19/05/2011
Di evidenti segnali di inversione
di tendenza si
può parlare anche rispetto
a una parte delle produzioni
televisive più recenti
destinate al versante dell’intrattenimento.
Se, da
un lato, rimane ben radicato
lo stereotipo della valletta
bella e muta a fianco
del presentatore (quasi
sempre maschio) di turno,
dall’altro in alcuni casi
le donne sono riuscite ad
affermarsi come protagoniste
assolute di trasmissioni
di successo.
Nei talent show e nei
reality show più gettonati
dal pubblico lo scettro del
comando è saldamente in
mani femminili. Simona
Ventura è da anni la padrona
di casa all’Isola dei famosi,
come lo è la domenica
pomeriggio su Rai 2 a
Quelli che… il calcio. Lo stesso
ruolo ha Alessia Marcuzzi
al Grande Fratello, mentre
a completare il protagonismo
femminile domenicale
si aggiungono Federica
Panicucci a Domenica
Cinque e Lorella Cuccarini
a Domenica In.
Fra le signore del piccolo
schermo, che hanno
uguagliato e talvolta superato
gli uomini, fa ormai
storia il caso di Maria De
Filippi, comandante in capo
di Amici, Uomini e donne
e C’è posta per te. Anche Antonella
Clerici, pur nel
suo stile domestico e confidenziale,
è a modo suo
una donna dominatrice
(televisivamente parlando).
Si tratta di ruoli e di
trasmissioni capaci di conquistare
larghe fasce di
pubblico e di sancire, in
questo modo, il potere televisivo
di figure forti che,
però, non hanno definitivamente
soppiantato le vallette.
Queste ultime continuano
a essere largamente
presenti, chiamate a esibirsi
in vesti succinte e con
scarso (o nullo) diritto di
parola. “Veline”, “schedine”
e “meteorine” sono
soltanto alcuni esempi delle
molteplici declinazioni
specifiche di queste presenze,
poco utili ai fini dello
svolgimento delle trasmissioni
in cui compaiono
ma piacevoli all’occhio
(soprattutto maschile).
Ballerine, attrici e soubrette
hanno costumi di
scena molto audaci e le inquadrature
indulgono sui
loro corpi in maniera spudoratamente
voyeuristica.
Poco importa, dal punto
di vista mediatico, quanto
siano professionali o capaci
di svolgere il pur modesto
compito affidato loro.
Il requisito fondamentale
è la bella presenza, sempre
più frequentemente ritoccata
con interventi di
chirurgia estetica ad hoc.
La donna del varietà televisivo
italiano, dunque,
è identificata prevalentemente
con il suo corpo, abbondantemente
esposto e
lungamente seguito dallo
sguardo ravvicinato della
telecamera. L’estetica
complessiva di questo tipo
di presenza è quella caratteristica
dell’avanspettacolo,
e anche per questo il livello
complessivo dei programmi
di intrattenimento
risulta mediocre.
Se nei
reality della donna si sottolineano soprattutto la spregiudicatezza
e la furbizia,
nei programmi di intrattenimento
ne viene sfruttata
la tendenza all’esibizionismo,
non di rado indirizzata
verso lo stereotipo della
“bad girl”, la cattiva ragazza
capace di ottenere successo
o vantaggio economico
e personale grazie alla
spregiudicatezza nell’uso
del proprio corpo.
Il settore televisivo che
può restituire alla donna
qualche tratto del suo reale
ruolo sociale è, quasi paradossalmente,
quello della
fiction. Sceneggiatori e
registi delle produzioni di
maggiore successo sembrano
essere riusciti a intercettare
i tratti principali del
cambiamento sociale che
ha interessato l’universo
femminile negli ultimi lustri.
Si colgono evidenze di
questo sforzo sia nella scelta
come protagoniste delle
storie di donne professioniste
(medici o commissari
di polizia) o di donne
dalle qualità umane eccezionali,
sia nella tendenza
a evidenziare gli aspetti tipici
della sensibilità femminile
nel mondo lavorativo.
Sono frequenti le figure di
protagoniste capaci di corroborare
la specifica competenza
professionale con
il tipico intuito femminile
e con quella capacità di cogliere
le pieghe dello lo stato
d’animo altrui che permette
loro di essere ancora
più credibili nell’assunzione
di responsabilità.
Marco Deriu