18/05/2011
Ormai da più fronti, l’attuale clima culturale viene
associato, e spesso identificato, con la ripetizione
estenuante di un “ritornello”, entrato di
buon grado nel linguaggio e nell’immaginario comune:
il problema di carattere sociale e morale, molto avvertito
negli ultimi 10 anni, che viene spesso sintetizzato
con l’espressione emergenza educativa.
Secondo numerosi esperti, le cui competenze teoriche
e pratiche si distribuiscono su molteplici versanti disciplinari
(psicologia, pedagogia, sociologia, teologia, filosofia,
economia, etc.), la nostra società è, nella sua interezza,
interpellata a far fronte a questa “sfida complessa”,
non più rinviabile, e alla quale neanche la Chiesa italiana
ha pensato bene di sottrarsi, scegliendo, piuttosto,
di dedicare a tale appello l’intera cura pastorale del
prossimo decennio.
Per diversi anni, tuttavia, soprattutto in Italia e in Europa,
ci si è ben guardati dal trattare la tematica dell’educazione
in modo adeguato e attento, così come
avrebbe ampiamente meritato. Eppure, secondo i dati
raccolti nel 2007 dall’équipe di esperti che ha lavorato
al progetto di ricerca condotto in Italia e intitolato Sussidiarietà
ed educazione, risulta che ben il 61% delle famiglie
considera oggi l’educazione la prima emergenza nazionale,
e che anche un buon 35% la fa rientrare tra i
primi e più urgenti provvedimenti che la riflessione culturale,
in genere, e lo Stato italiano, in particolare, dovrebbero
avere molto a cuore e non trascurare.
Simone Bruno e Orsola Vetri