle, cavolfiori eccetera, arricchite dall’ottimo tonno, oppure arrosti da servire tagliati sottilmente eccetera. Si introduce così tanta buona fibra vegetale che fa assorbire meno grassi e zuccheri.
Molto spesso i giovani tiratardi prima di rientrare, tra le
6 e le 7 del mattino, fanno il pieno di grassi saturi con brioches calde, panini o pizze,  creando problemi al fegato, e poi magari fanno storie alle mamme per quanto di salutare preparano loro a casa. In questa stagione, un gradevole apporto proteico può essere  dato da affettati come il prosciutto crudo e cotto o dall’ottimo pesce. Punto fisso di  riferimento deve essere la frutta servita in ogni modo: tal quale, come frullato, o sorbetto. Anche la verdura costituisce una miniera preziosa di vitamine e sali minerali da reintegrare, che si perdono con la sudorazione, bene i centrifugati di verdure e ortaggi. Ottimi anche yogurt e gelati, specie se di preparazione casalinga, oggi cosa possibile grazie alla  presenza sul mercato delle sorbettiere familiari.


Mi faccio una bella insalata di riso

Ci sono prodotti che tirano la volata ad altri. La comparsa sul mercato dei preparati di verdure per condire il riso in bianco ha fatto lievitare il consumo di questo cereale. I condimenti sono comodi, relativamente leggeri, saporiti e digeribili, si versano direttamente sul riso bollito senza sprecare tempo e pentolini per fare il sugo. Per  scegliere i prodotti più di qualità bisogna guardare quale posto occupano nell’elenco degli ingredienti le verdure più pregiate, ovvero se stanno ai primi posti, a meno che non ci sia scritto “verdure miste in proporzione variabile”: in questo caso occorre regolarsi a vista.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Pura di sorgente o minerale?

Né liscia, né frizzante ma solamente acqua di sorgente, che viene imbottigliata allo stato naturale destinata al consumo. Sarà sicura? Abbastanza, ma non proprio, perché questa acqua sorgiva potrà subire alcune operazioni di maquillage, come la separazione degli  elementi indesiderabili tipo l’arsenico trattato con ozono, oppure i composti del ferro. Si  può aggiungere o eliminare dell’anidride carbonica mentre sono vietati i trattamenti di potabilizzazione, con aggiunta di cloro o sostanze battericide o altri trattamenti che la  modificano. L’acqua di sorgente ha il pregio di poter essere utilizzata come base per  preparare le bevande analcoliche.
Altra cosa sono le qualità vantate per le acque minerali che beviamo (che poi sono nella maggior parte acque oligominerali), sono quelle legate al loro basso residuo fisso, che induce un’azione diuretica e sono indicate nella calcolosi  renale, nelle cistiti. Però, se bevute in eccesso, sono in parte controindicate ai bambini perché provocherebbero una grande eliminazione di urine e, quindi, una perdita di minerali essenziali per la vita.
Si crede spesso che l’acqua minerale in bottiglia possa curare quasi tutto ciò che è scritto in etichetta ma in effetti può solo aiutare. L’acqua nel sottosuolo si carica di minerali che conferiscono particolari proprietà. Le acque ricche di calcio che si trovano in giusto rapporto col fosforo sono utili nell’osteoporosi ma dannose nei calcoli renali; quelle ricche di sodio sono utili per gli ipotesi e dannose per la pressione alta; quelle ricche di ferro sono consigliate agli anemici e non ai gastritici, quelle con lo zolfo sono utili agli stitici e dannose per i diarroici; quelle col magnesio sono anch’esse utili alla stipsi; infine, quelle ricche di fluoro sono anticarie ma possono creare scompensi  metabolici.

ACQUA MINERALE
Deve essere pura alla fonte ma può subire trattamenti con ozono per ridurre l’arsenico.

ACQUA DI SORGENTE
Pura alla fonte, è una via di mezzo tra l’acqua minerale e l’acqua di rubinetto.

