01/11/2012
Il primo decennio del nuovo secolo
è caratterizzato da diversi avvenimenti
che hanno giocato un ruolo più o
meno importante nell’orientare le
opinioni e gli atteggiamenti degli italiani.
Tra i principali ricordiamo: il
crollo delle Twin Towers a New York, a
seguito dell’attacco terroristico
dell’11 settembre 2001; la guerra in
Irak; gli attentati compiuti in Europa
da gruppi estremisti; la grave crisi economica
che ha colpito numerosi Paesi
sul finire del 2008.
Nei primi anni del nuovo secolo,
l’immigrazione, pur continuando a essere
ritenuta una fonte di preoccupazione,
non si rivela, tuttavia (sulla base
di diverse ricerche) come una tra
le principali, collocandosi quasi sempre
dietro altre cause di preoccupazione,
come l’aumento dei prezzi, la disoccupazione
e la criminalità.
Un’indagine significativa, che permette
di comparare dati ottenuti dal
1997 al 2002, è quella condotta
dall’istituto di ricerche Swg per l’Anci
(Associazione Nazionale Comuni Italiani),
sull’identità e i valori degli italiani
all’inizio del ventunesimo secolo.
Gli italiani fanno rilevare una sorta
di “serena certezza” di riuscire a metabolizzare
la presenza dello straniero
sul proprio territorio e mettono in luce
una progressiva disponibilità nei
confronti degli immigrati, dei quali
viene sottolineato il contributo di arricchimento
che apportano al nostro
Paese, minimizzando al contempo il
“potenziale di destabilizzazione” che
essi rappresentano per il mercato del
lavoro e l’ordine pubblico.
È significativo evidenziare come, secondo
i dati rilevati dall’indagine Swg
del 2002 e quanto emerso nell’indagine
Ismu (Valtolina, 2003), il grave attentato
alle Torri Gemelle dell’11 settembre
2001 non abbia fatto invertire
la tendenza all’apertura, in costante
crescita in quegli anni: si rileva, infatti,
solo una stabilizzazione delle risposte
“aperturiste” tra il 2000 e il 2002
(rispettivamente 54% e 55%).
Tale avvenimento sembra, comunque,
aver influito sulla “geografia della
fiducia”. Se dovessimo costruire
una classifica in base al gradiente di fiducia
riposto nei diversi gruppi, secondo
quanto rilevato dall’indagine
realizzata da Eurisko nel 2004, otterremmo
al primo posto gli immigrati
provenienti dai Paesi in via di sviluppo
(genericamente dall’Africa subsahariana
e dall’America del Sud:
60,4% di risposte in totale, suddivise
tra le categorie “molto” e “abbastanza”),
al secondo posto gli immigrati
provenienti dall’Europa dell’Est (dalla
Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca
e Slovacchia: 59%), al terzo posto
gli immigrati cinesi (54,8%), al quarto
posto gli immigrati dai Paesi dei
Balcani (dall’ex-Jugoslavia, Albania,
Romania, Bulgaria: 44,8%), e al quinto
e ultimo posto gli immigrati originari
dei Paesi arabi (40,5%).
Nel 2004, l’indagine realizzata
dall’Ismu (Valtolina, 2005), ha messo
in luce gli aspetti principali del progressivo
trend di apertura caratteristico
dei primi anni del ventunesimo secolo.
Nel 2004 aumenta, rispetto al
2003, la percentuale di coloro che
esprimono la convinzione dell’utilità
del lavoro immigrato in funzione delle
esigenze dell’economia italiana
(nel 2005, tale convinzione è condivisa
da oltre i 3/4 del campione). Aumenta
anche la percentuale di coloro
che ritengono che gli immigrati ci arricchiscano
culturalmente.
È importante sottolineare come la
variabile legata al titolo di studio giochi
un ruolo determinante rispetto alla
strutturazione di un atteggiamento
favorevole e tollerante nei confronti
degli immigrati. In linea, invece, con
le fluttuazioni rilevate nel corso degli
anni, l’andamento percentuale di coloro
che credono in un rapporto di
causazione tra immigrazione e incremento
della criminalità: mentre nel
2001 la percentuale era scesa di 13
punti, e nel 2002 e nel 2003 era risalita
di circa 6 punti, nel 2005 torna a
scendere, di oltre 5 punti (58,7%).
Giovanni Giulio Valtolina