04/03/2013
Una veduta notturna di Pechino. Foto Reuters.
Bangkok, Thailandia
Gli antichi
naviganti usavano il sorgere del sole per orientarsi nei mari
sconosciuti. È nato così il significato della parola “orientamento
“: guardare a Oriente per non perdersi e non disperarsi.
Funzionerebbe ancora oggi nel mare mosso delle economie e delle
società globalizzate?
Certo l’Asia gioca oggi quel ruolo di
continente chiave per il futuro dell’umanità che in passato hanno
giocato l’Europa e l’America. Su un miliardo e 200 milioni di
cattolici al mondo, 504 milioni sono asiatici, cioè il 42% e dunque
il gruppo più grande tra tutti i continenti. In Asia convivono tutte
le grandi religioni e l’Indonesia è il più grande paese islamico
al mondo.
Un povero della regione autonoma dello Xinjiang. Foto Reuters.
Con i suoi 44.5 milioni di chilometri quadrati, cioè 30%
delle terre del pianeta e 4.3 miliardi di persone, cioè il 60% della
popolazione mondiale, il ruolo dell’Asia come continente campione
del mondo è evidente ed imbattibile. Ma due terzi dei poveri del
mondo vivono in Asia: circa 1,7 miliardi di asiatici vivono con meno
di 2 dollari al giorno e soffrono discriminazioni contro le numerose
minoranze etniche e la disuguaglianza delle donne.
Può l’Asia
moderna essere un faro per i naviganti perduti a caccia di idee
credibili per una crescita economica giusta e sostenibile? Secondo
una ricerca della banca Citigroup, 9 di 11 Paesi nel mondo generatori
di crescita sono in Asia. Trainati da una forte crescita della
popolazione e del reddito, Bangladesh, Cina, India, Indonesia, Iraq,
Mongolia, Filippine, Sri Lanka e Vietnam sostengono le produzioni e i
consumi del mondo intero. Quattro principali centri finanziari,
Tokyo, Hong Kong, Singapore e Shanghai di fatto orientano gli indici
globali di Borsa.
Quasi non esiste al mondo alcun prodotto che non
usi un centro asiatico di produzione in outsourcing
o un call
center per i clienti. Centinaia di
milioni di lavoratori qualificati asiatici con un’ottima conoscenza
della lingua inglese competono con successo nel mercato globale del
lavoro.
Con 3,5 milioni di
milionari in dollari, l’Asia ha superato il Nord America che ne ha
3,4 milioni e l’Europa. Il rapporto mondiale sulla ricchezza del
2012 indica che l’Asia è oggi il "centro di gravità
economico" del mondo e lo resterà per molto tempo. Oltre
18.000 asiatici, soprattutto nel sud-est asiatico, in Cina e in
Giappone, possiedono beni per oltre 100 milioni di dollari, mentre il
Nord America ne ha 17.000 e l’Europa 14.000.
Bambini cinesi della provincia dello Sichuan. Foto Reuters.
Secondo la “Bocconi
dell’Asia”, l’università thailandese Sasin Chulalongkorn ,
l’Asia è campione del mondo in disuguaglianza tra ricchi e poveri
e la Thailandia è in testa alla classifica asiatica. E in Cina, in
India e Indonesia - i principali motori di crescita economica del
continente– la grande disparità di reddito continua a crescere
creando gravi tensioni sociali e nuovi conflitti. I generatori di
disuguaglianza, secondo l’Asian Institute of Technology, sono la
disparità di accesso ai servizi pubblici, quali l'educazione,
l’energia, l’acqua , la salute pubblica e il credito.
Disuguaglianza e disparità di opportunità sono dunque il nemico da
battere per chi vorrebbe far diventare l’Asia un campione mondiale
di giustizia e di pace.
Sono sfide di
qualità e grandezza mai viste prime da cui dipendono i destini del
mondo e nessuna comunità o istituzione asiatica può sottrarsi alle
responsabilità da sorella maggiore che ne derivano.
Un suggerimento per il mondo potrebbe venire dalla straordinaria
capacità asiatica di fare comunità, cioè anteporre il bene comune
all’interesse privato. O, come ha scritto Luis Antonio Tagle, 54
anni e dal 2012 Cardinale di Manila nelle Filippine (il più grande
paese cattolico in Asia), scegliere tutti i giorni nei fatti la
comunità cristiana felice di stare insieme, “la gente di Pasqua”,
come modello di amore quotidiano per salvare il pianeta.
Sandro Calvani
Direttore
del Centro ASEAN
sugli Obiettivi di sviluppo del millennio
dell'Organizzazione delle
Nazioni Unite
Dossier a cura di Alberto Chiara