19/05/2011
(questo articolo fa parte del numero di maggio - giugno 2011 di Famiglia Oggi). E' possibile abbonarsi al bimestrale cliccando qui.
Osservando lo sviluppo del volontariato negli
ultimi anni, è evidente la crescita in complessità
dei ruoli – di difesa e promozione
dei diritti, ma anche di sperimentazione e gestione
di servizi, di diffusione dei valori della solidarietà e
di partecipazione alle politiche sociali – e quindi
delle funzioni di tipo organizzativo e gestionale richieste
per operare con qualità e continuità.
È una complessità che riguarda l’oggetto dell’impegno
del volontariato, non più solo i settori socioassistenziale
e sanitario, ma anche quelli che determinano
la qualità della vita dei cittadini e delle comunità
(ambiente, protezione civile, educazione
permanente, cultura, sport, solidarietà internazionale).
Tale complessità riguarda anche il modo di
funzionare di un’organizzazione di volontariato
(Odv) per la quale è oggi necessario fare programmazione
e progettazione mirata, monitorare i bisogni
della propria utenza o del territorio, acquisire,
curare e valorizzare la risorsa umana, fare buona comunicazione
– autoreferenziale o promozionale,
ma anche di sensibilizzazione dell’opinione pubblica
– così come non può non fare valutazione sociale
del proprio operato, raccogliere fondi sfruttando le
maggiori opportunità e il più ampio spettro di donatori
disponibili. Infine, essa deve rapportarsi con i
soggetti esterni, stringere alleanze, intrecciare rapporti
collaborativi con soggetti omologhi e stare nelle
reti e negli organismi consultivi e partecipativi.
Tale complessità di funzioni comporta, da una
parte, che il “lavoro” dei volontari sia oggi più impegnativo
e continuativo – quindi sostenibile da un numero
minore di attivisti rispetto a un tempo – e, di
conseguenza, che le Odv siano sempre alla ricerca
di risorse umane per realizzare la mission, con la tendenza
a fare leva sui finanziamenti, inducendo
così una professionalizzazione
e un “cambio di passo” gestionale
che le allontana dal volontariato. Dall’altra,
tale complessità accentua le
differenziazioni interne al fenomeno
tra i settori, da quelli di welfare a quelli
della partecipazione civica; per dimensioni
– grandi organizzazioni, piccole,
ma inserite in apposite reti nazionali,
piccole ma indipendenti –
per composizione – dalle compagini
di soli volontari, a enti a base associativa,
a organizzazioni miste semiprofessionalizzate
– per vocazione, da nuclei
di pura testimonianza a organizzazioni
a elevata capacità di gestione di
servizi, a unità molto specializzate.
Renato Frisanco