14/03/2011
Le loro preoccupazioni vengono esasperate dalle continue lamentele delle insegnanti rispetto all’impossibilità
di comprendere la grafia di M., tanto che viene proposto l’utilizzo di un ausilio computerizzato da usare in
classe a cui M. si oppone comprensibilmente per non sentirsi “discriminato” rispetto ai compagni. Il non volersi
sentire “diverso” emerge anche dal suo desiderio di cambiar nome proprio perché riflette le sue origini non
italiane. M. mostra, dunque, una tendenza a “rifiutare la differenza” nel tentativo di assimilare la filiazione adottiva
a quella naturale. L’adozione e l’abbandono riconducono ai concetti di “diversità” e di “non amabilità” che fanno sentire i bambini come M. non meritevoli di amore e insicuri nella relazione con i genitori adottivi. Il legame affettivo reso insicuro dalla paura di essere nuovamente abbandonato, dal dolore derivato da una perdita reale (perdita della mamma biologica) e dalla paura legata a una perdita immaginata (perdita della mamma adottiva), si manifesta in M. attraverso
il bisogno continuo di rassicurazioni, mettendo continuamente alla prova i genitori, provocandoli o opponendosi con continui capricci, come li definisce il padre: «Non risponde alle nostre domande, non vuole mai fare i compiti, dice tante bugie, si intestardisce e vuole a tutti i costi andare al McDonald’s anche se la mia macchina è guasta». Sono tipici, inoltre, in M., momenti di regressione infantile, quando per esempio parla con il tono della voce di un bambino più piccolo e piange disperato.
L’angoscia abbandonica
e l’ansia da separazione
dai suoi genitori lo inducono
quasi tutte le sere a
chiedere di dormire nel
lettone con i genitori o
chiedere al papà di rimanere
sveglio fino a quando
lui non si addormenta:
«Perché non vuole dormire
da solo, non è successo
nulla prima di andare a letto,
né un temporale, né un
litigio». M. ha paura che al
risveglio possa non trovare
più i suoi genitori e quindi
non fa altro che chiedere
rassicurazione mantenendo
la massima vicinanza fisica
alle figure per lui significative:
mamma e papà. I
comportamenti che riguardano
la richiesta di cura o
di vicinanza protettiva sono
innati e messi in atto da
tutti i piccoli della specie
umana, basti pensare per
esempio al pianto del neonato
che piangendo chiama
a sé la madre quando
questa è lontana. Bowlby
(1969, 1973, 1980) ha definito
questi comportamenti
“sistema di attaccamento”.
La loro funzione è
quella di orientare il bambino
verso la madre per garantirsi
protezione e sopravvivenza
in caso di pericolo.
Tale sistema è sempre
attivo, in particolar
modo nei bambini piccoli
poiché maggiormente vulnerabili.
In M. il sistema di attaccamento
è sempre attivo,
per controllare la disponibilità
dei genitori in quanto,
proprio come un bambino
piccolo è estremamente
vulnerabile. La sua
vulnerabilità deriva dalla
deprivazione di cure materne
e dalla mancanza di
un’altra figura significativa
vicariante o sostitutiva,
dall’istituzionalizzazione
per circa 2 anni di vita e
dalla presenza di genitori
adottivi molto spaventati.
All’ansia da separazione si
aggiunge una forte ansia
da prestazione rispetto alle
sue performance scolastiche:
la paura è quella di essere
giudicato negativamente
perché non bravo a
scuola e ciò amplifica il timore
di non essere amato
(“se non sono bravo a scuola
come vogliono i miei genitori
allora non sono amabile
abbastanza”).
Le paure diM. aumentano
i suoi stati dissociativi
(«è sempre distratto, non
ascolta quando gli parliamo
») e sono la causa, in
forma psicosomatica, dei
comportamenti nervosi descritti
dal padre: «Muove
continuamente la spalla
destra verso l’alto o la testa
da destra a sinistra velocemente,
sembra che abbia
dei tic, inoltre fa continuamente
cr cr con la gola».
Dalila Esposito