27/03/2013
Papa Francesco,. Foto Reuters.
È la corruzione il male del nostro tempo. Papa Francesco lo diceva già, da arcivescovo di Buenos Aires, alla sua diocesi riunita in assemblea. Era il 2005 e l’allora cardinale denunciava che «alla radice di ogni corruzione c’è la stanchezza della trascendenza». Non bisogna confondere, diceva l’arcivescovo, «il peccato con la corruzione. Il peccato può essere perdonato. Dalla corruzione bisogna guarire». Ed è proprio Guarire dalla corruzione il titolo con il quale la Emi, ha mandato in stampa lo scritto originariamente intitolato Corruzione e peccato, Alcune riflessioni attorno al tema della corruzione. A presentarlo, insieme con l’altro testo – Umiltà, la strada verso Dio – nel salone della Civiltà cattolica ci sono padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore della rivista, don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, Lucetta Scaraffia, editorialista dell’Osservatore Romano, Lorenzo Fazzini, direttore editoriale della Emi.
«Il modo con il quale il Papa affronta il tema della corruzione», spiega padre Spadaro, «è molto gesuitico e richiama le immagini forti della nostra tradizione: la persona corrotta come una pentola d'acqua chiusa che ribolle o il cattivo odore della putrefazione. Immagini che indicano la chiusura in sé stesso dell'uomo corrotto. Mentre il peccatore è perdonabile, il corrotto va curato, perché taglia i legami con il mondo e ha bisogno di guarigione». E fa un esempio: «Rubare il portafoglio a una signora è peccato, il borseggiatore sarà arrestato e la signora racconterà alle amiche l’accaduto e tutte saranno d’accordo nel dire che questo mondo va male e che le autorità dovrebbero prendere delle misure, visto che non è più possibile uscire per strada… Ma la signora in questione, vittima del borseggiatore, non si preoccupa minimamente del fatto che suo marito – negli affari – truffa lo Stato evadendo le tasse, e licenzia i suoi impiegati ogni tre mesi per evitare di doverli assumere a tempo indeterminato. E suo marito, e magari anche lei, si vantano di queste destrezze commerciali e imprenditoriali. Io chiamo questo "sfacciataggine pudica"».
«La corruzione», spiega ancora il Papa, «non è un atto, ma uno stato,
uno stato personale e sociale nel quale uno si abitua a vivere».
Nella postfazione, scritta per l'occasione, il nuovo presidente del
Senato, Pietro Grasso, sottolinea come combattere la corruzione debba
«diventare la priorità anche della classe politica». E don Ciotti
aggiunge: «Bisogna riprendere la legge sulla corruzione, che è monca e
insufficiente e bisogna renderla più forte e incisiva, non dimenticando
che la corruzione fa da humus e viatico per le mafie e le criminalità».
Circa la Chiesa, insiste il fondatore di Libera, «io credo che ci
sia, nel Papa, una voglia di portare avanti un processo di
purificazione, anche all'interno della Chiesa, da un punto di vista di
potere: la Chiesa è una Chiesa povera vicina ai poveri, la Chiesa
dev'essere più profetica e meno diplomatica, soprattutto la Chiesa
dev'essere una Chiesa che sceglie la sua essenzialità. Quella di papa
Francesco è una Chiesa libera».
Annachiara Valle
Dossier a cura di Alberto Chiara