08/09/2012
Da sinistra: Maya Sansa, Isabelle Huppert e Alba Rohrwacher, interpreti del film di Bellocchio (Reuters).
Dalla stilizzata
crudeltà asiatica si passa all'ambiguità tutta italiana con Bella
addormentata di Marco Belloccchio, atteso film sul sofferto caso di
eutanasia della giovane Eluana Englaro, ancora vivo nella memoria e nelle
emozioni di tutti noi. Le polemiche, inevitabili, erano nell'aria ma la cosa
inaccettabile è che molti di coloro che le hanno sollevate (a cominciare
dall'allora ministro della sanità Maurizio Sacconi) lo abbiano fatto senza
neppure aver visto la pellicola. Grave errore, perché di un film non bisogna
aver paura: lo si può criticare, stigmatizzare oppure condividerlo in parte.
Mai però demonizzarlo.
Anche perché, va detto, Bellocchio ha girato un bel
film, come se ne sono visti pochi in Laguna. Merito anche delle intense
interpretazioni di attori (Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher,
Michele Riondino, Maya Sansa, il figlio Piergiorgio del regista) che si
calano nei panni di personaggi che, mentre in Tv e sui giornali si consuma il
caso Englaro, vivono di riflesso la drammaticità di situazioni ad esso
assimilabili.
C'è il senatore del Pdl richiamato a Roma per votare la legge ad
hoc che vorrebbe far passare, per puro opportunismo politico, il premier
Berlusconi. Solo che lui sarebbe contrario anche per questioni assai intime.
C'è la di lui figlia, attivista di un gruppo per la vita, che va a Udine per
manifestare davanti alla casa di cura dove si sta spegnendo Eluana, spinta però
anche lei da personalissime motivazioni. Contemporaneamente, c'è un'attrice un
dì famosa che vive reclusa nella sua bella magione pregando e lottando affinché
invece sua figlia, pure lei in coma vegetativo, possa risvegliarsi. Peccato
che, infervorata dalla missione, si disinteressi sia del marito che dell'altro
figlio. E poi c'è un giovane medico, non ancora incallito da anni di
professione, che s'imbarca nella redenzione di una tossicodipendente. Ogni
brandello di storia può rispecchiare un diverso punto di vista, può essere
stimolo di riflessione sia personale che collettiva.
Belloccchio, certo, non ha
mai fatto mistero delle sue idee. Che un laico militante come lui abbia
cosparso la storia di dubbi, lasciando allo spettatore libertà di giudizio su
un tema delicato come la fine vita, è già cosa rimarchevole. Se poi si volesse
vedere il bicchiere mezzo pieno, oltre alla strenua difesa della vita fatta dal
giovane medico, ci sono le parole della dichiarazione di voto che il riluttante
senatore non farà in tempo a pronunciare in aula ma che, nel buio di una notte
insonne, ascoltiamo preparare e soppesare. Tanto dolore e tanta lacerante
incertezza sono segno di profondo rispetto morale.
Maurizio Turrioni