01/11/2012
A partire dal 2007 l’andamento che
ha caratterizzato i primi anni del nuovo
secolo inizia però a modificarsi. Se
la progressiva consapevolezza del ruolo
dell’Italia nel sistema migratorio internazionale
e la trasformazione da
Paese d’emigrazione a Paese d’immigrazione
sono elementi che fanno ormai
parte del sentire comune della
maggioranza degli italiani, al contempo,
però, riflettendo tendenze presenti
anche in molti altri Paesi europei, i
dati mostrano il “ritorno” di un’inquietudine
e l’aumento dei timori e
delle preoccupazioni suscitate dagli
stranieri tra gli italiani. Lo confermano
i dati sia nazionali, come quelli rilevati
dalla Fondazione Ismu, sia internazionali,
come quelli rilevati dai ricercatori
di Eurobarometro.
L’impressione – segnalata da più
parti – è che i processi a favore dell’integrazione
in Italia abbiano rallentato la loro dinamicità, laddove prende
corpo una certa “apprensione” per
l’impatto complessivo di un’immigrazione
cresciuta più rapidamente di
quanto non ci si aspettasse. Ma se questo
è lo scenario di sfondo, le opinioni
espresse dagli intervistati mostrano
che esiste un complesso di atteggiamenti
assai articolati, a seconda dei diversi
ambiti che di volta in volta vengono
presi in considerazione.
Gli italiani, mostrando segnali di
apertura e di disponibilità nel riconoscere
il ruolo dell’immigrazione – è
infatti largamente condivisa non solo
l’idea che gli immigrati debbano godere
dei diritti politici attualmente riservati
ai cittadini, ma anche quella
che gli stranieri siano un fattore positivo
per lo sviluppo dell’economia –,
non sembrano prigionieri di rappresentazioni
astrattamente generiche
degli immigrati e aprioristicamente
“buone”, così come rifuggono da rappresentazioni
stereotipate in negativo,
come quelle che li dipingono alla
stregua di “barbari invasori”. Sembrano,
invece, in grado di elaborare giudizi
autonomi, su ambiti della vita sociale
diversi tra loro per contenuto e
per impatto sulla quotidianità.
Meno problematici sono gli ambiti
relativi al lavoro, alla partecipazione
politica, alle differenze culturali, mentre
più conflittuali – e quindi più ansiogene
– paiono le questioni legate alla
sicurezza e al welfare. Il tema
dell’immigrazione è stato riportato in
primo piano nel corso del 2009 in molte
occasioni, dalla questione del respingimento
dei barconi in Libia al decreto
sicurezza, sino al monito del presidente
della Repubblica sul rischio
del diffondersi di posizioni xenofobe
e intolleranti nel nostro Paese.
Riflettendo tendenze presenti anche
in altri Paesi europei, gli italiani
attestano la diffusione di quell’inquietudine
che era stata già rilevata a partire
dal 2007 e che sembra essersi ulteriormente
rafforzata con la comparsa
sulla scena mondiale della crisi economica,
che ha colpito numerosi Paesi
sul finire del 2008. Nel 2009, gli italiani
si mostrano assai reattivi al fenomeno
dell’immigrazione ed esprimono
posizioni più dure e intolleranti rispetto
a quelle manifestate anni prima.
Il 39% della popolazione, per
esempio, ritiene che l’immigrazione
vada fermata, contro il 24% che esprimeva
la stessa opinione nel 2002.
Le richieste, che emergono con forza
dalle indagini condotte in questo
periodo, reclamano il rispetto della legalità
da parte degli immigrati; la cessazione
di privilegi – veri o presunti –
attribuiti agli immigrati, in materia di
ammortizzatori sociali e di accesso a
scuole, asili, ospedali e servizi di pronto
soccorso; una maggiore presenza
della polizia dentro le città, per poter
più efficacemente garantire ordine e
sicurezza nei quartieri dove l’immigrazione
è presente numericamente in
modo più rilevante; maggior garanzia
di qualità didattica nelle scuole, stabilendo,
per esempio, un numero massimo
di alunni immigrati per classe; più
vigilanza sui luoghi di culto, e di ritrovo
in genere, soprattutto dei musulmani,
per prevenire il rischio di attentati.
Giovanni Giulio Valtolina