23/09/2012
Il papa Giovanni XIII prega durante il Concilio.
Il concilio Vaticano II appare particolarmente
innovativo in ordine alle
tematiche del matrimonio e della famiglia.
Esso non ha prodotto al riguardo
uno specifico documento (nonostante
venissero avanzate da numerosi
padri conciliari richieste in tal senso)
ma ha preferito caratterizzare in
senso familiare i suoi pronunziamenti
sulle varie questioni di volta in volta affrontate.
Così, nella sua riflessione sulla
Chiesa, ha ripreso la visione patristica
della “Chiesa domestica” sottolineando
il ruolo dei genitori come
“primi annunciatori della fede” (LG,
n. 11); eppure affrontando il problema
dell’educazione (Gravissimum Educationis)
ha sottolineato la funzione
educativa della famiglia e le sue responsabilità
in ordine alla formazione
tanto del senso della Chiesa quanto
dell’apertura alla società (n. 3).
Non meno significative le indicazioni della Sacrosanctum Concilium in ordine
alla riforma del rito del matrimonio,
così da renderlo sempre più autenticamente
evangelizzante (n. 77).
Minore attenzione è stata invece dedicata
alle “liturgie domestiche”, nonostante
che, a partire dal secondo dopoguerra,
fossero state fatte in Europa
significative esperienze di preghiera
familiare, anche se non è mancata
la sottolineatura dell’importanza della
preghiera familiare (GS, n. 48). Il
fondamentale luogo di riflessione sulla
famiglia del Vaticano II è stato il
denso (e travagliato) capitolo a essa
dedicato dalla Gaudium et Spes (n.
47-52): una sorta di preziosa piccola
summa che in una brevissima trattazione
riprende e sintetizza un’antica tradizione
e insieme la riformula e la ripropone
nei nuovi scenari della modernità,
alla luce delle acquisizioni
dell’antropologia e della stessa più
matura teologia. Pochi documenti
conciliari come la Gaudium et Spes hanno
formato oggetto di intensi e vivaci
dibattiti e, all’interno di questa Costituzione,
la sezione su “Dignità del matrimonio
e della famiglia e sua valorizzazione”,
ha dato luogo a un franco
confronto fra le diverse posizioni.
Due punti, in particolare, sono stati
vivacemente dibattuti, sino a trovare
alla fine una sostanziale convergenza.
1 - Il primo punto riguardava la centralità
dell’amore coniugale (categoria
sino ad allora sottovalutata, in considerazione
di una visione prevalentemente
giuridica del matrimonio) e
dunque il passaggio da una considerazione
prevalente dei “fini” del matrimonio
a una visione più aperta a coglierne
il “senso”, alla luce delle acquisizioni
dell’antropologia personalista
(in questa luce il matrimonio veniva
riconosciuto come “dotato di molteplici
valori e fini”: GS, n. 48).
2 -
Il secondo punto riguardava il riconoscimento
della doverosità di una
procreazione responsabile, a partire
dalla ritrovata centralità della coscienza
dei coniugi, pur nella consapevolezza
che «i coniugi cristiani... non
possono procedere a loro arbitrio ma
devono essere sempre retti da una coscienza
che si deve conformare alla
legge divina e permanere attenta al
magistero della Chiesa» (GS, n. 50).
Ne emergeva una visione in gran
parte nuova del matrimonio e della famiglia,
con l’accoglimento delle più
valide istanze della cultura personalista
del Novecento; visione che la successiva
ricerca teologica avrebbe progressivamente
sviluppato, in dialogo
con il magistero ma talora in dialettica
con esso, soprattutto dopo l’emanazione,
da parte di Paolo VI, di quella enciclica
Humanae Vitae (25 luglio 1968)
con la quale la tradizionale dottrina
della Chiesa sulla procreazione veniva
ripresa e aggiornata, con il riconoscimento,
nella prospettiva conciliare,
della legittimità di una responsabile
regolazione delle nascite, seppure indicando
come via maestra da percorrere
quella della “continenza periodica”:
posizione, questa, che determinò,
in quegli anni, profonde lacerazioni,
che per taluni aspetti persistono, senza
tuttavia che questa pluralità di posizioni
mettesse in discussione la nuova
visione del matrimonio e della famiglia
proposta dalla Gaudium et Spes.
Giorgio Campanini