ACQUA A USO UMANO
È la comune acqua potabile che può essere venduta in bottiglia come “acqua da tavola”.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Parkinson, la dieta che può aiutare

Nel morbo di Parkinson seguire una giusta e adeguata dieta permette di migliorare gli  invalidanti effetti collaterali della malattia (tremori e scatti improvvisi). Chi scrive, già da  molti anni assieme al collega Pincus della Jefferson University di Philadelphia, ha validato un regime alimentare basato su una dieta ipoproteica (non più di 7 grammi di proteine) a pranzo e poi normoproteica a cena. Ciò è dovuto al fatto che i pasti possono interferire  con l’efficacia dei farmaci per questo morbo.
La Levodopa è un amminoacido neutro che, per essere assorbito e arrivare al cervello, ha bisogno di essere aiutato metabolicamente, ma se si ferma già nello stomaco viene degradato dagli enzimi gastrici e si inattiva parzialmente. Infatti, più a lungo rimane nello stomaco e più è degradato, perdendo così la sua efficacia. Bisogna, quindi, assumere i cibi che aumentano la velocità di svuotamento dello stomaco come, ad esempio, proteine, carboidrati e fibre, mentre i grassi rallentano molto lo svuotamento gastrico. Anche la stipsi, però, può influire sfavorevolmente sulla quantità di farmaco assorbito, per cui è necessario cercare di avere un regolare transito intestinale.
La difficoltà da parte del paziente nel seguire questo regime dietetico è data dall’eccessivo contenimento della quota di proteine tra la prima colazione, lo spuntino di metà mattina e poi, infine, il pranzo. Si tratta di momenti in cui la presenza di latte e  latticini, al mattino e di carne, pesce uova, formaggi e verdure a pranzo, fa aumentare la quantità di proteine, tanto da superare abbondantemente i 7 grammi del mattino che noi abbiamo previsto. In questo modo si ottiene un minore assorbimento della Levodopa che comporta un aggravamento di tremori e scatti frequenti che invece diminuiscono  sensibilmente se non si superano i 7 grammi di proteine. Tutto ciò dimostra che una dieta adeguata può migliorare l’efficacia della Levodopa.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Una dieta per chi soffre di fegato

Molti soffrono di malfunzionamento del fegato e i termini “malattia di fegato” e “insufficienza epatica” sono stati usati a sproposito, perché si riferiscono per lo più a problemi di cattiva digestione o dispepsia.
Sia nell’eventualità di un’epatite acuta che nelle malattie croniche del fegato, comunque, per non affaticarlo, è preferibile suddividere il cibo giornaliero in 5-6 pasti, facendo due o tre spuntini con frutta, yogurt o cereali. L’alcol è  sempre vietato! Nella malattia di fegato, è necessario astenersi dalle bevande alcoliche, perché la sua ridotta capacità si traduce in un accumulo di grassi che causa la “steatosi epatica”. Anche il sale deve essere ridotto, perché fa ritenere liquidi nel corpo, con  formazione di edema.
I grassi, invece, non sono da proibire ma vanno assunti in maniera equilibrata, evitando solo le fritture e limitando i grassi animali. È stato, infatti,  ampiamente dimostrato che l’uso di diete rigidamente povere di grassi può essere  addirittura dannoso in caso di malattia al fegato. Viene poi raccomandato, come  condimento, l’uso dell’olio extravergine di oliva, perché ricco di acidi grassi essenziali,  vitamine e antiossidanti. Non è vero che le uova sono controindicate per chi soffre di disturbi epatici, se si eccettua il caso dei calcoli della colecisti, in cui le uova possono produrre spasmi, provocando coliche biliari. La dieta dei malati di fegato deve essere ricca in carboidrati complessi, come la pasta, riso, patate e cereali in genere. Le proteine non devono essere né abolite né ridotte nei malati cronici di fegato.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Una dieta per i calcoli renali

