8 marzo: lavoro e qualità della vita

Le violenze contro le donne e i salari più bassi sono spie di una disuguaglianza non colmata, neppure in Europa.

Il nemico dentro casa

08/03/2012
Mario Albanese esce dalla Questura di Brescia. Ha ucciso 4 persone per gelosia.
Mario Albanese esce dalla Questura di Brescia. Ha ucciso 4 persone per gelosia.

    Un po' festa un po' protesta, la Giornata internazionale della donna non dovrebbe proclamare innanzi tutto il diritto alla vita. Invece, anche in Italia, Paese occidentale a pieno titolo, la cronaca terribile dei giorni scorsi quasi obbliga le donne a denunciare e riflettere sulle violenze che molte, troppe ricevono proprio da chi le amava o proclamava di amarle. Quando avviene un omicidio in famiglia, nell'85% dei casi la vittima è una donna, quasi sempre la moglie o la fidanzata dell'assassino. Secondo uno studio della Casa delle donne di Bologna, le donne uccise volontariamente in Italia lo sono nel 22% dei casi da parte di mariti o compagni, per un altro 22% da parte di ex, nel 13% di casi da conoscenti o colleghi. L'assassino, insomma, ha un volto noto.

    All'alba di domenica 4 marzo Mario Albanese, alla periferia di Brescia, ha ucciso la ex moglie Francesca Alleruzzo, il nuovo compagno di lei, la figlia di primo letto di Francesca, Chiara, e il suo fidanzatino. Poi ha cercato di spararsi, ma l'arma si è inceppata. In Questura a Brescia dopo l'arresto, chiedeva solo "Mi fate vedere le mie bambine?": le tre figliolette di lui e Francesca che erano in casa e che lui aveva risparmiato dalla terribile vendetta.

    Fatti così atroci ci spingono sempre a domandarci quanta follia ci sia negli uomini che picchiano le donne arrivando anche ad ammazzarle, nei violenti entro le mura di casa che all'esterno possono apparire inappuntabili. Ma la risposta dello psichiatra Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di Neuroscienze all'ospedale Fatebenefratelli di Milano, non permette di relegare questi comportamenti nelle patologie psichiatriche. Non è la follia a determinarli

Lo psichiatra Claudio Mencacci.
Lo psichiatra Claudio Mencacci.

    Professor Mencacci, gli uomini che uccidone le donne sono malati?

   "Nella stragrande maggioranza dei casi questi comportamenti omicidi non sono causati da malattia mentale, non sono risultato di rabbia o stress, nè di un cattivo temperamento. L'uso di alcool o droga, come nel caso di Brescia, è un'aggravante, un fattore maggiormente scatenante, ma la base di tutto sta nella credenza che questi uomini hanno di avere diritto a controllare, a detenere il potere su un'altra persona. Dobbiamo dirlo chiaramente. Non è un problema di malattia. Il problema è che la relazione abusante si basa proprio sulla credenza di una persona ad avere diritto di controllo e di potere su un'altra".

    E' un sentimento così forte da portare alla violenza?

    "Assolutamente sì. E' il possesso, è il non poter tollerare che l'altra persona non sia sotto il proprio dominio. Ci sono molti luoghi comuni intorno a questo tipo di violenza. Per esempio, che è rara. Non è vero, abbiamo visto che nel nostro Paese viene uccisa una donna ogni due giorni. Non è vero che succeda solo nelle famiglie povere, perché succede in tutte le fasce. Non è vero che sia facile da interrompere, perché una relazione impostata sulla violenza e sull'abuso è difficilissima da interrompere, soprattutto quando ci sono figli. La donna si ritrova vittima del controllo violento spesso in una condizione di isolamento sociale. Ha una bassissima stima di sè. A volte ha una fede religiosa o comunque crede molto nella promessa fatto con il matrimonio. E poi ha un senso di paura, di colpa o, peggio ancora, di ottimismo che la situazione cambi. Gli uomini violenti non cambiano. Molti si domandano perché, allora, non li denuncino: perché spesso c'è senso di colpa, c'è vergogna, c'è paura. I dati ce lo dicono chiaramente: queste donne tentano di lasciare il proprio partner dalle 5 alle 7 volte, prima di riuscirci. E, soprattutto, se tornano indietro, ogni volta l'altro aumenta la violenza. Le donne che si separano da un compagno violento, hanno un rischio maggiore del 75% di venire uccise. Non c'è un caso, in questi omicidi, che non sia stato preceduto da un lungo periodo di stalking. Questi uomini sono pericolosi".

Le violenze contro le donne sono determinate dal sentimento di possesso.
Le violenze contro le donne sono determinate dal sentimento di possesso.

    Le leggi contro la violenza sulle donne in Italia ci sono. Cos'altro si può fare?

     "Sì, per fortuna ora la legge c'è. Ma non esiste ancora sufficiente attenzione a questo tipo di minacce, soprattutto c'è ancora una certa inerzialità sulla violenza che preannuncia il crimine. Non si interviene molto facilmente, la sensibilizzazione non è ancora abbastanza alta in tutta l'area dei servizi pubblici e sanitari: siamo pubblici ufficiali, abbiamo l'autorità per segnalare determinate condizioni. Credo che sarà anche necessario costituire un'area di polizia specificamente dedicata, come hanno fatto in Spagna. Là avevano un problema analogo al nostro, se non maggiore: a qualcosa è servito. E poi bisogna mettere in sicurezza le donne a rischio, anche se so che non è semplicissimo. Perchè c'è una situazione di violenza crescente, e sta aumentando anche la possibilità di trovare armi da fuoco, il che aumenta il livello di pericolosità. Oggi una donna che si ritrova un marito violento fa moltissima fatica. Sa quando si separano? Soprattutto quando hanno la percezione che ci sia un rischio per i figli. Oppure quando avvertono realmente la paura di morire".

    Ci sono passaggi che permettano di vedere un'uscita dal tunnel?

    "Credo che i passaggi che stanno avvenendo siano questi: sensibilizzare, facilitare la possibilità di segnalazione e di denuncia. Poi, si tratta di tutelare queste donne e i loro figli, nelle situazioni in cui vanno tutelate. Inoltre, bisognerebbe prestare molta attenzione nel mantenere a distanza uomini che minacciano, controllarli sul possesso di armi di offesa, ancor di più se armi da fuoco. Poi, dobbiamo puntare molto sull'educazione, anche sull'educazione delle nuove generazioni, perchè purtroppo la violenza si apprende: è un modo di comportarsi, di percepire le relazioni. Noi ci dimentichiamo sempre che molte violenze di uomini contro le donne si manifestano addirittura durante la gravidanza. Invece si tratta della seconda causa di morte in gravidanza, dopo le emorragie uterine. E i figli in casa guardano, osservano, vedono che esiste questo modo di relazionarsi e purtroppo a volte lo acquisiscono. Dobbiamo proprio educare al fatto che i rapporti e i sentimenti sono una cosa, e che il possesso è un'altra. Perché in queste violenze si tratta di possesso. Non c'è nient'altro".

Rosanna Biffi
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