01/11/2012
Nell’ultimo biennio, il tema
dell’immigrazione è tornato prepotentemente
in primo piano anche sulla
scena politica internazionale. Nel
nostro Paese, ha ripreso vigore nella
prima parte del 2011 soprattutto a
causa degli sconvolgimenti che hanno
cambiato la geografia politica dei
Paesi nordafricani e della conseguente
ondata di immigrati che ha raggiunto
Lampedusa e le nostre coste.
Nel primo quadrimestre del 2011,
per esempio, il tema dell’immigrazione
nei telegiornali ha ricevuto un’attenzione
pari al 6%, contro una media
europea del 2% (Osservatorio di
Pavia, 2011). Anche se, complessivamente
nei telegiornali europei, la questione
migratoria non è tematizzata in
modo ansiogeno – con una media europea
pari al 3,2% di tutte le notizie
inerenti gli immigrati –, in Italia essa
ha occupato l’agenda giornalistica
con notizie “allarmistiche” nel 14%
dei casi. Sul versante internazionale,
l’indagine Tti (Transatlantic Trends:
Immigration 2010) ha evidenziato come
gli italiani si dimostrino tra i più
scettici nei confronti dell’immigrazione.
Se nel 2008 più del 50% degli italiani
affermava di ritenere eccessivo il
numero di immigrati nel Paese e
l’80% si diceva preoccupato dall’immigrazione
clandestina, nel 2010 l’intolleranza
nei confronti degli immigrati
peggiorava ulteriormente: nel
2009 solo il 34% degli italiani riteneva
che gli immigrati regolari contribuissero
all’aumento della criminalità,
mentre nel 2010 tale opinione veniva
espressa dalla netta maggioranza
(56%), percentuale analoga a quella
relativa agli italiani convinti che gli immigrati
irregolari contribuiscano ad
aumentare la criminalità (57%).
Tra le indagini condotte nel contesto
italiano è da segnalare la ricerca
realizzata dall’Eurispes (2011). Dai
dati emersi si rileva che quasi la metà
degli italiani – il 46% – ritiene che un
atteggiamento di diffidenza nei confronti
degli immigrati sia giustificabile,
anche se solo in alcuni casi. Il 23%
definisce, invece, questo atteggiamento
“pericoloso”, il 18% “riprovevole”,
il 10% “condivisibile”. Anche in questo
caso, l’opinione più diffusa – condivisa
dall’86% degli intervistati – è
però che gli immigrati svolgono lavori
che gli italiani non vogliono fare,
contribuendo così al miglioramento
della nostra economia. Rispetto agli
adulti, la diffidenza dei giovani nei
confronti degli immigrati sembra –
paradossalmente – essere maggiore,
come si rileva da una ricerca realizzata
da Gfk Eurisko (2010).
Per circa i due terzi dei giovani intervistati
– ben il 76% –, infatti, la presenza
di stranieri immigrati nel nostro
Paese è ritenuta essere “numerosa”
o “molto numerosa”, ma solo il
22% degli intervistati vede in maniera
positiva questo fenomeno. Non sono,
però, tanto le differenze culturali e religiose
a spaventare i giovani, ma l’aumento
dell’incertezza quotidiana, dovuto
primariamente alla criminalità e
alla precarietà del proprio futuro, soprattutto
lavorativo.
Quello che sembra emergere dalle
indagini condotte negli ultimi anni è
la conferma che «la sicurezza è la condizione
necessaria per il dialogo tra
culture» (Baumann, 2003). È infatti il
senso di insicurezza a influire in modo
negativo sulla percezione del fenomeno
migratorio: l’insicurezza per la
propria incolumità – rafforzata dalla
percezione di un nesso tra immigrazione
e criminalità –, l’insicurezza generata
dalla crisi economica e occupazionale,
che vede gli immigrati quali
pericolosi competitor nell’accesso ai
posti di lavoro, e l’insicurezza alimentata
dal declino del sistema di welfare.
La persistente percezione di insicurezza
– che diventa fonte di intolleranza
– può essere superata solo grazie a
un nuovo disegno sociale, che prende
forma a partire da significati e valori
condivisi da tutti.
Giovanni Giulio Valtolina