La calcolosi renale colpisce più il sesso maschile di quello femminile, con una maggioranza di pazienti sopra i trent’anni. Si tratta di una malattia che spesso si manifesta con  violentissime coliche, ma può essere anche silente. I calcoli contengono ossalato di calcio,
a volte misto a fosfato di calcio.
L’assunzione di grandi quantità di calcio, potassio e liquidi attraverso gli alimenti riduce il rischio della formazione di calcoli mentre l’integrazione con farmaci di calcio, sodio, proteine animali può essere pericolosa. La dieta prevede poca  carne e salumi, non più di 3-4 volte alla settimana e pochissimo sale. Si possono  consumare liberamente, invece, pane, pasta e pesce, mentre latte e formaggi devono  garantire una quota di 1 grammo circa al giorno di calcio, ma senza esagerare, per evitare un eccesso di calorie. Vanno così limitati tutti i cibi molto calorici, mentre è bene introdurre
alimenti leggeri come frutta e verdura fresca che contengono potassio, citrato e magnesio e svolgono un’azione protettiva. Da evitare, infine, l’ingestione di elevate quantità di  ossalato, uno dei mattoni fondamentali dei calcoli renali, di cui sono ricchi: noci, nocciole, arachidi, mandorle, barbabietole, spinaci, rabarbaro, alimenti questi che vanno consumati in modica quantità, anche se va detto che solo una piccola parte dell’ossalato urinario
deriva direttamente dall’alimentazione, la maggior parte ha, infatti, origine metabolica. Infine è determinante una buona idratazione, fino a tre litri d’acqua al giorno nella  stagione calda.
Con una dieta, così, oltre ai calcoli si evitano i chili di troppo.

Pubblicato il 04 gennaio 2011 - Commenti (0)
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I diabetici a tavola

In Italia ci sono circa sei milioni di persone che soffrono di diabete e il trend è in crescita.
Occorre stabilizzare la glicemia durante il giorno, per avere probabilità di non ammalarsi
delle complicanze del diabete che riguardanogli occhi, i reni e il sistema nervoso. È molto importante mantenere normali i valori dei grassi nel sangue perché, a loro volta, incidono  sul diabete.
Il diabete sensibile alla dieta è quello di tipo II, o alimentare, infatti il paziente spesso è  anche in sovrappeso. Il primo obiettivo, aiutato dall’uso dei farmaci ipoglicemizzanti, è  quello di dimagrire. Il dimagrimento si ottiene adottando un’alimentazione corretta  associata a un’attività fisica moderata ma regolare. La riduzione del peso permette di  migliorare i valori di glicemia e dei livelli di grassi (colesterolo e trigliceridi) nel sangue. La  dieta del diabetico in sovrappeso non differisce da quella del paziente obeso, quindi, è  bene ridurre i cibi di origine animale, ricchi di grassi saturi, meglio preferire i carboidrati  complessi, come riso, pasta e legumi, in quantità ridotte, evitando gli zuccheri semplici,  come lo zucchero da cucina, il miele e i dolciumi e aumentando il consumo di fibre, cioè  verdure. Occorre mantenere un apporto generoso di proteine prediligendo quelle di  origine vegetale dei legumi, rispetto a quelle di origine animale, preferibilmente da pesci e carni bianche.
Si deve prestare particolare attenzione al consumo quotidiano di alcol, specie se i valori dei trigliceridi sono elevati, un po’ di vino ai pasti saltuariamente non è controindicato. La birra, invece, pur avendo meno alcol, ha molti più zuccheri semplici, come il maltosio, per  cui il suo uso deve essere ancora più limitato rispetto al vino.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Facciamoci una dieta a base di uova

Spesso i pazienti mi chiedono quante uova possono mangiare alla settimana e la risposta
non può essere univoca per tutti, perché bisogna tener conto di molti fattori individuali e
bisogna quantificare quante proteine e grassi si introducono in un giorno con gli altri  alimenti che li contengono. È bene, però, precisare che l’uovo è un cibo di grandissimo  pregio nutritivo e potrebbe essere mangiato da qualunque paziente, salvo da chi soffre di calcolosi della cistifellea o di colecistite recidivante. Quindi, la convinzione che l’uovo faccia male al fegato è solo una maldicenza! L’unico problema, infatti, è quello del contenuto di colesterolo naturalmente presente in tutti gli alimenti di origine animale, quindi anche nell’uovo, ma si sappia che pure chi soffre di ipercolesterolemia, in alternanza ad altri cibi
proteici di origine animale, può assumere almeno 2-3 uova alla settimana, senza che si abbiano problemi di aggravamento dello stato di salute. L’uovo ha delle proteine di  altissimo valore biologico e, qualitativamente, sono superiori a quelle della carne e del pesce; esse infatti contengono tutti gli amminoacidi essenziali in un rapporto ideale, tanto
da essere considerato un “metro” per misurare il valore delle proteine degli altri alimenti di origine animale e vegetale.
Spesso, molti considerano il tuorlo come l’elemento essenziale e salutista dell’uovo, ma  non sanno che l’albume, cioè la parte bianca, è proprio l’apportatrice delle buone proteine. Per l’albume, l’unica avvertenza potrebbe riguardare la sua digeribilità che migliora quando coagula, come succede quando lo portiamo con il calore a circa 70 ˚C. Così facendo, si  inattiva l’azione di una sostanza, l’avidina, che, a crudo, si lega a una vitamina, la biotina,  di cui è molto ricco il tuorlo, rendendola inefficace. Un uovo pesa in media 55-60 grammi e presenta circa 7 grammi di proteine, per cui da solo non è una fonte energetica  importante, ma di qualità; ecco perché le uova sono utili nelle diete dimagranti, visto che  apportano buone proteine senza esagerare nelle calorie.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Le mense scolastiche sempre più attente

