16/03/2013
Un'immagine dell'incontro tra il Papa e i giornalistio nell'aula Paolo VI. Foto Ansa.
Avevo notato, durante le Congregazioni generali, che Jorge Mario Bergoglio arrivava in Vaticano a piedi, uno dei pochi cardinali senza papalina rossa, e filava via discretamente. Era stato il contendente di Joseph Ratzinger nel Conclave del 2005, qualche navigato “insider” di Vaticano mi aveva fatto il suo nome. Ho provato a contattarlo. Gli ho lasciato un biglietto alla Casa internazionale del clero di via della Scrofa, dove risiedeva prima del Conclave. Non mi attendevo che mi rispondesse. E invece giovedì mattina mi squilla il cellulare e un gentile signore dall’intonazione sudamericana mi dice: “Mi scusi, ma vista la situazione preferisco non parlare…”. Quasi si scusava con il giornalista sconosciuto, l’arcivescovo di Buenos Aires.
Quando si è affacciato dal loggione di San Pietro vestito di bianco, il mercoledì sera successivo, sono rimasto esterrefatto. I 115 porporato del Conclave avevano eletto il cardinale che ti richiama al telefono. Sono rimasto altrettanto sorpreso quando il mio nome è stato estratto a sorte per prendere parte al cosiddetto “baciamano” a fine dell’udienza che papa Francesco ha concesso ai giornalisti accreditati per il Conclave. Mentre stringevo la mano al Papa, ne ho approfittato per dirgli, in un brevissimo colloquio, che ero stato contento, da giornalista, di aver seguito la sua elezione, che considero un fatto di portata storica. E che avevo molto apprezzato le parole che lui aveva appena pronunciato, invitando i giornalisti a prestare “particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza”. “Le tre cose – mi ha risposto lui – vanno insieme: la verità da sola non basta, la bontà da sola non basta, la bellezza da sola non basta”. Semplice, diretto, tranquillo. Papa Francesco.
Iacopo Scaramuzzi