Milani (Familiari delle vittime): A Napolitano dico grazie

09/05/2013
Accanto a Giorgio Napolitano le vedove Calabresi e Pinelli, il 9 maggio 2009 (foto Ansa)
Accanto a Giorgio Napolitano le vedove Calabresi e Pinelli, il 9 maggio 2009 (foto Ansa)

di Manlio Milani
C'è una forma di “riparazione istituzionale" nella nascita della Giornata della memoria dedicata alle Vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice? Essa nasce sotto la spinta delle Associazioni dei familiari che già nel 2001 nell'ambito dell'Osservatorio Nazionale delle vittime di reato – con Piero Fassino  ministro della Giustizia – trova la sua prima enunciazione. Successivamente, a causa della chiusura dell'Osservatorio voluta dal successore Roberto Castelli, la proposta verrà portata, dalle Associazioni, all'attenzione dei gruppi parlamentari. Troverà infine concretizzazione nel 2007. Giorgio Napolitano ben la sorregge perché coglie il valore di etica pubblica in essa presente, la funzione di stimolo al Paese perché sappia riflettere su quel periodo senza aprioristicamente schierarsi da questa o quella parte. Il presidente della Repubblica denuncia apertamente la collusione, nelle stragi, tra estremismo di destra e uomini delle istituzioni: una importante assunzione di riconoscimento della responsabilità pubblica. Dichiarazioni accompagnate da altrettanti significativi gesti simbolici: la pubblicazione di un libro con i nomi, le biografie di tutte le vittime; l'incontro delle vedove Calabresi e Pinelli; la volontà di dare “volto e parola” ai familiari delle vittime attraverso i loro interventi e nel sostenere la realizzazione, a Brescia, del percorso della memoria in cui sono riprodotti tutti i nomi delle vittime.

Manlio Milani durante la lettura della sentenza del processo d'appello per la strage di piazza Loggia, a Brescia (foto Ansa)
Manlio Milani durante la lettura della sentenza del processo d'appello per la strage di piazza Loggia, a Brescia (foto Ansa)

Gesti che hanno fatto capire al Paese che nessun ceto sociale, nessuna professione è stata esclusa da quella violenza: perché è il Paese nel suo insieme che è stato colpito.   Quindi, le vittime, i loro nomi offrono a Napolitano l'opportunità non per proporre soltanto il dolore che ha colpito chi è rimasto, ma anche la dignità di come sono stati vissuti quei lutti, dell'impegno profuso da soli o tramite le Associazioni, nel testimoniare la volontà di affermare la verità e una memoria pubblica, su quei fatti, che sappia incidere anche nel modo di essere della democrazia del nostro. Ecco perché il 9 Maggio 2012 Napolitano inaugura il Portale della rete degli Archivi, come espressione della volontà che nulla deve essere nascosto.

Gesti, percorsi, sostegni morali e politici, volontà di riconoscere, con le onorificenze del 2013,  l'impegno delle Associazioni. Le memorie delle vittime, per Napolitano, sono tratti che servono per riproporre mezzo secolo di storia del Paese con la consapevolezza che essa è ancora “parte viva” del nostro presente...

Un impulso che non è raccolto, salve alcune eccezioni, dai media che, invece, ne fanno una lettura “familistica” o “vittimaria”, spesso di rancorosità riproponendo una logica di contrapposizione (si pensi alla lettura fatta dal Giornale sull'incontro Calabresi/Pinelli: “non è accettabile metterli sullo stesso piano”) o di pura e semplice rimozione fatta anche di mancanza di volontà nel “voler” capire. La conseguenza è anche una rinuncia a svolgere una funzione “educativa” e di conoscibilità di quelle verità consolidate e che, in particolare per le stragi, sono troppo spesso ignorate.

Giorgio Napolitano durante la cerimonia del 9 maggio 2011 particolarmente dedicata ai dieci magistrati uccisi dal terrorismo (foto Ansa)
Giorgio Napolitano durante la cerimonia del 9 maggio 2011 particolarmente dedicata ai dieci magistrati uccisi dal terrorismo (foto Ansa)

L'individuazione della data non è stata facile. Le Associazioni proposero il 12 Dicembre, Strage di Piazza Fontana, l'inizio di quella Strategia della tensione che produrrà lutti, dolore, tensioni nella società. Una violenza che caratterizzerà gli anni '60, '70 e '80.  Con quella proposta le Associazioni dei familiari volevano sottolineare il ruolo dei cittadini nella partecipazione, nella assunzione di assumersi direttamente la difesa delle istituzioni dall'attacco terroristico. Si pensi in particolare ai funerali di Piazza Fontana e a quelli di Piazza Loggia: una forza popolare che contrastò la violenza e il ricatto alle istituzioni “con la forza della democrazia” e che seppe far emergere le responsabilità di uomini delle istituzioni nell'aver certamente, quanto meno, coperto quella violenza. Un dato che lo stesso Napolitano ha fatto proprio, soprattutto negli interventi del 2009 e del 2010.

Il Parlamento optò per la data del 9 Maggio, uccisione di Aldo Moro, per sottolineare simbolicamente che la violenza stragista e quella terroristica avevano come obbiettivo comune di abbattere le istituzioni democratiche: tanto più con l'uccisione di Moro che incarnava l'incontro delle due più forti forze popolari dell'antifascismo, Dc e Pci, allo scopo di dare ulteriore sviluppo al sistema democratico del Paese.

Napolitano si è così proposto efficacemente come punto di riferimento e garante di un percorso non solo di conoscenza e sostegno civile ai familiari e/o alle vittime, ma anche di trasmissione della memoria evidenziata attraverso lo spazio d'intervento dato agli studenti dei vari gradi scolastici e ai figli delle vittime, custodi e fautori di una “post-memoria” che è fatta di elaborazione della conoscenza di sé ma dentro i fatti (Calabresi, Tobagi, Giralucci, Occorsio, Alessandrini; Bazoli ecc), nonché esempio di testimonianza e di un rinnovato impegno civile.

Ciò che appare invece “debole” - in parte comprensibile stante il senso della giornata sulle vittime – è il mancato riferimento alla necessità di “saper ascoltare” (e non soltanto condannare come protagonismo) anche il colpevole, inquadrando ciò nell'alveo di una necessità, quanto meno, di ricostruire in ogni aspetto e con ogni voce, la storia e il senso storico di quegli avvenimenti. Un aspetto che se opportunamente collegato alla “recuperabilità” della persona, quindi alla funzione della pena, aiuterebbe ad andare oltre la rancorosità e anche all'idea di molti che pensano di strumentalizzare la vittima al solo scopo di non affrontare le proprie responsabilità – di collocazione politica almeno – storiche di quegli anni e non soltanto fermarsi a ricostruzioni attuate entro la logica della contrapposizione.  Quali prospettive? Si tratterà di dare, nel tempo, più opportunità di approfondimento di quegli anni, di sviluppare ancora di più il coinvolgimento della scuola, di facilitare interventi istituzionali a sostegno della “trasparenza storica” (informatizzazione e unificazione di tutti gli archivi). 



                                                                                                                    Manlio Milani

                                                                Casa della memoria 28-maggio-1974 Brescia

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