Dopo una lunga esperienza come consulente dietologo alle mense scolastiche del Comune di Torino, voglio spiegare ai genitori con bambini in età scolastica, quale ruolo importante svolga oggi la mensa a scuola. Che cosa è cambiato rispetto al passato? Una ventina  d’anni fa, la mensa non godeva di buona reputazione poiché era intesa come luogo di  “parcheggio” dei bambini, oggi la mensa è, invece, considerata un servizio nutrizionale educativo per l’infanzia. Uno dei principali obiettivi è creare continuità con l’ambiente familiare.
Come vengono scelti gli alimenti nelle mense? A scuola la scelta viene effettuata tra  prodotti di qualità in base all’andamento stagionale, con molta variabilità, per introdurre  tutti i nutrienti esistenti in natura. Questo oggi, a causa della grave crisi economica, non sempre può avvenire nelle nostre case, specie per i meno abbienti. La minore disponibilità economica induce all’acquisto di cibi di scarso valore nutritivo e spesso di dubbia sicurezza igienica. La mamma cerca sempre di dare al proprio bambino del cibo buono e che sazi.
Nelle mense pubbliche figure specializzate: dietologi, tecnologi alimentari, dietisti mettono
a disposizione le loro conoscenze e la professionalità per elaborare dei menu che  rispettino le raccomandazioni nutrizionali italiane, fissando gli standard calorici e di  nutrienti dei pasti. Quante calorie dovrebbe contenere un pasto completo? Le calorie del pranzo devono essere il 35-40 per cento di quelle giornaliere. A Torino avevo introdotto un calendario per le famiglie che descriveva il menu consumato in mensa e la proposta del  pasto familiare per completare l’apporto di nutrienti.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)
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Affidabili i test per intolleranze alimentari?

Negli ultimi dieci anni è esplosa in Italia la moda di eseguire i test per le intolleranze alimentari, perché qualcuno ha imputato a queste la causa dell’ingrassamento. Dopo aver analizzato la letteratura scientifica si è concluso che si tratta di metodi superficiali e non comprovati scientificamente, che quindi sono da evitare. Gli unici test allergologici validi si fanno in strutture ospedaliere o in laboratori convenzionati, dove si riscontrano con  certezza due intolleranze: quella al lattosio e quella al glutine (per i celiaci).
A tutt’oggi non esiste alcun esame di laboratorio in grado di valutare scientificamente la  presenza di altre intolleranze, oltre a queste due; quindi, come possono gli altri test dare certezza? Un dato dovrebbe convincere della totale mancanza di basi scientifiche e infatti tutti i pazienti che si sottopongono a questi test alternativi risultano intolleranti agli stessi alimenti: grano, lieviti e lattosio! Non si capisce come i pazienti continuino a sottoporsi a questi esami, le cui conseguenze terapeutiche nutrizionali possono essere anche  pericolose, perché fanno eliminare molti alimenti indispensabili alla salute. Oggi ci sono in giro, nei vari laboratori e studi medici, molte attrezzature che eseguono test Vega,  Citotest e test del capello che difficilmente riescono a dimostrare la vera intolleranza.

Pubblicato il 03 gennaio 2011 - Commenti (0)

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Cibo e Salute

Giorgio Calabrese

Giorgio Calabrese è un nutrizionista dell'Università Cattolica

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