24/09/2012
Luigi Lorenzetti.
Il senso (significato, valore, bene)
del matrimonio è la relazione tra un
uomo e una donna che ha l’amore
per motivazione, giustificazione, movente
e finalità. La morale che ne deriva,
pertanto, è una morale della relazione.
Il disegno di Dio sul matrimonio
non si compie automaticamente,
ma è affidato alla libertà-responsabilità
umana, spesso tentata di venire meno
al disegno di Dio. Anche il matrimonio
è un luogo dove si verifica la
lotta tra il bene e il male, tra grazia e
peccato. «La famiglia si trova al centro
del grande combattimento tra il
bene e il male, tra la vita e la morte,
tra l’amore e quanto all’amore si oppone.
Alla famiglia è affidato il compito
di lottare prima di tutto per liberare
le forze del bene...Occorre far sì
che tali forze siano fatte proprie da
ogni nucleo familiare, affinché..., la
famiglia sia forte di Dio». Il matrimonio,
infatti, può rappresentare il luogo
del disagio, della mancanza affettiva,
dell’incomunicabilità e dell’egoismo
dei singoli, luogo di alienazione
e di smarrimento personale. Sarebbe
ipocrita ignorare la violenza familiare
che, come un enorme iceberg occulto,
fa la sua apparizione in proporzioni allarmanti:
i casi di violenza familiare,
con esito di distruzione e di morte, superano
le vittime in altri ambiti, anche
se l’opinione pubblica non vi presta
sufficiente attenzione.
Se il senso del matrimonio è la relazione
tra l’uomo e la donna, la morale
che ne deriva è una morale di relazione
che risponde a tre domande:
1 - Perché la relazione coniugale (livello
decisionale)? La novità, rispetto
alle generazioni precedenti, consiste
nel fatto che a rispondere alla domanda
è solo la persona. Fino a un passato
non molto lontano (e in molte culture
ancora oggi) la comunità era determinante,
mentre oggi è praticamente
e anche teoricamente irrilevante.
2 - Com’è la relazione? (livello descrittivo).
La domanda non è propriamente
etica, ma è importante per l’etica.
In teoria si possono ipotizzare tre tipologie:
può essere una relazione in
cui l’altro/a è in funzione dell’io: così
l’altro/a scompare, compare l’io dominante.
Può essere – secondo tipo – una
relazione in cui l’io è in funzione
dell’altro: così scompare l’io, all’orizzonte
compare l’altro. Finalmente –
terzo tipo – può essere la relazione reciproca.
Questo tipo di relazione verifica
l’unità nella diversità, l’appartenenza
e la differenza, mentre non si verifica
nel primo e nel secondo tipo.
Purtroppo, sovente le relazioni coniugali
riflettono il primo o anche il secondo
tipo. Si tratta di relazioni di tipo
strumentale, non intersoggettivo. Se
l’unità, infatti, deriva dalla capitolazione
dell’uno o dell’altra, la relazione si
trasforma in luogo di mortificazione
dell’uno o dell’altra o di tutti e due.
L’amore autentico è critico di quanto
può avere di possessivo e di narcisistico
(ricerca della propria immagine
nel volto e nell’immagine dell’altro);
consente, invece, e dà il giusto spazio
all’incompiutezza, all’insoddisfazione
del desiderio; permette all’altro di riconoscersi,
di essere sé stesso.
3 - Come deve essere la relazione?
(livello etico). La domanda sarebbe
superflua se l’essere umano, uomo e
donna, fosse predisposto unicamente
all’empatia nei confronti dell’altro/a. In tale caso, non avrebbe bisogno
di alcuna morale; la qualità della
relazione sarebbe garantita. Ma così
non è. In ogni comportamento umano
si sperimenta, da un lato, la presenza
di tendenze costruttive e, dall’altro,
la presenza di tendenze distruttive
(concorrenza, pregiudizio, avversione,
odio), che portano nella direzione
contraria all’amore oblativo.
È necessario, ma non basta interpretare
queste tendenze. È necessario
che il soggetto prenda responsabilmente
posizione, domini le tendenze
distruttrici e dia spazio alle tendenze
costruttrici. Se il soggetto non ha raggiunto
un sufficiente grado di maturità,
la relazione di coppia è inevitabilmente
a rischio. Non è difficile riconoscere
che i fallimenti, pur diversamente
motivati, hanno alla radice l’immaturità
delle persone (dell’uno o
dell’altra o di tutti e due). Più che relazione
reciproca sperimentano solitudine
reciproca. Il matrimonio che,
per definizione, è una scelta di vita e
per tutta la vita, chiama in causa la persona
e la sua maturità, la sua capacità
di amore/agape (amore oblativo).
La riuscita della relazione viene da
molteplici fonti, viene dalla maturità
della persona e dalla capacità di amare,
del resto mai compiutamente acquisita
una volta per tutte. Nel permanente
apprendistato, anche le prove e
i conflitti, se coraggiosamente assunti,
divengono una scuola di amore, di
una crescita nell’amore. All’obiezione
che all’amore non si comanda e che se
non c’è (o è morto), non può venire
per comando, si risponde che l’amore
è anche oggetto di comandamento
che non è estraneo all’essere umano.
Nel ricordare il comandamento, Gesù
di Nazaret fa leva su ciò che è originario
nell’essere umano, sulla sua capacità
di amare alla quale apre orizzonti
umani e umanizzanti. L’amore
non sostituisce la giustizia, è invece un
modo di compierla; il perdono autentico
non è copertura del male compiuto,
ma riconoscimento e offerta di possibilità
di un futuro diverso. L’amore
vero non passa sopra o accanto ai conflitti
interni ed esterni, ai comportamenti
sbagliati. È, invece, forza e capacità
di soluzioni costruttive.
La riuscita della relazione, più che
da eccellenti teorie filosofiche e teologiche
(pure necessarie), viene da concrete
esperienze di famiglie riuscite
(e sono la maggioranza) che, pur nei
limiti dell’umano, sanno vivere una
relazione affettiva felice. Sanno che la
felicità non consiste nell’assenza di
difficoltà, tensioni, e conflitti, ma nel
dare soluzioni costruttive ai conflitti
che inevitabilmente sorgono.
I conflitti non sono, di per sé, distruttivi,
sono, per così dire, positivi:
occasioni per chiarire e acquisire maggiore
esperienza, motivazione e forza.
Luigi Lorenzetti