30/07/2012
Sarebbero necessari sistemi
di welfare e di giustizia
efficienti ed efficaci
nella tutela dei diritti dei
figli minori, soggetti vulnerabili.
Ma i problemi sono
vari. Il genitore “adultescente”
in crisi di coppia,
si attende che avvocato,
giudice e assistente sociale
modifichino la relazione
con l’altro genitore,
ritenuta invivibile per
esclusiva responsabilità di
questi; desidera e richiede,
se non vendetta, soluzioni
quasi magiche, risolutive
della crisi. Vi è ricerca
di rivincita e di delega
crescente in modo direttamente
proporzionale
all’“adultescenza” dei richiedenti.
A tutto ciò il sistema
non è preparato e
non ha risposte.
È evidente che non è
questa la funzione degli
addetti ai lavori, a cominciare
dall’avvocato che deve
dare voce alla domanda
di giustizia secondo le
leggi, e non assecondare
le istanze più disparate.
Inoltre una soluzione
esterna, imposta dalle istituzioni,
non risolve il problema.
La giurisdizione
in materia di famiglia, soprattutto
quando riguarda
figli minori di età, non
può limitarsi a stabilire
torti e ragioni, ma deve
mirare alla ricostruzione
delle relazioni su assetti
diversi e funzionali all’interesse
dei più deboli; per
funzionare veramente necessita
dell’adesione e del
coinvolgimento attivo dei
soggetti adulti. Si tratta di
giurisdizione “mite”, non
intrusiva, volta alla riattivazione
delle risorse dei genitori,
ma non “debole”
che lasci spazio a comportamenti
agiti in contrasto
con l’interesse dei figli,
criterio determinante di
giudizio in tutte le questioni
che li riguardino.
Il nostro sistema di giustizia
sulle relazioni familiari
risulta però inadeguato
al compito: problematiche
strutturali riguardano
sia l’impostazione della
normativa civilistica, di impronta
sostanzialmente
patrimonialista, sia la strutturazione
della giurisdizione
relativa alle relazioni familiari,
frammentata tra
più giudici (tribunale, giudice
tutelare, tribunale
per i minorenni) con regole
processuali diverse.
Un vero ginepraio nel quale
si muovono con difficoltà
anche gli addetti ai lavori
non molto esperti.
La famiglia “isola felice”
che non deve essere
che lambita dal diritto si
sta trasformando in un arcipelago
investito da tsunami:
sia perché l’attesa
dell’utenza “adultescente”
è per “interventi taumaturgici”,
sia perché il
nostro sistema di giustizia
sulle relazioni familiari e
le relative leggi sono ritagliate
per modelli sociali
che non contemplano le
nuove fenomenologie.
Maria Beatrice Toro e Maria Giovanna Ruo