05/06/2010
Monsignor Luigi Padovese con il cardinale Dionigi Tettamanzi.
L'hanno ucciso a Iskenderun, in Turchia. Monsignor Luigi
Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, è morto accoltellato in
casa. Padovese, 63 anni, era stato nominato vicario apostolico e
consacrato a Iskenderun nel 2004. Non si conoscono i motivi del gesto,
ma si sa che l'assassino risulta essere il suo autista e uomo di
fiducia, Murat Altun, 26 anni, che soffre di depressione ed è stato
arrestato dopo poco dalla polizia turca.
Al di là delle circostanze sulle quali si sta indagando
soprattutto per quel che riguarda il movente, monsignor Luigi
Padovese ha finito i suoi giorni esattamente come don Andrea Santoro,
ammazzato il 5 febbaio 2006 a Trebisonda. Ordinato sacerdote nel
1973, monsignor Padovese è stato professore titolare della cattedra di
Patristica alla Pontificia Università dell'Antonianum e per sedici anni
ha diretto l'Istituto di spiritualità del medesimo ateneo. Ha anche
tenuto corsi alla Pontificia Università Gregoriana e alla Pontificia
Accademia Alfonsiana. Per 10 anni è stato poi visitatore del Collegio
Orientale di Roma per la Congregazione delle Chiese Orientali.
Per indole e per preparazione specifica, insomma, monsignor
Padovese era un vescovo che apparteneva a quella nuova generazione della
gerarchia cattolica consapevole di dover dare il proprio contributo al
dialogo e alla reciproca comprensione, specialmente in un’area dove le
tensioni geopolitiche si sommano a quelle religiose. In Turchia
monsignor Padovese era considerato oltrechè un bravo vescovo anche un
fine intellettuale. Era molto apprezzato negli ambienti più aperti della
moderna intellighenzia turca, da tempo conscia che per evitare
l’isolamento della Turchia non si possono soltanto stringere legami
militari ed economici con l’Occidente ma si deve pure partecipare, da
pari, al dibattito culturale europeo.
E’ chiaro che un’Europa più allargata anche sulla frontiera del
Mediterraneo sudorientale deve sapere intrecciare cultura e stimoli
religiosi intorno alle grandi confessioni mediterranee: Ebraismo,
Cristianesimo e Islam. Monsignor Padovese era riuscito a spiegare ai
più importanti circoli intettellettuali turchi l'urgenza, la bontà e
l'efficacia di un fecondo lavoro culturale e religioso elaborato a più
voci, attraverso il dialogo, la conoscenza, il rispetto reciproco. E nei
“colloqui sulla Bibbia” che organizzava da anni a Efeso, aveva
praticamente riproposto lo stile che fu proprio di San Paolo, convinto e
propositivo, certo, ma mai impositivo e apodittico. Così facendo, però
aveva scontentato gli ambienti conservatori, tanto quelli laici quanto
quelli religiosi, in un Paese molto geloso della sua identità recente,
che oscilla tra la fisionomia non confessionale e moderna voluta da
Ataturk e, all'opposto, la mitologia quasi mistica di una Turchia
esclusivamente islamica. La sua uccisione, avvenuta il giorno prima del
viaggio di Benedetto XVI a Cipro, ultimo lembo d’Europa su questa
inquieta frontiera, apre uno scenario per molti versi preoccupante.
«Porta e non muro è stata la vita di monsignor Padovese»: così
l'ha voluto ricordare l'arcivescovo di Milano (città natale di monsignor
Padovese), il Cardinale Dionigi Tettamanzi, nel suo intervento alla
fine della processione del Corpus Domini a cui ha partecipato tra gli
altri il sindaco del capoluogo lombardo, Letizia Moratti. Al
vicario apostolico dell'Anatolia, assassinato in casa, l'arcivescovo ha
voluto dedicare un pensiero «commosso e sgomento» rivolto «a un figlio
della nostra terra - ha detto - che ha servito con dedizione in Turchia
il Vangelo della pace e della misericordia».
Per tre volte il Cardinale Dionigi Tettamanzi ha definito la
vita del missionario porta e non muro verso la bellezza e l'amore di
Cristo. «Porta e non muro è stata la vita di monsignor Padovese,
spesso sotto scorta eppure così libera di annunciare il Vangelo in terra
arida»; «porta e non muro - ha aggiunto - la Chiesa che egli ha voluto,
piccolo gregge aperto all'amicizia delle genti; porta e non muro per
accogliere fino alla fine, come te Signore Gesù, le lacerazioni che
abitano il cuore dei popoli e degli uomini, anche di colui che ha
follemente levato la sua mano e per il quale egli continua ad essere
fratello e padre».
Dossier a cura di Alberto Chiara e di Pino Pignatta