01/10/2012
Dieci Comandamenti. Non è affatto
scontato che si ricordino. È un comando
di Dio, invece, impararli a memoria
e trasmetterli ai propri figli:
«Questi precetti che oggi ti do, ti stiano
fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi
figli, ne parlerai quando ti troverai a
casa tua, quando camminerai per la
via, quando ti coricherai e quando ti
alzerai...» (Dt 6, 6-7). Il nostro rapporto
con il Decalogo risale all’infanzia;
per molti un ricordo sbiadito, come
una poesia di Pascoli o Leopardi; per
altri una realtà ignorata, poiché mai
appresa. Coltiviamo un desiderio: provare,
con umile e profonda convinzione,
a riordinare le idee a questa nostra
umanità che ha smesso di credere,
che non sa in chi credere, che a
suo modo crede o ritiene di credere.
Un’umanità che manca di un “principio
spirituale unificatore” dell’esistente,
di regole oggettive per dare nuova
cittadinanza alla legge dell’amore.
Questo nostro mondo è complesso,
disordinato, spesso indecifrabile. Una
grande tragedia del nostro tempo,
che sottende alla cosiddetta emergenza
educativa, trova un paradigma dominante
nella separazione dell’etica
dalla metafisica, dell’etica dallo spirituale.
Ne consegue il cambiamento
della visione del reale, della percezione
delle relazioni, con il risultato che
si separa il senso morale dal valore
dell’esistere, si perde la tensione verso
le virtù, si smarrisce la passione per la
conversione personale e comunitaria,
per il senso del dovere, del sacrificio.
Chi pone rimedio a questi squilibri?
Se non ci sveglieremo dal torpore
che è sceso sulle nostre responsabilità
educative, tornando a vivere in armonia
con noi stessi, con le nuove generazioni,
con le differenti visioni del
mondo, noi renderemo la nostra terra
sempre meno riflesso del cielo e
l’uomo e la donna sempre meno riflesso
del divino. La legge morale, positiva,
scritta nel cuore dell’uomo, è
anzitutto una legge interiore, è
quell’intima convergenza dell’animo
umano verso il bene in quanto vero
bene e ripugnanza del male in quanto
male. Le leggi, i precetti religiosi, i
costumi sono solo l’espressione esteriore
e dipendono dai tempi, dalla natura
sociale dell’uomo.
Ora l’uomo non è scindibile: l’uomo
che vive con gli altri è l’uomo che
vive nella sua interiorità. La falsità, la
malvagità non esistono nella natura,
sono solo un disordinato rapporto tra
noi e la natura, un’alterazione, un’inversione
di valori, un disequilibrio tra
noi e il mondo esterno, fra noi stessi.
È impossibile che la falsità sia buona,
né che il male sia bello! È contro la coscienza
umana. Solo dall’adesione interiore,
profonda, dell’intimo dell’uomo
con il vero, con il bello, con il buono
le nostre azioni, le nostre attività
pubbliche potranno produrre beni
duraturi e di vero progresso umano.
Non si può costruire una comunità
umana più giusta per tutti senza un disegno
solidale di Stato e di società, sen
za una visione chiara e integrale
dell’uomo e dei suoi molteplici rapporti,
senza affrontare e risolvere le
cause più profonde che sono alla base
dell’attuale crisi, in particolare il grave
calo di tensione morale e la perdita
di riferimento a quei valori – un tempo
vitalmente condivisi,
al di là di
ogni rinvio confessionale
– che affondano
le loro radici
nella Tradizione
giudeo-cristiana.
La sfida, dunque, è
quella di dare cittadinanza
a livello culturale,
educativo,
formativo, sociale,
politico a una nuova
dimensione interiore,
spirituale
dell’uomo.
Nell’uomo
di oggi, la mancanza
di una dimensione interiore e
spirituale, trascurata perché ritenuta
anacronistica e inutile, si fa percepire
con nuovi segnali, con fenomeni che
vanno considerati attentamente. Urge
una cultura dell’interiorità, che sia autentica
ricerca della verità interiore,
vissuta con lucidità, consapevolezza, e
senso critico. Tale cultura non può rimanere
ambito esclusivo di pochi
esperti, deve trasformarsi in educazione
permanente al valore degli affetti,
dei sentimenti, degli ideali, delle memorie,
perché queste “invariabili” tornino
a interagire, a completarsi e a determinare
autentici processi di redenzione
umana, di liberazione dal male,
di elevazione sociale.
La gente chiede orientamento. Vuole
un nuovo “sistema segnaletico”: non
si orienta più nei labirinti di una vita
che si vuole sempre più moderna e
sempre meno umana e divina. I Comandamenti
sono i migliori “districatori
di modernità” possibili. In qualunque
epoca e latitudine ricordano
all’uomo chi è e cosa è bene che sia. Altrimenti
l’uomo non conoscerà il suo
cammino, resterà estraneo al suo stesso
destino umano. Dobbiamo invertire
la rotta. Chi conosce la via sa anche dare
valore alle cose, ha la misura delle
cose. Molti dicono: «La vita è priva di
valore, meglio la fuga
», semplicemente
perché appare
priva di ciò che la
rende vera, forte, vivibile.
Il verbo latino,
la stessa parola
italiana “valere”, significa
“essere forti,
sani, stare bene”.
Era, per i romani,
l’augurio di una vita
felice, il saluto
più ricorrente.
L’uomo “si svaluta”,
perde di valore, se
non ha in sé ciò che
gli attribuisce nuovo vigore, nuova forza.
L’uomo non è una moneta, che se
si svaluta non avrà mai in sé stessa la forza
di rigenerarsi. Nell’uomo c’è il valore
di Dio, lo Spirito di Dio, la forza di
Dio, la Legge di Dio.
Salvatore Martinez