27/10/2011
Il disagio depressivo psicotico, a
sua volta, ha indubbie radici biologiche
correlate nondimeno con motivazioni
psicologiche e soprattutto sociali;
e qui la farmacoterapia antidepressiva
ha un ruolo essenziale: mai staccato
nondimeno da un discorso di ascolto
e di aiuto psicologico, e sociale. Ma
solo dalla ritrascrizione di un frammento
di quella, che è stata l’esperienza
vissuta di una paziente, Giuliana,
immersa in una condizione depressiva
psicotica, vertiginosamente diversa
da quella non psicotica di Ingeborg
Bachmann, nasceranno immediate le
differenze inconciliabili fra il disagio
depressivo reattivo, relazionale, e il disagio
depressivo psicotico. Le parole
di Giuliana: «Non c’è perdono possibile
per le colpe che ho commesso.
Non c’è più niente da fare. Nessuno
può fare nulla per me. Sono sempre
stata una nullità. Tutte le decisioni
che ho preso nella mia vita sono state
sbagliate. Non ho mai fatto nulla di
buono. Ho rovinato tutta la mia famiglia:
anche i miei figli. Non creda a loro
se non sono d’accordo con quanto
sto dicendole: li ho cresciuti io, li ho
cresciuti in qualche maniera perché
sono un’incapace e anche loro sono
diventati come me. Per me non è cambiato
nulla in questi mesi: penso sempre
alle stesse cose: niente di bello,
niente di sereno. Sono schiacciata da
questa colpa senza perdono».
Non c’è bisogno, direi, di sottolineare
le radicali differenze che intercorrono
fra il circolo depressivo non
psicotico, quello su cui mi sono soffermato
così a lungo, psichiatri e non psichiatri,
medici e non medici, genitori
e insegnanti, e quello psicotico, come
emblematicamente in Giuliana, che
richiede terapie farmacologiche, e
non di rado assistenza costante. Non
posso, del resto, non dire come, proprio
dinanzi a problematiche depressive psicotiche, ci siano in chi sta male,
certo, ma anche nei loro familiari,
una grande resistenza alle cure ed
eventualmente alle necessarie, in alcuni
casi, degenze ospedaliere. Grandi
preoccupazioni dinanzi a disagi depressivi
adolescenziali, e adulti, che
fanno parte della vita, e che mettono
nondimeno in gioco la responsabilità
di tutti, e fatale tendenza a rimuovere,
e a negare, la presenza della malattia,
se si vuole della follia che è talora,
come diceva Clemens Brentano, il
grande poeta romantico tedesco, la
sorella sfortunata della poesia.
Eugenio Borgna