14/03/2011
La mamma e il papà di
M., infatti, spaventati di
non essere amati dal figlio
tanto da poter essere prima
o poi loro stessi abbandonati,
hanno evitato di affrontare
insieme il tema
dell’adozione e tutte le
paure a essa legate. Nel
corso del tempo M. non
ha avuto una guida per riuscire
a mettere insieme un
quadro complessivo della
sua esistenza. M. non ha
una storia di vita conosciuta,
i suoi ricordi sono frammentati,
discontinui, confusi
e dolorosi. I suoi schemi
mentali sono organizzati
in maniera caotica e rimandano
a significati emotivi
(come il non essere
amabile) troppo complessi
e intensi da poter essere
tollerati. Il congelamento
cognitivo, emotivo (difficoltà
di comprensione ed
espressione delle emozioni)
e comportamentale
che ne deriva, si manifestano
con una disorganizzazione
del linguaggio
(«boh... humm... sì, forse...
non lo so, ma, forse
no»), con una chiusura comunicativa
e rigidità fisica.
I disegni “degli omini”,
figure stilizzate senza volto,
senza mani e piedi, sono
l’espressione grafica
del mondo interiore di M.
caratterizzato da un vuoto
emotivo, da un’angoscia
catastrofica e da una paura
che diventa, come afferma
Bion, un terrore senza
nome. Per M., quindi, entrare
in contatto con le
proprie emozioni è mostruoso,
incomprensibile
e intollerabile, da tenere
lontano, da evitare.
Con l’avvicinarsi delle
vacanze estive e quindi dell’interruzione
temporanea
della terapia, M. mette
in atto delle strategie difensive
per gestire l’ansia
da separazione dalla terapeuta:
«Non voglio venire
più, qui mi annoio» il cui
significato è: “interrompo
io la nostra relazione prima
che possa farlo tu”.
Con la collaborazione
dei genitori, che non si sono
scoraggiati né spaventati,
M. ha incontrato la sua
terapeuta per mettere per
iscritto delle regole di setting
(date e orari degli appuntamenti
previsti per
settembre), per fare un
patto scritto in cui entrambi,
terapeuta e M., si impegnano
a rivedersi a settembre
e che negli incontri
non avrebbero parlato. Il
patto scritto, in duplice copia,
lo ha rassicurato rispetto
al fatto che la terapeuta
non lo avrebbe abbandonato
come avevano
fatto i suoi genitori biologici. Esso, inoltre, fungeva
da schema in cui M. poteva
ordinare mentalmente
la dimensione temporale
(date e orari degli incontri)
e la dimensione emotiva
in quanto avevamo concordato
che non si sarebbe
parlato né avrebbe dovuto
rispondere a domande,
ciò lo rassicurava rispetto
al fatto di non dover
affrontare tematiche
per lui dolorose.
Dalila Esposito