16/02/2011
Francesca Longo, due figlie di 22 e 25 anni, tanta voglia di scrivere e raccontare anche prendendo spunto da quello che vede e sente. Come è capitato per Mojito (Edizioni EL), il romanzo per ragazzi dedicato a un tema forte: l’abuso di alcol. I protagonisti sono un ragazzo e una ragazza, che si fanno chiamare Mojito e Margarita, e arrivano a buttare via l’estate dei loro 16 anni in bevute smodate e ripetute.
– Come ha deciso di scrivere questa storia?
Una sera in un locale ero seduta vicino a un gruppo di sedicenni e mi è capitato di ascoltare la loro conversazione. Parlavano della sera prima, un sabato, e di quanto si erano divertiti a bere come pazzi, a vomitare e rantolare. E' stato sconvolgente: sono dovuta uscire. Ho deciso che avrei scritto qualcosa su questo tema?
– Si parla più dei pericoli della droga che di quelli dell’alcol. Come mai?
E' una profonda ipocrisia. La droga è illegale ed è facile da stigmatizzare. Vengo dal Friuli e so che c’è quasi l’orgoglio dell’iniziare il proprio figlio al vino, dimenticando però di trasmettergli anche la cultura del “fare le cose per bene” che significa imparare a gustare e godere un buon vino, un buon cibo, un bel tessuto sulla pelle, un bel tramonto. Con l’abuso di alcol prevale la cultura del nulla e del disfarsi. Un tempo, poi, si beveva nelle osterie e c’era l’oste che, soprattutto con i ragazzi, controllava che non eccedessero. Oggi gli stessi ragazzi si comprano una cassetta di birra al supermercato e la bevono in piazza dove nessuno interviene?
– Nel suo libro emerge la figura dei nonni che riescono ad aiutare i due ragazzi.
I genitori con la scusa del lavoro fanno fatica a seguire i figli. I nonni hanno più voglia di comunicare e come succede nel libro sono in grado di mostrare ai nipoti che si può bere e stare bene e che per ogni cosa ci vuole il momento e la testa giusta. Comunque, come per tutte le sostanze che danno dipendenza, io, da fumatrice, mi sento di dire che la cosa migliore è non cominciare mai!
Orsola Vetri
Renata Maderna