18/10/2011
La famiglia oltre a essere
il nucleo fondante e
fondamentale della comunità
e della società sotto il
profilo relazionale è elemento
cardine dell’economia
nel senso più pregnante
del termine.
La famiglia produce e
consuma ricchezza, in senso
vero e metaforico, alimenta
il flusso di denaro
e anche quello generazionale,
condiziona e influenza
sia positivamente
sia in maniera negativa
l’ambito di appartenenza
e il contesto nel quale si
trova ad agire. Rappresenta,
quindi, la più piccola
ma importantissima gestione
e amministrazione
economica nella quale si
ritrovano tutti gli elementi
costituenti una qualsiasi
azienda, e dove ruoli,
compiti, diritti, doveri, relazioni,
attività, progetti,
scelte, crescita e decrescita
si muovono e interagiscono
al suo interno con
riverberazioni osmotiche
fuori da essa. La famiglia
ha come “mission” la procreazione
e la crescita dei
figli e quindi il denaro
prodotto serve principalmente
a questo obiettivo.
Come in qualsiasi azienda
vi sono costi e ricavi,
utili e perdite, ma quello
che c’interessa capire è come
il valore dei beni che,
a un certo punto della storia
generazionale passano
di mano da padre in figlio,
debbano o possano
generare conflitti, alcuni
gravissimi, tali da distruggere
patrimoni e relazioni
per sempre. Mentre siamo
più disposti ad accettare
e capire la crisi aziendale
e il fallimento economico
in generale ci stupiamo
e ci dispiace sempre
se questo tipo di difficoltà
colpisce o travolge la famiglia,
spesso in coincidenza
con la morte del capo
famiglia che solitamente
lascia un testamento, depositario
delle volontà circa
la successione dei bei,
delle cose, del patrimonio
familiare ai figli o a coloro
che vengono designato
come eredi.
I motivi possono essere
molti e a volte molto lontani
ma senza dubbio si
può affermare che la successione
generazionale
deve essere preparata per
consentire che non avvengano
le crisi già descritte.
Il modo migliore per evitare
conflitti e favorire il
passaggio generazionale
sarebbe dirlo prima e non
tenere nascosto il testamento:
adempiere a
un’obbligazione generazionale,
come già aveva
probabilmente fatto la
precedente generazione.
Le relazioni che nascono
e crescono in una famiglia
vengono alimentate e
nutrite anche dal denaro
e dai beni in godimento a
tutta la famiglia, in misura
e modalità diverse. I beni
materiali che circolano
più o meno abbondanti
in famiglia hanno un valore
che viene letto e sentito
come somma di una cifra
numerica e di senso relazionale.
I doni ne sono
il classico esempio: l’iniquità
nel loro uso può ingenerare
gelosie fra coloro
che li ricevono.
Quindi la crescita umana
dei figli riguarda anche
l’acquisizione del senso
e dell’uso del denaro e
la responsabilità che ciascun
membro della famiglia
ha nei suoi riguardi
con il rispetto dovuto e,
aggiungiamo, con la giusta
distanza da esso nel
considerarlo un mezzo e
non il fine. Ma accade
che per rapporti genitoriali
che difettano di elementi
relazionali solidi e
di legami familiari armonici
e armoniosi e per
molte altre motivazioni
psicologiche che hanno
alla base conflitti non risolti,
sensi di colpa, gelosie,
vendette, incomprensioni
più o meno profonde,
incapacità comunicative,
poca chiarezza progettuale
con scelte conseguenti
nebbiose, torti veri
o presunti che cadono dalle
generazioni precedenti,
il patrimonio divenga il
territorio dove combattere
e tentar di superare il
conflitto generazionale.
Il conflitto, infatti, non
riguarda solo il valore economico
ma investe un formidabile
set di fattori psicologici
correlati alla storia
di famiglia: rivalità tra
fratelli e sorelle, figli buoni
e meno buoni o tali percepiti,
consegne ricevute
e adempiute o disattese,
segreti, ideali, bandiere.
Se prima non c’è stato
un lavoro serio e diligente
di costruzione di legami
forti, scattano i meccanismi
dell’“io vinco” e “tu
perdi”, si fa sentire forte
la sensazione di mancanza,
e il conflitto, nel momento
della perdita e
quindi della debolezza relazionale,
trova humus
per crescere ed entrare in
escalation. I figli, rimasti orfani
di padre o madre, se
non preparati al passaggio
di ruolo, di responsabilità
e di ricollocazione
nel nuovo nodo relazionale
all’interno della famiglia,
dichiarano la loro insoddisfazione,
frustrazione
e dolore attraverso il
denaro che diviene il veicolo
immediato dove innescare
la miccia del disaccordo
che è solo lo
strumento di rivendicazione
affettiva di una relazione
che non ha soddisfatto,
di amori parentali scarsi
o insufficienti, di disuguaglianze
e disparità di
giudizio e di valore che
non avendo avuto parola
prima si scatenano nella
lotta successoria.
Le divisioni giudiziarie
o le semplici liti familiari
per la “roba” di verghiana
memoria, sono i risultati
della mancanza di alcuni
passaggi importanti di crescita
nella famiglia, passaggi
segnati anche e soprattutto
dalla scomparsa
dei nodi generativi e
dall’impreparazione al loro
rimpiazzo.
Cesare Bulgheroni, Lalla Facco