19/05/2011
Seducente, ammaliante, generalmente poco vestita o
completamente nuda: è la donna in pubblicità, una figura
che continua a essere connotata secondo modelli ancorati
ad antichi pregiudizi di genere. Tra quelle che occupano
le pagine delle riviste patinate, la pubblicità della
moda è una delle più invasive. L’identità femminile
che essa propone ha conosciuto una profonda trasformazione,
con un incremento dell’attenzione verso modelle
sempre meno anonime e sempre più capaci di diventare
personaggi. Delle top model più famose si sa tutto,
abitudini, affetti, difetti e manie ed entra in gioco un
meccanismo di reciproco beneficio: la pubblicità guadagna
dalla notorietà di queste donne e loro, grazie alla fama
acquisita, possono chiedere cachet di tutto rispetto o
guadagnarsi ruoli in altri settori dello show business.
Caratteristica peculiare delle campagne pubblicitarie
dedicate alla moda è l’attenzione al corpo della donna,
con il risultato che la presentazione dei capi d’abbigliamento
– che dovrebbero essere l’oggetto privilegiato
del messaggio – cede il passo
a un insistito voyeurismo
sulle forme fisiche
delle protagoniste. In taluni
casi l’identità sessuale
femminile è fortemente
esaltata da una connotazione
erotica che poco lascia
all’immaginazione, in
altri è altrettanto fortemente
travisata da rappresentazioni
giocate sull’ambiguità
estetica.
In generale, qualunque
sia il prodotto pubblicizzato,
è evidente la tendenza
a rappresentare la figura
femminile non come soggetto
che ha la funzione di
presentare l’oggetto in
questione, ma come vero
e proprio emblema di esso;
la donna non è più colei
che offre e “garantisce”
ciò che viene proposto,
ma diventa lei stessa l’oggetto
da conquistare. Nei
prodotti per l’uomo, la
rappresentazione della
donna oggetto, metafora
del desiderio, è decisamente
prevalente. Gli
esempi più eclatanti si riscontrano
nella pubblicità
di automobili, in cui l’accostamento
tra il mezzo e
la donna insiste spesso su
un rapporto parallelo di
seduzione e fascino con
l’auto che assume caratteristiche
maschili e attrae la
donna, o con lei che incarna
l’auto come oggetto
del desiderio maschile.
La connotazione strumentale
emerge con evidenza
in tutti i messaggi in
cui si sfrutta la nudità femminile
in maniera ammiccante
e seducente. Se il ricorso
al nudo può essere
parzialmente giustificato
quando si reclamizzano
prodotti di bellezza o per
la salute del corpo, esso è
assolutamente gratuito
quando serve a lanciare,
per esempio, un’acqua minerale
oppure un paio di
scarpe sportive. Frequente
è anche l’accostamento
fra il nudo femminile e i
gioielli o gli oggetti di un
certo valore. Non è questione
di vacuo moralismo,
ma la domanda sorge
spontanea: a che cosa
serve mostrare un corpo
svestito nella pubblicità di
oggetti che con la nudità
nulla hanno a che fare?
Oltre all’immagine dominante
della donna oggetto,
vi sono altre due
connotazioni dell’identità
femminile che, pur in misura
nettamente inferiore,
si ritrovano nelle inserzioni
commerciali: la donna
“angelo del focolare” e la
donna emancipata. La raffigurazione
della donna
come padrona di casa, brava
moglie e madre amorevole,
viene generalmente
accostata ai prodotti che
hanno a che fare con la vita
domestica, presentati
come indispensabili per
l’armonia coniugale e familiare.
Peraltro, la frequente
immagine di mamme
e mogli sorridenti, già
truccate e pettinate a dovere
fin dal risveglio, è tanto
affascinante quanto lontana
dalla realtà concreta.
La donna in carriera, capace di superare qualunque
presunta inferiorità di genere
e di affiancarsi in tutto
e per tutto all’uomo, è
rappresentata come capace
di assumere finalmente
ruoli di primaria importanza
all’interno della società.
Ma anche questa immagine
sembra frutto in
larga misura di una costruzione
culturale che non
trova piena corrispondenza
nella realtà.
Marco Deriu