25/10/2011
Qual è la malattia? E quale il rimedio? La paziente
e la professionista sanitaria hanno due concezioni
diverse della patologia e della cura adeguata; immaginano
due diversi percorsi verso la guarigione.
Per la signora che ricorre all’aiuto professionale della
psicologa il problema si chiama insonnia; quando
non avrà più questo sintomo fastidioso, si considererà
guarita. La professionista – in questo caso la psicologa
– ha una diversa rappresentazione della malattia:
per lei il male parla attraverso il sintomo, ma
non si identifica con il sintomo stesso.
Va scoperto e stanato dalla profondità
dove si nasconde, affinché la persona
possa camminare verso la guarigione.
Dissente dalle categorie di patologico/
terapeutico che il paziente si è
costruito, perché vuol portarlo a un
modello più alto di salute. Possiamo
chiamare questo stato, prendendo in
prestito l’espressione da Friedrich
Nietzsche, la “Grande Salute”, ovvero
uno stato nel quale prende una forma
più completa di autorealizzazione
dell’essere umano.
Un racconto di Cechov, intitolato
per l’appunto “Un caso di pratica medica”
(del 1898) ci
aiuta a dare concretezza
alla divaricazione
tra le due impostazioni.
Anche in questo
caso malata è una
donna e il suo malessere
s i esprime
nell’insonnia, oltre
che in un diffuso disinteresse
per la vita.
È la figlia di un ricco
proprietario di una
fabbrica, nella quale lavorano in condizioni
disumane molti operai. Il dottor
Korolëv è chiamato da Mosca a visitare
la malata. Oltre alla visita medica,
tra il medico e la giovane donna ha
luogo, di notte, un colloquio profondo
che travalica l’ambito proprio della
medicina. La giovane ammette:
«Voglio dirvi cosa penso. Credo di
non essere malata; ma mi tormento, e
ho paura, perché deve essere così e
non può essere altrimenti». Al medico
chiede se ha ragione o torto. E il
dott. Korolëv sposta il piano dell’analisi:
«Siete scontenta della vostra situazione
di proprietaria di una fabbrica
e di ricca ereditiera, non credete ai vostri
diritti e non dormite. Questo è sicuramente
meglio che se voi foste soddisfatta,
e dormiste pensando che tutto
va bene. La vostra insonnia è rispettabile,
e checcé ne sia, è un buon segno
». Trasferendo al dottor Korolëv
le sue aspirazioni umanitarie e sociali,
Cechov lascia intendere che una vera
guarigione non può avvenire senza
un riaggiustamento di rapporti sociali
oppressivi, senza il trionfo di una giustizia
sociale, che lo scrittore iscrive
nell’agenda del secolo nuovo, che sta
per cominciare. Far tacere il sintomo
con un sonnifero non sarebbe un
buon servizio reso dalla medicina. Sarebbe
una “guarigione” parziale, ma
senza salute; quanto meno se ci riferiamo
alla salute in senso più ampio e inclusivo.
La guarigione dell’individuo
non si realizza senza
un parallelo risanamento
della società.
Le Medical Humanities
possono raccogliere
e rilanciare le questioni
fondamentali
che la medicina tende
a ignorare: che cos’è
la salute? Qual è la
strada verso la guarigione?
Quale ruolo
gioca la consapevolezza,
sia del terapeuta sia del soggetto
malato, in questo percorso?
Sandro Spinsanti