Un silenzio colpevole

La violenza agita nei confronti delle donne anziane, pur risultando una piaga sociale ancora troppo poco conosciuta, sta assumendo oggi forme e frequenze sempre più preoccupanti.

Alcuni dati di contesto

01/10/2012

Un recente articolo del New York Times evidenzia come il fenomeno della violenza contro le donne nei Paesi Scandinavi, generalmente noti come Stati egualitari, ai primi posti nelle classifiche mondiali sull’eguaglianza di genere, sia diffuso e presenti le stesse caratteristiche delle società più squilibrate: rimane un tabù, scarsamente denunciato, che si nasconde fra antichi pregiudizi sulle prerogative maschili e nuove consapevolezze dell’emancipazione femminile. Sappiamo bene, anche per l’esperienza del nostro Paese, come il tema della violenza di genere abbia trovato adeguate attenzioni solo in tempi recenti, sia sul piano teorico sia su quello delle politiche pubbliche di contrasto. Se da un lato numerose ricerche, finanziate anche da organismi comunitari e piani nazionali, ci consentono oggi di fare chiarezza sui soggetti coinvolti, le responsabilità dei contesti sociali, politici e culturali in cui identità, relazioni e ruoli maschili e femminili si definiscono lungo linee di reciprocità ma su un terreno di squilibri e diseguaglianze, dall’altro, i processi di modernizzazione delle nostre società modificano lo scenario entro cui le relazioni di genere si definiscono.

Il processo di invecchiamento sociale è uno degli aspetti che stanno trasformando il nostro Paese, con caratteristiche che hanno ripercussioni molto diverse fra i generi ed entro lo stesso genere, fra coorti di età e fasi della vita: aumento della popolazione anziana e prolungamento della dipendenza, riduzione dell’ampiezza e della forza delle reti familiari e scarso sostegno pubblico. In linea con la letteratura mondiale che guarda alla vecchiaia come a un processo che dura tutta la vita, non meccanicamente determinata da fattori biologici o da cause esogene, ma soprattutto come una scelta, l’Istituto di Statistica italiano ha dedicato uno studio specifico all’analisi delle donne anziane, dato che lo spostamento in avanti dei tempi di vita ha riguardato soprattutto loro.

Dei circa 10 milioni e 600 mila individui con più di 65 anni (censimento 2001) le donne ne rappresentano più della metà (6 milioni e 85 mila), e tale proporzione cresce all’aumentare dell’età fino a raggiungere il 67% tra le persone di 80 e più anni. Nel nostro Paese, gli anziani e le anziane vivono fondamentalmente in famiglia.

La maggioranza delle donne di 65-69 anni che vive in famiglia, è coniugata convivente con il marito (63%), mentre dopo i 70 anni è la quota di vedove quella maggioritaria: fra 70 e 75 anni, il 55% delle donne è vedova, dopo gli 80 anni il 77%. La maggiore speranza di vita femminile e un’età al matrimonio mediamente più bassa rende le probabilità di vedovanza più alte per le donne: nell’età anziana vivono più spesso da sole (oltre 2 milioni contro i 600 mila degli uomini), in famiglie senza nuclei (con sorelle o fratelli), o come membri aggregati a un’altra famiglia (del figlio o della figlia, per esempio); al contrario, gli uomini vivono più frequentemente in coppia con e senza figli.

Seppur molte anziane vivano da sole, sono al centro di reti familiari, e l’inti mità a distanza fra loro e i figli caratterizza la vita delle donne nell’ultima fase della vita: rapporti quasi quotidiani con i figli e le figlie (il 54% vede i figli tutti i giorni), contatti frequenti con fratelli e sorelle (il 45% vede i fratelli almeno una volta alla settimana), e un ruolo fondamentale di cura dei nipoti (il 71% delle anziane è nonna di circa 4,3 nipoti).

La maggioranza delle donne anziane in Italia ha conseguito al massimo la licenza elementare, con valori crescenti in relazione alla classe di età: il 70% delle donne fra i 65 e i 69 anni, il 75% fra quelle fra i 70 e i 74 anni, l’83% di coloro che sono over 80. La situazione sta comunque migliorando e la dinamica proseguirà nei prossimi decenni quando diventeranno anziane le donne del baby boom, protagoniste dell’accesso di massa all’istruzione secondaria. La generazione che ha oggi fra i 45 e i 49 anni e sarà anziana fra 20 anni, ha un diploma o la laurea nel 44% dei casi.

Le donne oggi anziane sono un mondo molto variegato e differenziato: donne che hanno trascorso la loro esistenza orientate da modelli di una società patriarcale e pratiche di innovazione conseguenti alla rivoluzione femminista. Il loro processo di invecchiamento le espone a una sorta di doppia vulnerabilità in cui il fattore età e il genere agiscono da amplificatori di fattori di debolezza e da catalizzatori di forme di violenza sia simbolica sia reale.

È quanto sta emergendo in numerose ricerche a livello internazionale, come quella dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e da specifici progetti dei Programmi DAPHNE dell’Unione europea, che vogliono richiamare l’attenzione di tutti gli Stati sui rischi di abusi, maltrattamenti e violenze connessi al processo d’invecchiamento e alle conseguenze specifiche per donne e uomini in relazione ai differenti ruoli che hanno avuto nel corso della loro vita.

La definizione di abuso e maltrattamento, proposta dall’OMS (2002) è la seguente: «Un’azione singola o ripetuta o mancanza di cure appropriate che avvengono in una relazione nella quale vi è un’aspettativa di fiducia e che causa ferite, sofferenze e stress nella persona anziana. Può assumere varie forme: abusi fisici, mentali, psicologici, sessuali, economici e finanziari ». Secondo i dati disponibili, le vittime di abusi psicologici sono in Europa circa 20 milioni di persone anziane, di abusi di carattere economico-finanziario circa 6 milioni, di abusi fisici 4 milioni, di abusi sessuali un milione.

I rischi di maltrattamento sono molto alti per le persone anziane e le donne nello specifico: sono il risultato di una complessa interazione fra aspetti individuali, relazionali, sociali, culturali e ambientali. Tuttavia, l’esatta entità del fenomeno è ancora largamente occulta e con scarsa eco nel dibattito sociale.

Clara Bassanini e Pina Madami
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