15/02/2012
Mah ’enôsh? «Che cos’è l’uomo?», s’interroga
il Salmo 8. Il vocabolo che definisce
l’uomo evoca fragilità, debolezza,
caducità. Eppure nel versetto successivo
lo stesso Salmista rimane quasi a bocca
aperta di fronte a un prodigio: «L’hai fatto poco
meno di un dio, di gloria e di onore lo hai
coronato!». Sono un po’ questi i due estremi
che reggono l’arco della storia umana.
Anche gli antichi Greci, con Democrito di
Abdera del V-IV secolo a.C., erano convinti
che l’essere umano fosse un microcosmo pieno
di segreti. Ma nel Faust del grande poeta
Goethe, Mefistofele sghignazzava in tedesco:
l’uomo è die kleine Narrenwelt, è un «microcosmo
di pazzia». Per scoprire in profondità
questo mistero di splendore e di miseria che
siamo noi, abbiamo a disposizione una sorta
di grammatica speciale, la Bibbia.
Nei nostri giorni distratti e superficiali,
Famiglia Cristiana ha voluto aprire una specie
di viaggio-pellegrinaggio su un terreno
solido, quello della riflessione limpida ma rigorosa.
Lo ha fatto attraverso una collana di libri intitolata Buc, Biblioteca universale cristiana,
evocando il suono dell’inglese book,
“libro”, e partendo col Libro per eccellenza,
la Bibbia, che significa in greco “i libri”.
A presentarsi in apertura è la figura umana
tratteggiata in alcuni suoi lineamenti.
Quelli scelti non sono né tutti, né gli unici
profili biblici possibili per abbozzare un simile
ritratto, ma sono quelli che ci toccano più
da vicino: c’è la gioia ma anche la paura, il segreto
del cuore ma anche la lacerazione aspra
che il dolore incide nella carne e nell’anima.
Soprattutto, domina quella stella che illumina
la notte dello spirito, cioè l’amore. La
Bibbia ne dipinge i volti, lo vede brillare nella
coppia il cui abbraccio è “immagine” del
Dio creatore, lo rintraccia nell’amicizia, lo incontra
nella grandezza e nelle prove della famiglia
e lo insegue fino alla vecchiaia. Un itinerario
affascinante nel quale un po’ tutti ci
rispecchieremo, un percorso che alla fine assumerà
il volto di un uomo amico, quel Gesù
di Nazaret che si definì col titolo evidente eppure
misterioso di «Figlio dell’uomo».
Gianfranco Ravasi